Piano di Sorrento, l’interessante racconto del Prof. Ciro Ferrigno: “La balaustra di San Michele”

Piano di Sorrento. Riportiamo il bellissimo ed interessante racconto del Prof. Ciro Ferrigno, da leggere con attenzione in questa settimana che ci avvicina alla festività di San Michele Arcangelo:
“LA BALAUSTRA DI SAN MICHELE
Un particolare che colpisce tutti coloro i quali visitano per la prima volta la Basilica di San Michele è senza dubbio la balaustra in marmo intarsiato e decorato con motivi floreali, opera di Giovan Battista Antonini, eseguita sul finire del XVII secolo e collocata dove oggi la vediamo, agli inizi del successivo. È parte di quel parziale rifacimento della Basilica in seguito ai danni del terremoto del 6 giugno 1688 che la danneggiò seriamente. I lavori, che si prolungarono almeno per tre decenni interessarono sia la statica dell’edificio, sia gli abbellimenti dell’interno, per i quali non si badò a spese.
Contrariamente al grande Gian Lorenzo Bernini che nacque a Napoli e fece fortuna a Roma, con la sua arte, l’Antonini fece il percorso inverso e giunse da Roma a Napoli. Operò soprattutto nei centri minori, divenendo un esponente di rilievo della scultura rococò del Regno borbonico. Suo capolavoro è considerato proprio il complesso dell’altare maggiore della chiesa di San Michele a Piano di Sorrento, terminato nel 1713. La sua produzione, frutto di una mente geniale, si ispirò costantemente alla pittura di Giacomo del Po. Negli ultimi anni di vita fu attivo a Sant’Agata de’ Goti nella cattedrale e nella chiesa dell’Annunziata.
La balaustra di marmo traforato con motivi floreali ad intarsi di marmi colorati e madreperla, chiude il presbiterio con uno splendido arco marmoreo in stile barocco e su di esso sono collocati quattro angeli che reggono i candelabri. Due, i più piccoli, posti presso il cancelletto d’ingresso sono di alabastro, gli altri di marmo bardiglio. Altri angeli si trovano sull’altare maggiore, in tutto nove e stanno a simboleggiare i cori angelici: Serafini, Cherubini, Troni, Dominazioni, Virtù, Potestà, Principati, Arcangeli, Angeli. Otto sono di marmo, il nono è l’Arcangelo Michele. Gli angeli marmorei sono tutti della scuola del Bernini, bottega dove lavoravano molti giovani di talento. Ad essi il Maestro delegava l’esecuzione di parti più o meno importanti delle sue opere. Alla scuola del grande maestro si lavorava in totale armonia e collaborazione. Tra i discepoli Giovanni Canale di Pescina.
La preziosa balaustra, la statua dell’Arcangelo e tutte le opere che agli inizi del Settecento andarono ad abbellire la chiesa di Carotto, avevano un fine altamente significativo dal punto di vista politico e sociale. Si inserivano nella lotta secolare tra Sorrento ed il Piano, arrivata, proprio in quegli anni ad un punto di esasperazione con continue liti, quasi giornaliere, su motivi sostanziali, ma anche banali. La nobiltà sorrentina, chiusa nelle mura della città, difendeva le sue prerogative obsolete, con arroganza e mal sopportava l’enorme progresso del Piano che conosceva un continuo sviluppo delle attività navali, commerciali e manifatturiere.
Molte famiglie pianesi erano diventate ricchissime grazie alla cantieristica, alla seta ed al commercio di alcuni prodotti della terra, che oramai venivano esportati anche fuori dal Regno. I lavori di abbellimento di San Michele diedero opportunità a quei casati di dimostrare la propria ricchezza, il mecenatismo e la nobiltà d’animo, dando in silenzio un terribile schiaffo alla nobiltà sorrentina, oramai in progressivo e lento declino.
Due sono le curiosità che riguardano la preziosissima balaustra di San Michele. La prima la raccontava spesso il compianto Com. Pietroantonio Iaccarino, secondo il quale l’opera in questione sarebbe costata l’equivalente necessario per costruire ed armare un veliero, ovvero una somma elevatissima. Un’altra, a noi più vicina, parla di un facoltoso straniero, forse un americano, che avrebbe proposto al Parroco don Saverio Sessa che gli vendesse gli angeli marmorei; lo avrebbe ricompensato dandogli l’equivalente in oro del peso delle sculture. Il Parroco, neanche a parlarne.
Tutte le chiese delle nostre città sono dei libri di storia, ed in particolare la chiesa madre, dove si può leggere pagina dopo pagina la storia di quella comunità e di quella città, di quel territorio. San Michele ci riporta al nostro secolo d’oro, quello dei cantieri, della seta e del commercio marittimo dei prodotti della nostra terra. Tanti sacrifici, tanta abnegazione, tanto sudore, quando il lavoro faceva ancora rima con oro!”.
(Foto di Antonio Spasiano)

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