Piano di Sorrento, l’omelia di Mons. Alfano alla Novena di San Michele: “Dobbiamo imparare ad accoglierci nella diversità” segui la diretta

Piano di Sorrento. Ieri sera, nel secondo giorno della Novena in preparazione alla solennità di San Michele Arcangelo, l’arcivescovo di Sorrento-Castellammare di Stabia Mons. Francesco Alfano, ha presieduto la Celebrazione Eucaristica. S.E. Alfano, durante la sua omelia, ha commentato il brano Vangelo di Luca letto durante la S. Messa: “In quel tempo andarono da Gesù la madre e i suoi fratelli, ma non potevano avvicinarlo a causa della folla. Gli fecero sapere: “Tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori e desiderano vederti”. Ma egli rispose loro: “Mia madre e i miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica”.

Ecco la bellissima omelia di Mons. Alfano: «La famiglia di Gesù. Oggi il Vangelo ci mette dinanzi a questa esperienza umana che il Figlio di Dio ha fatto facendosi uomo. E non poteva saltare questa via. Farsi uomo significa entrare in una famiglia, la famiglia di Gesù. Ma la particolarità di questo brano così breve ma così intenso del Vangelo è che ci fa capire come Gesù consideri i rapporti della famiglia, come la vive. Il Vangelo è preciso: la Madre ed i fratelli. La madre: il nostro pensiero ed il nostro cuore si posano dinanzi a questo sguardo tenerissimo. Sono duemila anni che come cristiani cerchiamo di immaginare il volto della Madre di Gesù, non solo il volto – che già dice tanto – ma soprattutto il cuore. La Madre, colei che ha fatto suo il messaggio del Signore, ci ha creduto e si è messa a disposizione di Dio. La Madre che conserva questo segreto, questo mistero. Dio è intervenuto nella sua vita e lei, per pura grazia di Dio, ha potuto generare, dare alla luce una creatura. Ed è sempre un miracolo, il più grande miracolo della vita. Guai quando ci abituiamo o addirittura lo rifiutiamo. Questo dono per Maria è stato il suo incontro pieno con Dio. Lì lei ha toccato con mano il passaggio di Dio nella sua vita. Maria ha generato il suo figlio ma non lo ha posseduto. Ha imparato un po’ alla volta a custodire il mistero, a cogliere tutti i segni che riceveva. La Madre che sente il rimando al Padre. Il Vangelo non parla del Padre ma solo della Madre e dei fratelli. Certo c’è Giuseppe che viene riconosciuto da Gesù come colui che deve introdurlo nel popolo e deve educarlo, farlo crescere. Ma lo stesso Gesù dirà a Maria e Giuseppe angosciati: “Perché mi cercavate? Io devo essere nelle cose del Padre”. E suo Padre lo tiene legato e lui lo cerca, lo cercherà sempre fino alla fine, fino all’orto degli ulivi, fin sulla Croce. E tutto questo Maria impara, la Madre.

E poi ci sono i fratelli. Non c’è famiglia senza relazioni, che tristezza quando queste non ci sono, non solo per il figlio unico ma perché si rompono o si evitano o ci sono tante sofferenze. Maria e i fratelli sono la famiglia di Gesù. Sappiamo che Gesù non aveva fratelli di sangue, ma erano quelli del parentado, del clan di Gesù, sono cresciuti insieme, hanno giocato, hanno cantato, hanno sognato, hanno pregato, hanno lavorato. I fratelli condividono la crescita e condividono tutto, perché nella famiglia si impara a vivere così. Non è una famiglia perfetta, nella famiglia di Gesù tra i fratelli ci saranno stati quelli più bravi, quelli più difficili, quelli più chiusi.

Gesù si è inserito nella nostra storia. Ma questo passo del Vangelo, questo momento della vita di Gesù, ci fa andare oltre. La Madre e i fratelli che sono lì, che vogliono incontrare Gesù perché non sta più con loro. Viene il tempo in cui, cresciuti, facciamo le nostre scelte per rispondere a quanto portiamo nel cuore e a quanto Dio ci chiede. E’ la chiamata, la vocazione. Come non pensare a Gesù nel battesimo, con la voce del padre: “Questi è il mio Figlio”. Il rapporto tra Padre e Figlio si fa oramai visibile, pubblico, lo Spirito lo guiderà. Gesù comincia a predicare, a girare, non vive più solo con la sua famiglia di sangue, ovvero la Madre e i fratelli. Non va dimenticata, né tantomeno ignorata o disprezzata. Ma la sua famiglia è più grande. Ed eccoli la Madre e i fratelli che sono lì, lo vogliono vedere, desiderano vederlo perché c’è un legame forte, perché è un bisogno del cuore. Bisogna stare insieme. E quanto è importante ed anche questo dobbiamo recuperarlo nelle nostre famiglie. Ma non basta. Se la famiglia si chiude in sé non scopre il dono più grande che le è stato fatto. Il Vangelo dice che la Madre e i fratelli non riuscivano a vedere Gesù perché c’era la folla. C’è un ostacolo. La folla e la gente che sta lì per incontrare Gesù e quindi come loro sono in contatto con Gesù. La folla è anonima, è il contrario della famiglia. In famiglia ci chiamiamo per nome, della folla non possiamo immaginare nemmeno i volti. La folla è anonima e può fare di tutto. Ricordiamoci che la folla accoglie Gesù a Gerusalemme e la folla griderà “uccidilo, crocifiggilo”. La folla può essere manipolata, anche oggi, tantissimo. La Madre ed i fratelli desiderano incontrare Gesù. Ed allora qualcuno che è attento lo dice al Maestro. E dinanzi a questa richiesta come reagisce Gesù che ha la sua famiglia, ovvero la Madre ed i fratelli, ed ha la folla nella quale ci sono anche dei discepoli, uomini e donne che lo ascoltano con interesse, che imparano, che provano a vivere in modo nuovo, che saranno stati guardati da Gesù, perdonati da Gesù? Nella folla ci sono diversi che stanno stabilendo un rapporto più diretto con il Maestro. Potremmo domandarci come avremmo reagito noi. Saremmo corsi, avremmo detto alla gente: “Aspettate, c’è mia mamma, ci sono i miei fratelli”. O avremmo detto: “Fate spazio, si mettono avanti”. Gesù, come sempre nel Vangelo, ci sconcerta e non solo nelle parabole ma anche nei suoi gesti, nel modo di reagire a ciò che di più ordinario c’è, ovvero la richiesta di incontrare la famiglia. Ci spiazza, apre un orizzonte nuovo ed è quello che viene donato anche a noi stasera ed ogni volta che ci riuniamo. Anche noi siamo persone che si riuniscono attorno a Gesù, Lui è al centro non noi. E’ al centro e ci consente di sperimentare la presenza di Dio, il mondo di Dio, il cielo. Gesù è attorniato dagli angeli, quando esce dal Giordano, quando vince le tentazioni, quando nell’agonia prega, perché il mondo di Dio, il mondo celeste, è vicino. Ecco gli angeli che sono accanto, che confortano, che fanno sì che veramente Lui sia il centro del cielo e della terra.

Siamo qui per Gesù non per gli altri. Anche quando festeggiamo i Santi, gli angeli, persino la Madonna, tutto ci porta a Cristo. Celebrare l’Eucaristia significa innalzare il nostro inno di benedizione a Gesù. Ascoltiamo le sue parole. Mia madre, i miei fratelli sono questi: chi ascolta la Parola e la mette in pratica. Lui è la Parola, ascoltare la Parola è quello che Dio vuole, vivere secondo la Parola è quello che dobbiamo fare, ogni discepolo ascolta e pratica. E se noi siamo discepoli “sì e no” è perché ascoltiamo “sì e no”, con un po’ di distrazione, con un po’ di fatica, tante volte angosciati, preoccupati, come in questo tempo. E non sempre riusciamo a cogliere nella Parola questo nutrimento, questa luce. Ma ancora di più metterla in pratica ci sembra un impegno gravoso, ci sembra a volte andare contro quelle che sono le abitudini, le tradizioni, il modo comune. E così smorziamo il Vangelo. Lo ascoltiamo e poi spegniamo questa luce, spesso senza volerlo. Chi ascolta la Parola e la mette in pratica, questi sono mia Madre ed i miei fratelli.

Dunque Gesù rimanda alla famiglia. Certo, Lui è venuto per vivere in famiglia, non solo è nato in famiglia, cresce in famiglia. Possiamo dire che la missione che gli ha affidato il Padre è di costituire una famiglia, una grande famiglia, dove c’è la possibilità per tanti, per tutti coloro che entrano in relazione con Lui di diventare sua Madre e suoi fratelli. Questa è la novità, sconvolgente. Essere discepoli di Gesù significa ascoltare la Parola sempre, senza stancarsi, crescendo nella fede, nutrendosi di questa Parola come il cibo, più del cibo. E mettere in pratica la Parola. Non uno sforzo da fare per comportarsi chissà come. Se io mangio, se io assimilo, vivo, si vedrà se sto bene, il mio corpo esprimerà il mio stato di salute. Se io mi nutro della Parola e comincio a pensare come pensa Gesù, a sentire come sente Gesù, a vedere come vede Gesù, a parlare come parla Gesù, non sarà uno sforzo. Quando facciamo uno sforzo non stiamo ascoltando il Signore, stiamo andando per conto nostro. Questa Parola ci cambia, questa Parola ci permette di essere in comunione con Lui. Ecco l’Eucaristia, fare comunione. La Parola ci dona la possibilità di essere una sola cosa con lui. E questa è la bellezza del dono ricevuto. Diventiamo come discepoli di Cristo, sua Madre ed i suoi fratelli, la sua famiglia. In Cristo si stabilisce una relazione nuova, siamo suoi fratelli, scorre lo stesso sangue, c’è una vicinanza straordinaria. E se siamo fratelli suoi lo siamo anche tra di noi. I discepoli non possono ignorarsi, non possono odiarsi, altrimenti ritorniamo alla storia di Caino e Abele, due fratelli che non si amano, che si invidiano e l’invidia li porta all’esclusione, li porta alla morte. Fratelli di Cristo, famiglia, non possiamo stare separati. Se stiamo attenti in questo tempo al distanziamento è perché amiamo il fratello e vogliamo il bene del fratello, non per paura che il fratello ci contagi. Questa è la novità del Vangelo. Il fratello conta come me, anzi conta più di me. Fratelli e sorelle, una famiglia dove impariamo nella diversità ad accoglierci, anche quando ci costa, anche quando siamo così diversi che effettivamente è difficile armonizzare. Restano i miei fratelli e le mie sorelle.

Ma Gesù dice di più. Mia Madre. La famiglia di Gesù che siamo noi, questo è il dono della Chiesa. La famiglia di Gesù è fatta di fratelli, sorelle e madri. Noi siamo anche – e questo ci sembra proprio strano se non addirittura impossibile – madri. Madre di Cristo. La madre genera. Maria ha generato Gesù, noi generiamo Gesù oggi, qui, nella misura in cui ascoltiamo la Parola e la mettiamo in pratica come Sua Madre, come Maria, la prima discepola unita agli apostoli nel Cenacolo, la Chiesa delle origini. Anche noi diventiamo madri, questa è la missione della Chiesa. Una Chiesa che non genera Cristo è, come dice Papa Francesco, una Chiesa zitella, acida. Lui usa espressioni forti che noi non avremmo mai osato e ci fa anche saltare dalla sedia, ma è così. Solo se generiamo Cristo e lo presentiamo – non tanto con le nostre belle parole, coi nostri bei riti – ma con la vita, ogni giorno. Non quando ci riuniamo qui in Chiesa dove è Lui che ci accoglie, ci trasforma, ma quando usciamo, quando viviamo, nelle nostre famiglie. Abbiamo vissuto un tempo prolungato chiusi dentro con le nostre famiglie. Ma noi siamo nelle famiglie la famiglia di Dio. Lì è presente il Signore. Dobbiamo riconoscerlo accogliendoci, ascoltando, ma questo è quello che qui ci viene donato, la possibilità a casa nostra, nei nostri paesi, in questo mondo così lacerato da divisioni, discordie, ingiustizie, di essere la famiglia dei figli di Dio, fratelli, sorelle e madri che generano Cristo perché tanti possano oggi incontrare e ritrovare in Lui la gioia e la forza di vivere. E’ il dono della salvezza che il Padre ancora offre a tutti».

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