Piano di Sorrento, la Novena a San Michele. Il Vescovo Arturo Aiello: “Ci salveremo con l’aiuto di Dio, non con le nostre forze” video

Piano di Sorrento. I Vespri solenni della quinta serata della Novena in onore di San Michele Arcangelo sono stati presieduti da Mons. Arturo Aiello, vescovo di Avellino e per tanti anni parroco proprio nella Parrocchia di San Michele, dove per tutti rimane “Don Arturo”. Ecco le sue parole che ci invitano a riflettere: «Gli emigranti tornano quando si tratta di celebrare le feste importanti e tale mi sento. Vi riconosco anche se siete mascherati, riesco ad individuarvi dagli occhi. Ed è bello ritrovarsi intorno all’altare e sotto lo sguardo dell’Arcangelo che, come dice la preghiera settecentesca, “da secoli ricevi l’onore, il culto da questo popolo di Piano che sempre tenesti come popolo tuo”.

Mons. Arturo Aiello

Cercavo una ispirazione e mi è venuta incontro stamattina nella preghiera della Liturgia delle Ore del Primo Salmo dell’Ufficio delle Letture. E’ il testo che è stato letto. Soprattutto nel versetto: “Afferra i tuoi scudi e vieni in mio aiuto. Dì all’anima mia, sono io la tua salvezza”.

Questo testo è stato importante soprattutto per me questa mattina, mi sono abituato ad estrapolare dai Salmi dell’Ufficio o delle Lodi una espressione da portare nella giornata, ma poi ho pensato che potesse diventare un buon tema per il nostro incontro di stasera. Il salmo 34 è un salmo di afflizione, di un orante che si trova oppresso da tante difficoltà, che è nella prova, che non sa più a chi ricorrere. Come d’altra parte noi in questi mesi non ancora conclusi. Ed allora a un certo punto alza lo sguardo e dice a Dio: “Afferra i tuoi scudi e viene in mio aiuto”. E’ un’immagine bellica, “perché breve è la nostra vita, agone sempre incerto” dice l’inno che canteremo alla fine del Vespro. Siamo sempre in combattimento. La vita dell’uomo – tante volte vi ho citato questa espressione dell’Imitazione di Cristo – è una lotta. Noi vorremmo riposarci, vorremmo un luogo tranquillo, un tempo senza problemi. Invece più andiamo avanti e più le cose si fanno difficili perché la vita è un combattimento. Già ve ne ha parlato Don Pasquale nel tema della lotta spirituale. Che non è solo una lotta spirituale ma è anche una lotta senza quartiere in tanti aspetti, non avviene solo nel nostro cuore ma anche nella nostra famiglia, anche nelle coppie terremotate dal lockdown, anche nei vincoli di sangue, anche sul piano parrocchiale, sociale ed anche sul piano mondiale.

Il Covid ci ha posto in una condizione di estrema precarietà e di una lotta che non è più circoscritta. Ci sono state in passato delle epidemie circoscritte, delle guerre circoscritte, adesso c’è una guerra mondiale e c’è una epidemia mondiale. E’ questa condizione che ci aiuta a capire di più – oltre il dramma concreto, l’incertezza della vita propria e delle persone a noi care – cosa è la vita. La vita è questo, non ci dobbiamo lamentare eccessivamente. La vita à una lotta senza frontiere, senza quartiere, dove la mattina partiamo ciascuno per la sua trincea e la sera (come adesso qui) ci incontriamo non solo con voi presenti di persona ma anche con gli altri che ci seguono con i potenti mezzi della Parrocchia San Michele Arcangelo, ci ritroviamo per contarci. Perché ci si ritrova la sera al Vespro o intorno all’altare? Per dire: “Ma come è andata questa giornata nelle varie battaglie che abbiamo dovuto affrontare?”. Dunque è il momento in cui si contano i morti, quelli che all’appello non rispondono. Oppure si contano i feriti. E tutti in qualche maniera usciamo da questa lotta feriti, chi più chi meno. E’ idilliaca e fuori di ogni concretezza l’idea che qualcuno possa combattere senza spettinarsi, come dice Erri De Luca a proposito della grazia nel “Nome della madre”. Invece arriviamo tutti spettinati, arruffati, macchiati, con le vesti logore. Non solo, ma segnati nel corpo dalle ferite del nemico.

C’è un nemico dunque. Voi state pensando al Covid. No, c’è un nemico che è un’intelligenza diabolica. Questa inimicizia nasce dall’invidia. Tutte le inimicizie nascono dalle invidie ed anche le guerre nascono dalle invidie, dai pomi lanciati sul tavolo per vedere chi sia la più bella di tutto il reame. Qual è l’invidia di questa intelligenza diabolica? La nostra salvezza. Non so se ci avete mai pensato ma perché Satana tiene tanto a cuore che noi cadiamo? Perché lui si è perso e adesso vuole che ci perdiamo anche noi. E’ così, detto in una maniera molto semplice. E questa intelligenza ovviamente è mille volte superiore alla nostra, perché è una intelligenza angelica, di un puro spirito, come quella dell’Arcangelo Michele che vi si contrappone e la nostra Basilica è un racconto a più riprese di questa lotta. Capite bene che davanti a questa intelligenza noi siamo perduti, non abbiamo possibilità di vincere di nostro. Ma abbiamo invece un ausilio che ci viene dalla Croce di Cristo che rende spuntite tutte le frecce arroventate del nemico.

Quindi innanzitutto il versetto del Salmo 34 – “Afferra i tuoi scudi e vieni in mio aiuto” – ci riporta al tema della lotta, della guerra. Siamo in guerra, non dormire, non abbassare la guardia, non ti rassegnare, non ti imboscare, continuiamo a combattere. Qualsiasi ferita il nemico ci abbia inferto in questa giornata siamo ancora qui, siamo ancora salvi, cioè siamo sottratti a quel potere tenebroso che vorrebbe scoraggiarci e dannarci. Come ci viene incontro questo aiuto? Attraverso la Grazia. Innanzitutto la Parola che ascoltiamo, che leggiamo, che meditiamo. Attraverso i Sacramenti che celebriamo, vera ricchezza della Chiesa. Attraverso la Carità, i gesti concreti di aiuto nei confronti degli altri. Attraverso la preghiera. Questi sono gli strumenti sempre validi per far fronte e vincere una guerra che sarebbe oggettivamente perdente. Perdente se dovessimo combattere con le nostre forze, vincente perché ha vinto il leone di Giuda, si dice nel libro dell’Apocalisse in un momento drammatico quando l’autore piange perché non si è trovato nessuno che sia abilitato a leggere ciò che è scritto nel rotolo della salvezza sigillato. Ha vinto il leone di Giuda, quindi anche se oggi hai perso sappi che hai in mano il jolly per vincere la guerra.

Mi sono chiesto più volte perché l’autore del Salmo dice: “Afferra i tuoi scudi”? Innanzitutto “afferra” dice di un momento di pericolo che è venuto all’improvviso, come il temporale che si è scatenato e che forse ha scoraggiato qualcuno. “Afferra”, è uno squillo di tromba che dice che c’è una battaglia improvvisa, bisogna correre ciascuno alla sua postazione. E allora “afferra”. E poi perché al plurale, “i tuoi scudi”? Lo scudo è questo ombrello di metallo che normalmente è sorretto con la mano sinistra per difendersi dai colpi del nemico, perché la destra deve battagliare, ha in mano la spada. “Sguaina la spada bianca” dice il nostro inno. Ma qui parla di scudi, come è possibile afferrare più scudi? La risposta che mi sono dato è che questo grido di aiuto, questo allarme, è dato a Dio ma attraverso i suoi Angeli. “Afferra i tuoi scudi”, quindi c’è un esercito. Come c’è l’esercito del male, c’è l’esercito che risponde al principe delle milizie celesti che è l’Arcangelo San Michele e quindi sono tutti gli Angeli con i loro scudi. “Afferra i tuoi scudi”, gli scudi dei tuoi eroi, dei tuoi angeli, dei tuoi arcangeli, dei tuoi serafini, del tuo esercito. Manda in mio aiuto in questo momento in cui un attimo di esitazione da parte tua può farmi soccombere, i tuoi angeli verranno come uno stormo di rondini, arriveranno a centinaia, a migliaia, a difendermi.

Poi è bellissimo questo verso: “E dì all’anima mia sono io la tua salvezza”. Quando stai per soccombere Dio dice: “Dì alla tua anima – cioè a te stesso – sono io la tua salvezza”. Perché è importante questa espressione? Perché la persona è scoraggiata, come lo siamo noi, perché rischia di pensare che si salverà da solo, con le sue forze, con le sue ricchezze, con le sue proprietà, con i suoi titoli, con le abilità che ha acquisito nella vita. Inutile. Direbbe il Qoelet: “Vanità delle vanità”. E’ inutile che tu pensi di salvarti da te e questo vale anche per il Covid. Perché cosa aspettano tutti? Il vaccino. Ma è il vaccino la salvezza? Ovvero, è la medicina la salvezza? E’ la scienza la salvezza? E’ la sapienza umana la salvezza? “Sono io la tua salvezza”. Il “Quis ut Deus”, che è il nome di Michele dunque il suo compito (l’essenza degli Arcangeli è il loro fare a favore degli uomini), esprime fondamentalmente questa verità, con un interrogativo e cioè: “Chi è che salva come Dio?”. E la risposta è: “Nessuno”.

Lo devo dire perché è difficile che voi ne siate consapevoli, che voi siate compresi da questa verità, che chi ci salva è il Signore non il vaccino, da qualsia parte dovesse venirci. E’ Dio la salvezza. In questi mesi più volte, almeno nel mio cuore ma spero anche nel vostro, è balenata l’idea che questa eccessiva attenzione alla salute potesse oscurare la salvezza. Ma noi stiamo qui per stare bene in salute o per essere salvi? Certo se doveste rispondere con il Catechismo direste tutti: “Siamo qui per la salvezza”. Ma ciascuno di voi interroghi il suo cuore e scoverà in fondo questo desiderio: “Io voglio stare bene insieme ai miei cari”. Che non è di suo un desiderio negativo però è come se noi mettessimo – e credo che più volte siamo stati tentati in questo senso – la salute al di sopra della salvezza. No, è la salvezza, la salute è sempre debole. Quando troveranno il vaccino per il Covid, arriverà un’altra pandemia. State tranquilli, non vi agitate, conservatevi le mascherine per la prossima edizione. Lo dico un po’ scherzando ma per sdrammatizzare una realtà che noi non riusciamo più a leggere nei termini della fede ma leggiamo nei termini della scienza.

In questo senso apro una piccola parentesi. L’apertura delle scuole deve essere accompagnata da questa percezione che siamo in guerra ma che, anche se siamo in guerra, si va a scuola. Non so se durante la seconda guerra mondiale le scuole furono chiuse, non credo. Credo che, sia pure con un po’ di difficoltà ed assenza di libri, si fece scuola. Perché la scuola è vita. Perché a scuola non si va quando uno sta bene, quando tutto va bene, perché a scuola si va per imparare l’arte di vivere che è l’arte di lottare. Allora, care mamme, che tuo figlio vada a scuola con tutta la pandemia in atto è un rischio, certo. Ma lo tieni a casa, non bussa alla porta direttamente il Covid senza che vada a scuola? Eppure la scuola diventa il luogo dove impariamo a vivere, noi abbiamo imparato a vivere a scuola. Devo dire che ho un rimpianto per questo compagno di banco che forse scomparirà, almeno per ora. La scuola non è solo per imparare, sono anche i bigliettini che si passano sotto il banco, i suggerimenti che arrivano all’ultimo momento, la scuola è anche la complicità tra i compagni. Altrimenti facciamo la scuola in una campana di vetro, ma è impossibile in qualsiasi tempo ed in qualsiasi spazio. Facciamo in modo che i nostri figli siano raggiunti da una serie di nozioni, d’altra parte ce le hanno già sul cellulare. Allora facciamo scuola sul cellulare. Invece no, perché la scuola è una cosa molto più bella, molto più complessa e molto più vicina alla vita, che è una lotta. Allora cosa vanno a fare a scuola i nostri figli? Vanno a lottare, arriveranno forse feriti come si torna feriti da un compito andato male, da un’interrogazione dove non eravamo stati compresi. Molti dicono aspettiamo altri tre mesi, se ne parla dopo Natale. No, questo è entrare in una visione asfittica della vita molto lontana dalla realtà.

Chiudo la parentesi scuola ma era inerente al fatto che la salvezza da dove viene? Certo a scuola non entriamo a fare religione nel senso catechistico del termine ma entriamo in questa visione di un imparare difficoltoso, che chiede fatica, che chiede la sveglia, che chiede la conflittualità con i compagni ed a volte con gli insegnanti. E’ così la vita. Nessuno di noi riesce – né parroco, né vescovo, né genitore – a progettare una vita senza difficoltà. Allora “afferra i tuoi scudi e dì all’anima mia: Sono io la tua salvezza”. E vorrei che questa sera, per intercessione dell’Arcangelo, noi fossimo convinti di questo: che ci salveremo con l’aiuto di Dio, non con le nostre forze. Che saremo salvi, speriamo anche sani, grazie al sangue di Cristo. Che andremo dietro alla “bandiera immacolata di Gesù Cristo e della Chiesa”. Arruoliamoci nuovamente questa sera, sentiamo che lo scudo dell’Arcangelo è segno dello scudo che è Dio, nostra corazza, nostra forza, nostro baluardo.

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