Uva della Puglia al top. Vino della Manduria in crescita, Primitivo alla ribalta

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    Uva della Puglia al top. Vino della Manduria in crescita, Primitivo alla ribalta. Davvero interessanti i servizi oggi su Il Mattino di Napoli primo quotidiano della Campania, della Manduria in crescita ne parla Pasquale Carlo.

    Le forbici faranno sentire il loro caratteristico rumore per altri pochi giorni nelle campagne dei circa 400 soci della Cantina Produttori di Manduria. Questa storica struttura è oggi guidata da Antonio Resta, che a fine luglio ha preso il posto di Fulvio Filo Schiavoni, per un quarto di secolo anima e timone della cantina.
    Siamo dunque agli sgoccioli della scrupolosa raccolta scalare, che nelle prossime giornate vedrà impegnati i viticoltori per conferire nella cantina che sorge alle porte di Manduria quei grappoli di uva primitivo rimasti leggermente più indietro nella maturazione.
    Questo vitigno – forse quello che meglio interpreta la terra pugliese, in particolare di quella che va a tuffarsi nelle acque ioniche – costituisce la risorsa più preziosa nei circa 900 ettari di proprietà dei soci, rappresentando circa il 70% del patrimonio vitato. «Negli ultimi anni – spiega il direttore generale della Cantina, Vittorio Moscogiuri – è cresciuta notevolmente la nostra produzione di uve primitivo. In cantina ne lavoriamo circa 45.000 quintali. Si tratta di una lavorazione che è praticamente concentrata in un periodo di due settimane, cosa che ha richiesto un grande impegno, anche economico, per poter attrezzare efficacemente la struttura e poter continuare a garantire produzioni di qualità eccelse. Basti pensare che nel periodo più intenso della raccolta sono quotidianamente giunte in cantina circa 4.500 quintali di uva, ma le nostre attività sono andate avanti con ritmo regolare, senza intoppi».
    In merito all’aspetto qualitativo delle uve, Moscogiuri rimarca l’integrità fitosanitaria dei frutti raccolti. «Questa vendemmia, segnata dalla quasi totale assenza di precipitazioni, ha fatto registrare sicuramente un calo della produzione, che prevediamo si attesti – spiega – tra il 10 e il 15%. Sulla qualità delle uve non potevamo però sperare di meglio. Il caldo ha favorito non poco e le concentrazioni dei parametri qualitativi che si registrano sono tali da esaltare ulteriormente quelle che sono le caratteristiche che tipicizzano il vitigno. Avremmo sicuramente vini con un grado alcolico particolarmente interessante, come era nei nostri obiettivi, considerato che si sta anche discutendo di innalzare i parametri del minimo alcolico previsti dal disciplinare».
    Un vitigno, dunque, che non teme il caldo e che di certo non subisce conseguenze negative per l’innalzamento delle temperature legate ai cambiamenti cimatici. I vini che da esso si ricavano, nonostante il considerevole grado alcolico, conquistano per il piacevole e marcato frutto da masticare, sempre segnati da freschezza e da una sostenuta spinta acida. «Grazie a queste caratteristiche e al livello qualitativo raggiunto, le nostre produzioni – aggiunge il direttore generale – si fanno sempre più largo anche nel settore della critica e sulle guide, come mostrano i Tre Bicchieri’, massimo riconoscimento della guida Gambero Rosso, assegnato all’annata 2018 del nostro Lirica’, attenuto da uve raccolte in vigneti allevati ad alberello e spalliera».
    A questo successo di critica si aggiunge quello, forse più interessante, dei numeri. L’attuale produzione si attesta intorno al milione e mezzo di bottiglie. Di questa cifra, circa il 30% finisce sugli scaffali della grande distribuzione. C’è poi il canale Horeca e le vendite all’estero, con numeri altrettanto rilevanti. Ma quello che va diventando sempre più interessante è il canale della vendita diretta.

    Luciano Pignataro entra nello specifico con il Primitivo
    Il Primitivo ha una storia antica, antichissima, ma è da poco entrato nella modernità assoluta senza per questo dimenticare le proprie radici e perdendo la propria identità.
    È stato a lungo considerato un vino da taglio per via del colore scuro e gli alti gradi alcolici che sono stati l’ossessione del passato per la vendita del vino sfuso quando i rossi per essere venduti dovevano avere queste due caratteristi molto pronunciate. Poi, lentamente, da Soloperto in poi le aziende hanno iniziato ad imbottigliarlo ma è solo da una quindicina d’anni che è stata trovata la giusta quadra fra la freschezza, la morbidezza, l’alcol e il rapporto con il legno.
    Si è maggiormente caratterizzata la differenziazione fra le due grandi zone di produzione, quella di Gioia del Colle e quella di Manduria grazie al fatto che entrambi questi territori hanno avuto protagonisti assoluti capaci di interpretare questo vino complesso in modo moderno, pulito e collegandolo alle nuove esigenze del mercato nazionale e internazionale.
    Così, partito dietro al Negroamaro che negli anni 90 ha conosciuto un successo incredibile grazie soprattutto all’opera dell’enologo Severino Garofano, il Primitivo ha di fatto realizzato un vero e proprio sorpasso. Decisive, nell’area di Manduria, figure come quella di Gregory Perrucci e della mitica coppia Gianfranco Fino e Simona Natale. Il primo per l’abilità comunicativa che ha messo in relazione il Primitivo di Manduria allo Zinfandel americano riuscendo a far dimenticare la sensazione di un vino alcolico, poco pulito e soprattutto pesante e cotto, tipico del Sud. Gianfranco Fino ha alzato l’asticella partendo dall’agricoltura, ossia dalla difesa dell’alberello come elemento di coltivazione tipica e rispettando i protocolli di compatibilità ambientale. A questa impostazione che ha trovato finalmente il punto di incontro fra questo vitigno e il giusto dosaggio del legno, si è affiancata la grande capacità di comunicazione di Simona Natale. Il loro Es è stato per molti anni il vino più premiato in assoluto dalla critica italiana superando i mostri sacri della Toscana e del Piemonte e diventando così una vera bandiera del territorio.
    L’affermazione dell’Es è servita, come sempre succede, ad accendere l’attenzione su tutti i produttori di qualità che si sono moltiplicati nel corso degli anni e il vino, da una vendita sostanzialmente di sfuso che mortificava il lavoro dei contadini, è diventato un rosso capace di produrre reddito per bottiglia molto interessante.
    La morbidezza della beva, il sapore di frutta collegato alla sapidità e alla giusta dose di speziatura balsamica e sostenuto dalla freschezza, ne fanno un vino che incontra immediatamente il favore del consumatore. Ed è proprio questa la chiave del suo successo. Un successo di cui si stanno scrivendo ancora e prime pagine ma che fa di quetso vitigno salentino la locomotiva del vino del Sud.

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