Assisi – Scala, in esclusiva padre Enzo Fortunato ci guida alla lettura dell’Enciclica di Papa Francesco “Fratelli tutti”

Padre Enzo Fortunato – originario di Scala in costiera amalfitana ed attualmente responsabile della comunicazione dei francescani di Assisi – invia a Positanonews il seguente articolo che condividiamo con i nostri lettori.

La guida alla lettura dell’Enciclica “Fratelli tutti” pubblicata nel testo coedito dalla Libreria editrice vaticana e Rivista San Francesco…. di padre Enzo Fortunato

La persona prima di tutto

Eravamo abituati alle foto di rito delle firme delle encicliche. A vedere il Papa che le siglava su un tavolo di legno. Questa volta, 3 ottobre 2020 ore 15.00, ci siamo trovati con Papa Bergoglio che guarda san Francesco e firma la propria enciclica su un tavolo di roccia, facendo diventare Assisi altare e cattedra di pace. Riavvolgiamo il nastro. Ricordo come fosse ieri la conferenza stampa in cui il neoeletto Vescovo di Roma spiegava davanti a oltre seimila giornalisti il motivo della scelta del nome.

Francesco, «L’uomo della povertà, l’uomo della pace, l’uomo che ama e custodisce il creato». E al tempo stesso, ha posto le basi programmatiche del proprio pontificato. Inoltre, la scelta dell’immagine che accompagna questa enciclica, ripropone il dono del mantello da parte del giovane Francesco di Assisi a un cavaliere povero, premettendoci di cogliere tonalità, colori ed essenza del titolo: Fratelli tutti, sulla fraternità e l’amicizia sociale. La fraternità è un gesto, più che una parola.

Una tappa storica per comprendere questo pontificato.

Quello che è accaduto ad Assisi il 3 ottobre 2020 sulla tomba di Francesco, dopo la celebrazione eucaristica presieduta dal Papa, ci dona la possibilità di comprendere l’architettura intellettuale del pontificato. L’uomo di Buenos Aires di fatto va ad aggiungere un tassello dell’impalcatura di una Chiesa rinnovata. Con la Lumen fidei, rispondeva all’esigenza che la fede fosse foriera di pace, perché nella fede il nome di Dio è Pace. Nella seconda enciclica, la Laudato Si’, Bergoglio ha fissato il secondo motivo della scelta del proprio nome, dicendoci che il Poverello è «un esempio bello e motivante». Una critica netta al sistema del capitalismo avvelenato e la proposta di un nuovo modello economico fondato sul concetto di ecologia integrale: «Niente di questo mondo ci risulta indifferente». Con Fratelli tutti completa il trittico: ecco l’uomo della solidarietà. Un testo francescano tout court. Il riferimento è alla sesta delle Ammonizioni degli scritti del Santo: «Guardiamo con attenzione, fratelli tutti, il buon pastore, che per salvare le sue pecore sostenne la passione della croce». Si tratta di vivere la fraternità, percorrendo la strada dell’imitazione del Signore, della bontà e della compassione. Tre spezie che ci aiutano a dare densità esistenziale, francescana, sociale e politica all’inchiostro versato sull’altare, a quella firma minuta e robusta.

La densità della parola fraternità

La percezione antica e nuova che l’enciclica vuole donare agli uomini e alle donne di buona volontà è il senso della parola “fraternità”. Un termine che deriva dal latino fraternitas. Ma non solo: ne troviamo tracce anche nel sanscrito, la cui radice è bhar, che significa “sostenere, nutrire”. In effetti, una sorella o un fratello è la persona a cui siamo legati non solo da un rapporto di sangue, ma anche da una relazione reciproca di crescita e sostentamento. Rinsaldare questa relazione all’interno dell’umanità è stata la rivoluzione del Francesco di ieri ed è la vera sfida del Francesco di oggi.

A livello ecclesiale ricordiamo come proprio san Pietro, la roccia su cui Gesù ha edificato la sua Chiesa (Mt 16,18), nella sua Prima Lettera parli della comunità dei battezzati utilizzando proprio il termine fraternità (adelphotēta): «Onorate tutti, amate la fraternità, temete Dio» (1Pt 2,17). In effetti, come ricorda J. Rattinger, l’eucaristia che è al cuore della Chiesa è proprio il «sacramento della fraternità».

A livello francescano, l’Assisiate irrobustisce il concetto di fraternità. Immagine, terminologia e significato prendono così vita con la forza dell’esempio. Esortava ogni frate e chi incontrava ad amarsi e sostenersi a vicenda come una madre ama e nutre il proprio figlio, rendendo la parola fratello non solo maschile, ma anche femminile. È talmente vera l’attenzione alla fraternità che negli scritti di san Francesco, il nome del Signore ricorre 426 volte, immediatamente seguito dalla parola fratello, ben 264 volte. Un dato statistico che ne fa comprendere l’importanza e indica che la fede nel Signore trova uno specchio sostanziale nel rapporto con l’altro. Nell’enciclica ben tre volte ricorre il riferimento all’Assisiate. Un numero che ha un simbolismo molto forte. Non so se l’occasione sia voluta o sia frutto di una semplice coincidenza, fatto sta che il numero “tre” ci ricorda la comunione, che vive nel cuore stesso di Dio, che è Padre, Figlio e Spirito Santo. E il Padre è tale perché guarda il Figlio e viceversa, “così” il fratello è tale quando guarda il proprio simile come fratello e, insieme, guardano a Dio come Padre.

A livello sociale, in ultima istanza, chi incontra Francesco incontra la fraternità perché ci dice che la persona umana viene prima. Prima dei caratteri e della storia che le relazioni hanno inciso nella nostra carne. Prima delle condizioni economiche e sociali, povero o ricco, malato o sano, ignorante o colto, giovane o anziano. Prima del colore della pelle. Prima viene l’uomo, nella sua dignità. Uno dei segreti dell’essere Fratelli tutti.

I quattro orizzonti dell’Enciclica

1 – L’orizzonte di un uomo gentile e non aggressivo

L’individualismo consumista provoca molti soprusi. Gli altri diventano meri ostacoli alla propria piacevole tranquillità. Dunque si finisce per trattarli come fastidi e l’aggressività aumenta. Ciò si accentua e arriva a livelli esasperanti nei periodi di crisi, in situazioni catastrofiche, in momenti difficili, quando emerge lo spirito del “si salvi chi può”. Tuttavia, è ancora possibile scegliere di esercitare la gentilezza. Ci sono persone che lo fanno e diventano stelle in mezzo all’oscurità. (FT 222)

2 – L’orizzonte di una società aperta e non chiusa.

Un essere umano è fatto in modo tale che non si realizza, non si sviluppa e non può trovare la propria pienezza «se non attraverso un dono sincero di sé». E ugualmente non giunge a riconoscere a fondo la propria verità se non nell’incontro con gli altri: «Non comunico effettivamente con me stesso se non nella misura in cui comunico con l’altro». Questo spiega perché nessuno può sperimentare il valore della vita senza volti concreti da amare. Qui sta un segreto dell’autentica esistenza umana, perché «la vita sussiste dove c’è legame, comunione, fratellanza; ed è una vita più forte della morte quando è costruita su relazioni vere e legami di fedeltà. Al contrario, non c’è vita dove si ha la pretesa di appartenere solo a sé stessi e di vivere come isole: in questi atteggiamenti prevale la morte». (FT 87)

3 – L’orizzonte di una politica popolare e non populista

Negli ultimi anni l’espressione “populismo” o “populista” ha invaso i mezzi di comunicazione e il linguaggio in generale. Così essa perde il valore che potrebbe possedere e diventa una delle polarità della società divisa. Ciò è arrivato al punto di pretendere di classificare tutte le persone, i gruppi, le società e i governi a partire da una divisione binaria: “populista” o “non populista”. Ormai non è possibile che qualcuno si esprima su qualsiasi tema senza che tentino di classificarlo in uno di questi due poli, o per screditarlo ingiustamente o per esaltarlo in maniera esagerata. La pretesa di porre il populismo come chiave di lettura della realtà sociale contiene un altro punto debole: il fatto che ignora la legittimità della nozione di popolo. Il tentativo di far sparire dal linguaggio tale categoria potrebbe portare a eliminare la parola stessa “democrazia” (“governo del popolo”). Ciò nonostante, per affermare che la società è più della mera somma degli individui, è necessario il termine “popolo”. La realtà è che ci sono fenomeni sociali che strutturano le maggioranze, ci sono mega-tendenze e aspirazioni comunitarie; inoltre, si può pensare a obiettivi comuni, al di là delle differenze, per attuare insieme un progetto condiviso; infine, è molto difficile progettare qualcosa di grande a lungo termine se non si ottiene che diventi un sogno collettivo. Tutto ciò trova espressione nel sostantivo “popolo” e nell’aggettivo “popolare”. Se non li si includesse – insieme ad una solida critica della demagogia – si rinuncerebbe a un aspetto fondamentale della realtà sociale. (FT 156; FT 157)

4 – L’orizzonte ecclesiale ricominciare dall’abbandonato

Gesù racconta che c’era un uomo ferito, a terra lungo la strada, che era stato assalito. Passarono diverse persone accanto a lui ma se ne andarono, non si fermarono. Erano persone con funzioni importanti nella società, che non avevano nel cuore l’amore per il bene comune. Non sono state capaci di perdere alcuni minuti per assistere il ferito o almeno per cercare aiuto. Uno si è fermato, gli ha donato vicinanza, lo ha curato con le sue stesse mani, ha pagato di tasca propria e si è occupato di lui. Soprattutto gli ha dato una cosa su cui in questo mondo frettoloso lesiniamo tanto: gli ha dato il proprio tempo. Sicuramente egli aveva i suoi programmi per usare quella giornata secondo i suoi bisogni, impegni o desideri. Ma è stato capace di mettere tutto da parte davanti a quel ferito, e senza conoscerlo lo ha considerato degno di ricevere il dono del suo tempo. Con chi ti identifichi? Questa domanda è dura, diretta e decisiva. A quale di loro assomigli? Dobbiamo riconoscere la tentazione che ci circonda di disinteressarci degli altri, specialmente dei più deboli. Diciamolo, siamo cresciuti in tanti aspetti ma siamo analfabeti nell’accompagnare, curare e sostenere i più fragili e deboli delle nostre società sviluppate. Ci siamo abituati a girare lo sguardo, a passare accanto, a ignorare le situazioni finché queste non ci toccano direttamente. (FT 63; 64)

Concludo parafrasando questo settenario di mahatma Gandhi che ci affidiamo:

1 – L’uomo si distrugge con la politica senza principi;

2 – L’uomo si distrugge con la ricchezza senza lavoro;

3 – L’uomo si distrugge con l’intelligenza senza carattere;

4 – L’uomo si distrugge con gli affari senza morale;

5 – L’uomo si distrugge con la scienza senza umanità;

6 – L’uomo si distrugge con la religione senza la fede;

7 – L’uomo si distrugge con la carità senza il sacrificio di sé.

Non ci distruggiamo se diventiamo luce per essere Fratelli. Non ci distruggiamo se diventiamo Fratelli per essere luce.

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