Sorrento, l’Avv. Luigi Alfano affronta il tema della prova scientifica del DNA applicata allo stalking

Riportiamo un interessante articolo con un’intervista all’avvocato e criminologo Luigi Alfano relativamente al codice rosso, allo stalking, alla prova del dna nello stalking, scritto dalla dr.ssa Rossana Putignano e pubblicato sul sito psychiatryonline.it. 
L’Avv. Alfano ha dato un prezioso contributo in materia di codice rosso ed applicazione del dna e misura di prevenzione nello stalking che potrebbe essere lo strumento fondamentale e risolutore di molti casi.

Avvocato, qual è la novità che sta cercando di portare in merito al reato di stalking?

“La prima cosa, al di là del fatto che si tratta di un reato invasivo che limita la sfera personale della vittima, quello che caratterizza la mia innovazione è il tentativo di far sì che il legislatore vada o possa modificare la legge. Spesso gli uomini violenti e aggressivi cercano di essere dominatori, predatori sessuali, hanno un istinto paranoideo e vedono la propria vittima come un soggetto da abbattere, non basta il divieto di avvicinamento entro i 500 metri di distanza…”.

Avvocato, quali evoluzioni ha avuto il reato di stalking dal momento che appare come un reato molto giovane? Eppure l’omicidio della donna è sempre esistito. “Prima si chiamava reato di molestia, rientrava quindi in un reato molto semplice, quasi un microreato e si è capito che la sanzione era minimo rispetto al comportamento continuo, ansiogeno che veniva perpetrato verso la vittima; quest’ultima veniva oppressa, perseguitata, distrutta la sua vita. Sono andato su qualunque TV possibile, ho utilizzato qualsiasi forma di media, pur di far capire che quello che vive una famiglia oggetto di stalking, perché non vive l’incubo solo la vittima ma tutta la sua famiglia, questo dobbiamo sottolineare in primis, perché è tutto il corollario e familistico della vittima che patisce”.

Quale è stata la sua proposta al legislatore affinché possa garantire la serietà e la certezza della pena per questo reato, ovviamente prima che sia troppo tardi?

“Nella mia proposta all’epoca, quando proposi alla commissione di giustizia la novità che vorrei introdurre, ovvero l’introduzione della prova del DNA nel reato di stalking, innanzitutto rilevai delle criticità. Ad esempio, il divieto di avvicinamento sanzionato per i 500 metri. Si parla spesso di Disturbo da Stress Post-Traumatico (PTSD), in realtà vorrei che l’insieme dei sintomi psicofisiologici che si sviluppano venga chiamato “Disturbo da stress da stalking. I 500 metri non sono un valido deterrente affinché lo stalker eviti di avvicinarsi alla vittima e diversi casi di omicidio lo hanno dimostrato. Perché è stress da stalking? Cosa fa l’uomo che perseguita la sua vittima? Va sotto casa, comincia a mettere i preservativi vicino la porta, scrive lettere minatorie, inizia a bombardare attraverso tutti i social, ti distrugge, ti martorizza; non è più vita!”.

Per le vittime che co-abitano con il loro persecutore, marito o compagno, come è possibile prevenire tutto ciò?

“Dovremmo introdurre la misura di prevenzione che consente al soggetto che commette il reato di allontanarsi, non di stare nello stesso stabile. A tal proposito proposi l’introduzione della misura di prevenzione ancora più rigorosa che non è il solo allontanamento dal palazzo; lo stalker deve andare via dal paese, cosi come si applica il codice antimafia, voglio il foglio di via obbligatorio e che quando si avvicina alla vittima abbia deve avere una pena equiparata quanto quella per l’omicidio.

Avvocato vogliamo parlare della sua idea innovativa?

“L’innovazione è l’applicazione del DNA mitocondriale per capire se lo stalker si avvicina alla vittima. Non basta il braccialetto elettronico; invece dovremmo fare il tampone sulla tazzina, sul mozzicone di caffè per dire, oltre alle intercettazioni, quindi, vorrei che si utilizzasse come prova anche il DNA nel reato di stalking perché in Italia siamo ancora incompetenti nell’utilizzo della prova scientifica; in America c’è già ed io in Italia sono stato il primo a chiedere al legislatore, al ministro di giustizia che si faccia qualcosa i questo senso in modo che sappiamo dove lo stalker si è recato: insomma, il DNA può essere un elemento investigativo oltre a costituire una prova scientifica”.

Avvocato, mi scusi, ma concretamente come sarebbe possibile “seguire” lo stalker facendo tamponi ovunque, non ci sarebbe una violazione della sua libertà personale con il pedinamento dello stalker?

“Spesso questi tipi di individui negano l’avvicinamento e c’è un alto rischio di recidiva comportamentale. Oltre all’aggravamento della misura cautelare, l’utilizzo della prova scientifica è un elemento importantissimo per collocare il soggetto persecutore, nella fase delle indagini, preliminari”.

Avvocato, mi faccia capire, intende geolocalizzare il carnefice? A questo punto, è possibile geolocalizzare anche la vittima?

“Si, attraverso l’utilizzo dello smartphone e del braccialetto elettronico; vorrei che il soggetto non risieda affatto nel paese di residenza della vittima, volete capire che il comportamento persecutorio crea nella vittima una devastazione che porta prima o poi ad assumere ansiolitici e neurolettici? Questo utilizzo deve entrare a pieno regime nella normativa per lo stalking altrimenti ci saranno continue prescrizioni. 500 metri sono labili; vorrei prescrizioni più rigide come per i mafiosi e poi obbligatorio l’utilizzo del DNA come prova scientifica nel reato di stalking”.
Quante proposte ha presentato finora?

“Tantissime, avevo chiesto un emendamento al presidente della Repubblica, tutti sordi finché abbiamo i morti! La prevenzione va fatta prima, anche tra i bambini perché questi disturbi della personalità sono correlati a vissuti particolari, un preciso habitat. Bisogna inoltre, utilizzare il DNA anche per agevolare l’indagine, creando poche piste alternative; in questa maniera abbiamo un unicum che ha elementi scientifici, oltretutto già adottati in America e l’Italia è ancora sorda. Farò in modo che questo utilizzo abbia la priorità; inoltre farò in modo che il legislatore capisca che l’opera di educazione affettiva va fatta non solo alla vittima ma anche al carnefice”.
A questo punto crede che la vittima di stalker non sia sufficientemente tutelata dallo Stato italiano?

“La pena è sempre blanda, poi deve cambiare anche la rubricazione del reato; ci sono forme di tutela della vittima a cominciare dalle convenzioni di Istanbul ma le vittime, alla fine, sono lasciate a loro stesse: Io l’ho vissuto in prima persona, è drammatico, crea una forma di soggezione, uno stato ansiogeno continuo. La protezione deve essere massima ma il carnefice deve essere riabilitato, deve andare a scuola di riabilitazione”.

Da qualche anno sono stati aboliti gli OPG in favore delle REMS (Residenza per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza). Crede che questi soggetti con evidenti disturbi di personalità possano essere riabilitati in queste strutture?

“Si è visto che le REMS hanno amplificato i problemi; inoltre questo tipo di soggetti andrebbe in sezioni separate dal resto e devono essere seguiti. Prima c’era la polizia penitenziaria ora questa figura è assente. Dunque, chiedo che venga reinserita la polizia penitenziaria in queste strutture per poter vigilare sul trattamento psichiatrico”.

Cosa ne pensa del codice rosso?

“Non basta il codice rosso, bisogna modificare pure quello, sembra il codice nero questo; addirittura, vogliono dei riscontri, vogliono i filmati delle videocamere di sorveglianza con audio perché senz’audio non si desume l’insulto, l’offesa! Ma li vogliamo fermare a questi o no? Avete capito che il codice deve essere immediato, 48 ore sono troppe, poi ci vogliono i riscontri, i video non bastano ci vogliono le testimonianze dirette etc. dico io viviamo al tempo dell’HOMO INCERTUS”.

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