La Banca d’Italia “costretta” a cambiare le lire in euro, grande vittoria conseguita dall’avvocato sorrentino Luca Raiola

In data 05 Agosto dopo gli ultimi controlli e formalità burocratiche la Banca d’Italia ha provveduto a cambiare le lire in euro secondo quanto disposto da una sentenza del Giudice di Pace di Sorrento.
La vicenda era la seguente.
Una casalinga di Vico Equense in casa della madre aveva trovato una piccola fortuna. Il problema era che quella somma era in lire. Nove milioni e 600mila che per anni la Banca d’Italia si era rifiutata di convertirle in euro. Il motivo? Il decreto Salva Italia, varato dal governo Monti nel 2011, aveva anticipato la scadenza entro la quale le banconote del vecchio conio potevano essere «convertite». A distanza di anni è stato il giudice di pace di Sorrento a stabilire il diritto alla restituzione della somma a una casalinga di Vico Equense accendendo una speranza per gli italiani che attendono ancora oggi di convertire i propri risparmi. La vicenda inizia nel 2011, quando la donna rinviene 96 banconote da 100mila lire in casa della madre appena deceduta. Il 6 dicembre si reca nella sede napoletana della Banca d’Italia per chiedere la conversione. «Impossibile – le rispondono – Il termine è scaduto». Infatti con l’avvento dell’euro, si era stabilito che le lire potessero essere cambiate nella nuova moneta entro il 28 febbraio 2012. A fine 2011, però, il governo Monti aveva anticipato la scadenza proprio al 6 dicembre spiazzando molti risparmiatori, tra i quali la casalinga vicana. Sennonché, nel 2015, la Corte Costituzionale dichiara illegittima la norma varata da Monti e Bankitalia riapre i termini per il cambio, ma solo per chi sia in grado di provare di averne fatto richiesta tra il 6 dicembre 2011 e il 28 febbraio 2012.
La casalinga torna alla carica, ma dalla Banca d’Italia arriva l’ennesimo rifiuto.
A quel punto la donna, assistita dall’avvocato Luca Vittorio Raiola, giovane studioso di diritto pubblico e autore di vari volumi di diritto, si rivolge alla magistratura chiedendo la conversione di 9milioni e 600mila lire in euro o la condanna di Banca d’Italia e ministero delle Finanze al risarcimento-danni per equivalente. La casalinga riesce a dimostrare di aver presentato la domanda di conversione il 6 dicembre 2011: lo confermano i testimoni, cioè il marito e l’amico che l’hanno accompagnata nella sede di Bankitalia, e la sua agenda, dalla quale risultano le trasferte napoletane e i rifiuti da parte dei funzionari. Così il giudice Eliso Desiderio condanna Banca d’Italia e ministero a versare alla donna 4.957,99 euro (l’equivalente della somma in lire non convertita). Inoltre,il magistrato,ha affermato che le istituzioni, semmai ,avrebbero dovuto fornire alla casalinga i documenti necessari per dimostrare di aver chiesto il cambio tra il 6 dicembre 2011 e il 28 febbraio 2012. Pretendendo che fosse la donna a certificarlo, Bankitalia e Ministero dell’Economia e delle Finanze hanno tenuto un «comportamento illegittimo» che «non trova giustificazione nella sentenza» della Consulta. La decisione pone per la prima volta fine a un’ingiustizia che ha penalizzato migliaia di italiani ai quali, tra fine 2011 e inizio 2012, fu impedito di convertire in euro i propri risparmi. Non a caso, in Costiera, ma non solo, molti sono già pronti a rivolgersi alla magistratura affinchè quest’ultima imponga a Bankitalia di procedere al cambio. «Serve una soluzione legislativa a un problema creato dallo Stato – sottolinea l’avvocato Raiola – Molti hanno trovato somme di denaro in lire che vanno convertite: la sentenza dimostra che questo diritto non può essere negato».
Si deve dire che questo “precedente” oramai passato in giudicato ed “eseguito” può costare caro alle casse dello Stato in quanto, secondo alcuni calcoli, vi sarebbero in circolazione almeno due miliardi di euro di lire che non era stato possibile convertire.

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