Ravello, sulle strisce quotidiane “Scopri la verità”, sul profilo social di Secondo Amalfitano, le precisazioni di Lelio della Pietra

Riceviamo e pubblichiamo l'email inviata alla nostra redazione da Lelio della Pietra:"Mi corre obbligo di svolgere qualche precisazione per offrire una ricostruzione non certo del mio operato, ma di quello degli altri Amici, le cui analisi quali Consiglieri di Indirizzo, in forma di critica o di denuncia, sono state sempre effettuate a titolo personale con l'autonomia dettata dalle indiscutibili competenze professionali e dai propri (non comuni) principi etici"

Egregio Direttore di Villa Rufolo (ex Lei si definisce, con una punta di malcelato dispetto),

dal curriculum che Ella ha più volte cercato affannosamente di imbastire non credo sia mai emerso cenno alle Sue competenze in materia di musica e di storia wagneriana.

Neppure Lei, dunque, avrebbe avuto i requisiti per sedere tra i prestigiosi componenti dei Consigli di Indirizzo della Fondazione Ravello che hanno preceduto quello che, nelle pillole che dispensa quotidianamente senza contradditorio, ha attaccato per presunta incompetenza.

Le ricordo, tuttavia, che quel Consiglio era composto anche da Mariano Rigillo, Giovanni Minoli e Renzo Arbore, che però mai – neppure una volta – hanno trovato il tempo di accostarsi al tavolo di viale Wagner, per non parlare del prof. Cacciatore (lui invece sempre presente) la cui personalità, da Lei rimarcata per le partecipazioni precedenti, evidentemente illuminava i Consigli quando era seduta accanto alla Wertmuller, e non diffondeva la medesima luce se a sedergli vicino era il prof. Liuccio o il maestro Schiavo.

Fatta questa premessa, devo dire che seguo con attenzione la Sua striscia giornaliera, simpatico antidoto per sorridere in queste giornate a ritmo lento scandite dalle preoccupanti notizie sul Covid.

Ma per evitare che i minuti trascorsi nell’ascoltarLa possano dirsi completamente sciupati, oltre che per il consueto amore del vero, mi corre obbligo di svolgere qualche precisazione per offrire una ricostruzione non certo del mio operato, ma di quello degli altri Amici, le cui analisi quali Consiglieri di Indirizzo, in forma di critica o di denuncia, sono state sempre effettuate a titolo personale con l’autonomia dettata dalle indiscutibili competenze professionali e dai propri (non comuni) principi etici.

Anzitutto, allora, giova ribadire che nessuno di loro si è mai speso in Fondazione per un tornaconto di alcun genere, mai si è schierato o ancor più si è fatto coinvolgere in diatribe o conflittualità politiche, né a livello regionale (intransigenti contro ogni possibile tentativo di ingerenza egemonica o strumentalizzazione elettorale), né tanto meno locale; la storia, poi, ha dimostrato che l’obiettivo perseguito non era la ricerca di posti o ruoli di qualsiasi tipo.

Senza tema di smentita, insomma, credo di poter affermare che il prof. Liuccio e il maestro Schiavo hanno sempre lavorato, in armonia con il proprio sentire (che è poi ciò che ci ha accomunato), quali soggetti liberi da secondi fini.

Per questo è certamente frutto di frustrazione e di rabbia, se non di inspiegabile rancore, il grottesco tentativo di investire l’onorabilità di costoro con accuse tanto gravi quanto gratuite, in una ricostruzione della Sua verità che evidentemente poco convince anche Lei stesso, se è stato costretto a rafforzarla, in un goffo tentativo di delegittimazione, utilizzando nei loro e nei miei confronti il termine di delinquenti (del quale, con la Sua più volte rivendicata competenza giuridica, spero si sia prospettato le conseguenze allorquando decideva di pronunciarlo con un mezzo assai diffusivo come quello utilizzato).

In secondo luogo, non comprendo cosa possa animare il Suo ergersi a unico soggetto competente (e generalista) contro l’incompetenza di tutti gli altri, proclamando senza confronto opere e risultati.

A mo’ di esempio – ma è parere del tutto personale – per quanto meraviglioso sia il contenente della Torre-Museo, tanto disarmonico e inutilmente modernista è il contenuto del Museo-Torre.

Ciò che, invece, è erroneo sul piano del diritto, è l’idea dell’autonomia della Villa rispetto alla Fondazione, visione che, come più volte ho avuto modo di sottolineare anche a verbale dei diversi Consigli di Indirizzo, è solo il frutto di un Suo personale approccio alla gestione di quel bene, approccio che ovviamente prescinde dagli indiscutibili risultati.

Devo rammentarLe, quindi, che Lei – con le modalità che sarebbe stato corretto esplicitare per esteso – venne designato Direttore non dal Ministero o dalla Provincia di Salerno (i proprietari delle due porzioni della Villa), ma in forza dell’art. 14 dello Statuto della Fondazione che recita: “per la gestione di uno o più beni facenti parte del patrimonio della Fondazione o che alla stessa siano affidati – che è cosa diversa dalla Direzione della Villa, come Lei ha cercato di sostenere nella pillola n. 10 – possono essere nominati uno o più direttori scelti tra persone di qualificata competenza manageriale o di comprovata competenza tecnico-scientifica, in relazione alla natura del bene da gestire”.

E la non autonomia del Direttore si ricava dallo stesso art. 14 che, più avanti, ricorda come egli debba gestire il bene “secondo le indicazioni generali che riceve dal Consiglio di amministrazione, nel quadro delle linee programmatiche del Consiglio di indirizzo e vigilanza”.

A rigore, quindi, il Suo operato sarebbe dovuto essere avallato dal Consiglio di Indirizzo e doveva rientrare nella programmazione di quello di Amministrazione, ed è inutile gridare a gran voce che dall’uno e dell’altro non ha mai ricevuto concrete prescrizioni, atteso che di tanto – come della mancata trasmissione di verbali o delibere – non mi risulta ebbe a dolersi per il tempo in cui è stata garantita l’autonomia di spesa.

A maggior ragione, poi, avrebbe avuto l’obbligo di presentare un bilancio di previsione (da sottoporre alla famosa riunione del 30.6.2018) redatto conformemente a quello delle altre sezioni (Festival e Istituzionale) del bilancio della Fondazione, e che sul piano del merito venne contestato per il semplice motivo che rispetto al consuntivo dell’anno precedente segnalava una maggiore spesa di ben 500.000 euro (a prescindere dalla documentazione giustificativa di essa, mi sembra legittima scelta non consentire uno tale sforamento!).

Come pure il singolare convincimento della necessità di investimento nella Villa dell’intero incasso della Villa, più volte da Lei ribadito, appare frutto di una lettura non conforme neppure alla convenzione di affidamento, per la quale l’incasso si appartiene al soggetto cui il bene era stato affidato nel 2007, che non è una persona fisica, bensì la Fondazione Ravello nel suo insieme.

E anche a riconoscere che la Fondazione (recte: l’organo deputato alla sua amministrazione) abbia voluto destinare altrove quelle risorse, Lei avrebbe potuto rincrescersi della scelta, ma non di certo invocare l’illegittimità di una decisione assolutamente discrezionale.

Per concludere, vista la reiterata professione di conformità a legge di ogni condotta e atto, resto in curiosa attesa della pillola che immagino sarà dedicata a Ravello Capitale della Cultura 2020, alla delibera sempre attesa del Consiglio di Amministrazione della Fondazione fatta propria dal Comune di Ravello, all’escamotage dell’autonomia gestionale di Villa Rufolo, alla modalità di designazione del Responsabile del procedimento per conto dell’Amministrazione comunale.

Cordiali saluti

Lelio della Pietra

 

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