Piano di Sorrento, l’omelia di Don Pasquale all’apertura della novena a San Michele: “Vivere questo tempo di emergenza con sapienza, pazienza, umiltà e amore”

Piano di Sorrento. Ieri sera è iniziata la Novena per l’Arcangelo San Michele. Tanti i fedeli presenti in Basilica sempre nel rispetto delle norme di sicurezza e del distanziamento sociale. Una celebrazione molto intensa che segna, in un certo senso, la ripartenza della vita della comunità parrocchiale sotto le ali protettrici dell’Arcangelo Michele, patrono di Piano di Sorrento. Riportiamo la bella omelia di Don Pasquale Irolla: «Iniziamo la nostra Novena all’Arcangelo San Michele con il desiderio di ricominciare ad incontrarci come comunità. E’ bello il richiamo del mese di settembre a ricordarci che è ora della Novena. Sono le 19.30, suona la campana, è l’Arcangelo San Michele che ci attira. E noi oggi poniamo il primo passo per incoraggiarci ad essere presenti, a metterci in preghiera, a ricordarci che abbiamo bisogno ogni anno di questo appuntamento che ci riconduce in Basilica e ci crea e ricrea come comunità. L’emergenza che stiamo vivendo ci sta portando a disperderci, ciascuno nella sua abitazione con le sue paure, con i propri problemi. E rischiamo di non incontrarci più, di lasciar perdere l’appuntamento in Basilica dell’Eucaristia, del canto del Vespro, della preghiera, degli appuntamenti che fanno la nostra comunità parrocchiale. La grande sfida che cogliamo di sera in sera, a partire da oggi, è quella di ricomporci come comunità parrocchiale.

Di che cosa è fatta una comunità e, quindi, in particolare la nostra comunità parrocchiale? Innanzitutto di un luogo, di un tempio. E per noi è questa Basilica. Rincontraci, rifare, ricostruire la nostra comunità parrocchiale vuol dire innanzitutto riandare in Basilica, avere a cuore la Basilica. Tieni a cuore la tua Basilica. Ti manca entrare in Basilica? Ti emozioni ancora quando entri in Basilica? Certamente questa sera per noi è una grande emozione ricominciare e spero che di sera in sera riusciremo a raccoglierci, ad attirare i nostri figli, i nostri amici, più persone. Perché la Basilica è la nostra casa, è il luogo santo che ci ha visti nascere, che ci vede crescere, invecchiare e che ci accompagnerà alle soglie dell’eternità. Questa è la nostra casa, è la nostra residenza. E’ qui che noi abbiamo il domicilio. Quando non possiamo entrare in Basilica stiamo male. E questo abbiamo bisogno di ricordarcelo. Ci sono alcuni ingredienti che fanno la nostra comunità. Il primo è la nostra Basilica bellissima, tirata a lucido, che risplende nei suoi ori, che ha un posto per te e che ti dà l’opportunità di sederti, di fermarti, di metterti in preghiera, di sentirti a casa, di avvertire che non sei solo, che c’è qualcuno che ti protegge, che ti prepara la strada, che veglia sul tuo cammino. La Basilica fa la nostra comunità parrocchiale.

E poi che cosa ci rende comunità parrocchiale? La Parola di Dio e l’Eucaristia che nella coniugazione della Novena all’Arcangelo sono come Parola di Dio il canto del Vespro. Che cosa ci ricorda che noi apparteniamo alla parrocchia di San Michele Arcangelo? Il canto del Vespro, le note delle salmodie, la lettura tratta dal libro dell’Apocalisse che abbiamo ascoltato, il sentirci qui e avvertire una musica, il sillabare di nuovo i versi dei Salmi, il cantare con tutto il cuore il Vespro all’Arcangelo San Michele e poi le Litanie all’Arcangelo che sono una sintesi della spiritualità e della devozione all’Arcangelo San Michele. Pertanto la Parola di Dio ci rende comunità parrocchiale, non basta soltanto la nostra Basilica. Nella Basilica ascoltare e cantare la Parola di Dio.

E poi l’Eucaristia, noi ci ricordiamo chi siamo proprio perché tra poco ci inginocchieremo davanti a Gesù Eucaristia, l’Ostia consacrata ci illumina, ci guarda. E’ lo specchio in cui mi chiedo: “Chi sono? Ricordami il mio nome, ricordami che cosa è accaduto, ricomponi i pezzi in cui mi sono ridotto”. Pertanto il canto del Vespro, il metterci in adorazione di Gesù Eucaristia nella Basilica ci fanno comunità.

E infine certamente l’esserci come presenza fisica. Io sono qui a dire “Bravi che siete venuti, vincendo ogni paura”, in Basilica siamo al sicuro, siamo in sicurezza, c’è Dio che veglia su di noi, l’Arcangelo che ci protegge. E noi abbiamo bisogno di rincontrarci, come adulti, come genitori, ma anche come figli, di vedere le varie generazioni, incontrarci qui, guardarci negli occhi, salutarci, esserci nel nostro corpo. Stiamo vivendo grande disagio perché siamo limitati nella gestualità, abbiamo timore di stringerci la mano, di abbracciarci, di darci un bacio. Capite che se a tutto questo togliamo anche l’opportunità di vederci fisicamente noi non siamo più comunità parrocchiale e cominciamo a disperderci, ciascuno per la sua strada. Allora Gesù Eucaristia, il canto del Vespro, la nostra Basilica, l’esserci fisicamente ci aiuta a ri-abbracciarci come comunità parrocchiale.

Ogni volta la Novena all’Arcangelo ci dona l’opportunità di riprenderci dalla calura estiva, dalla dispersione dell’estate, dalle preoccupazioni dell’estate e ricompattarci, riconcentrarci, esserci di nuovo e ripartire piano piano per il nuovo anno pastorale. Cogliamo questa opportunità e insieme con voi chiedo all’Arcangelo San Michele questa sera tre grazie.

La prima è di ri-abbracciarci come comunità, di rigenerarci come comunità parrocchiale; certamente l’appuntamento serale ci darà l’opportunità di metterci in vita, di avvertire dentro di noi il polso vivo di noi stessi, delle nostre famiglie e della “famiglia di famiglie” che è la nostra comunità. Basta poco, bastano appena sette sere di Novena e la festa patronale per riprenderci, per rigenerarci.

La seconda grazia che chiedo all’Arcangelo per ciascuno di noi è di donarci uno sguardo di fede su quanto stiamo vivendo. Non bastano i bollettini che ci dicano chi sia positivo in Italia, nella nostra parrocchia. C’è bisogno di dare a questo tempo una lettura di fede. Come si dà la lettura di fede a questo tempo di emergenza sanitaria e di tanti problemi economici? Non basta accendere la ragione, non basta ragionare, c’è bisogno di metterci in preghiera e di chiedere umilmente a Dio di donarci i suoi occhi. E dire: “Signore, che cosa ci stai dicendo? Come guardare alla mia vita con occhi nuovi? Che cosa sta succedendo intorno a me, dentro di me, nella mia casa?”. Ogni altra lettura e fuorviante perché noi oscilliamo tra le letture allarmiste di chi si fa prendere dal panico e da chi invece è piuttosto superficiale su tutto quanto sta accadendo. Invece noi abbiamo bisogno della lettura di fede, che è sempre redentiva, che ci dona quella luce in più che ci permette di andare avanti sotto lo sguardo di Dio. Non c’è una ricetta ma se ogni sera noi ci mettiamo in preghiera, cantiamo il Vespro, ci mettiamo in adorazione di Gesù, ci rincontriamo qui in Basilica, il contatto continuo nella preghiera e nell’adorazione ci cambia gli occhi, ci cambia i sentimenti, ci dona anche delle luci nuove, delle idee nuove e riusciremo alla fine ad avere uno sguardo di fede che è importantissimo da avere per noi stessi e da trasmettere ai nostri familiari, ai nostri cari, ai nostri figli.

E infine la terza grazia che chiedo per ciascuno di noi è di vivere questo tempo di emergenza con grande sapienza, con grande pazienza, con grande umiltà, con grande amore. Nessuno di noi è abituato a vivere di emergenze. Facciamo difficoltà a riaggiornarci perché le cose cambiano più in fretta del tempo che noi ci mettiamo per comprenderle. Che cosa chiediamo per noi? Chiediamo di vivere questo tempo di emergenza con grande sapienza e con grande amore. Perché qual è il rischio del vivere in emergenza? E’ vivere di sospetti. E’ accusare gli altri e quindi generare dentro di noi una sorta di ostilità verso le altre persone. Lo stiamo sperimentando anche in famiglia, dove la convivenza prolungata, forzata, porta a nuovi conflitti. Chiediamo la grazia di vivere con amore questo tempo di emergenza. Chiedo anche una preghiera per me, che possa essere strumento nelle mani di Dio e guidarvi lì dove Dio vuole.

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