Aumentano i positivi, si proroga lo stato di Emergenza

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ROMA Cresce il numero dei positivi e dei morti giornalieri, e con loro anche quello dei malati di Covid-19 ricoverati in terapia intensiva: ieri in Italia sono stati registrati 1.640 nuovi contagi, contro i 1.392 del giorno precedente, e 20 decessi, sei in più di martedì. E dopo le voci dei giorni scorsi iniziano a circolare anche le prime conferme: la proroga dello stato di emergenza oltre il 15 ottobre è tutt’altro che un’ipotesi. Anzi, con buona probabilità, come spiegano fonti vicine all’esecutivo, il prolungamento nei fatti ci sarà. In pratica, sempre tenendo sott’occhio l’andamento dei contagi, da decidere resta solo la formula e, al momento, le alternative sono tre. La prima, meno probabile, prevede di smontare pezzo per pezzo lo status mantenendo attive solo le porzioni ritenute ancora utili. L’opzione numero due prevederebbe invece una mini-proroga di poche settimane del testo in essere e, infine, l’ultima, la conferma dello stato di emergenza fino al 31 dicembre.
TEMPI E OPZIONI
Viste le polemiche politiche legate all’ultimo rinnovo però, la decisione, come trapela da ambienti vicini all’esecutivo, verrà rimandata il più possibile. Si aspetterà cioè l’ultima settimana prima di decidere se, e soprattutto, come procedere. Qualora la situazione fosse ritenuta sotto controllo infatti, con contagi bassi e terapie intensive quasi vuote, si opterà per l’alternativa numero uno. Verrà cioè eliminato formalmente lo status, ma estese le singole misure. Non solo quelle che riguardano mascherine e altri dpi, ma anche quelle relative allo smart working (improbabile che venga regolamentato ogni aspetto entro il 15 ottobre) o alla distribuzione di farmaci agli assistiti.
Più probabile è invece il secondo scenario che, nel caso di una lieve crescita dei contagi, assimilabile a quella già in corso, prevederebbe una mini-proroga di 2 settimane o al massimo di un mese.
Un margine operativo aggiuntivo pensato come utile non ad introdurre ulteriori Dpcm, sfruttando la snellezza delle procedure in fase decisionale, ma al commissario Domenico Arcuri per completare gli ultimi acquisti, mettere fieno in cascina ed andare incontro all’inverno in serenità. Vale a dire che, ad emergenza (non sanitaria) formalmente conclusa, i magazzini dovranno essere pieni e capaci di sopportare il carico di contagiati. Al centro delle preoccupazioni al momento, ci sono soprattutto l’acquisto di un numero sufficiente di kit diagnostici o altre forniture sanitarie e quello dell’intera gamma di materiali necessari per consentire il proseguimento, o in alcuni tristi casi l’inizio reale, dell’attività didattica. Un’operazione in cui rientrano anche i tanto discussi banchi monoposto che mancano ancora in diverse scuole. Solo ad incetta terminata si potrà effettivamente eliminare lo stato di emergenza che, in termini di rifornimenti, significa soprattutto ristabilire il lungo iter per le procedure d’acquisto ordinarie. Una formula questa della mini-proroga, che è particolarmente apprezzata dall’esecutivo perché consente di evitare ulteriori polemiche pur mantenendo la possibilità di reintrodurre lo status se necessario.
ESPERTI
D’altro canto però, a predicare la via della prudenza massima ci sono tecnici e consiglieri del ministero della Salute e dell’intero esecutivo. Preoccupati dall’andamento dei contagi attuale, anche dal Cts fanno sapere che una proroga più lunga «starebbe nella normalità delle cose» dato che «i Paesi attorno a noi hanno i dati che conosciamo». Il riferimento è soprattutto alla Francia e alla Spagna che oramai hanno superato i 10 mila contagi. «Le chiacchiere stanno a zero – fanno sapere – oggi in Italia ci sono 350 casi più di ieri e bisogna seguire il trend. Per è tutto sotto osservazione ma pensiamo davvero entro il 15 ottobre saremo fuori oppure le cose saranno migliorate all’improvviso? È da vedere». Per questo, la linea adottata e già fatta presente a chi dovrà decidere, è mantenere lo stato d’emergenza fino al 31 dicembre. Proprio come si era immaginato già a luglio prima che le proteste delle opposizioni, ora ridimensionate, portassero ad una retromarcia.
Francesco Malfetano, Il Mattino

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