Cava de’ Tirreni, sciopero della fame dell’ergastolano: l’ex boss rischia la morte

Ha intrapreso lo sciopero della fame e della sete per protestare contro il regime carcerario che sembra negargli il diritto alla salute. Ecco la vicenda riportata da Viviana De Vita per Il Mattino in edicola oggi.

L’ergastolano Mario Bisogno, ex capo dell’omonimo clan camorristico che in nome della «Nuova Famiglia» dettava legge a Cava de’ Tirreni a cavallo degli anni 80 e 90, dallo scorso 22 giugno è rinchiuso dietro le sbarre del penitenziario di Fuorni. In carcere, dove è nuovamente finito dopo la revoca dei domiciliari accordatagli lo scorso 9 aprile dal tribunale di Bologna in virtù delle sue gravissime patologie e «in considerazione della situazione di emergenza epidemiologica da Covid» l’ex boss rischia di morire. Secondo quanto denunciato dal legale del detenuto, l’avvocato Bianca De Concilio, al 74enne non è nemmeno più somministrata la terapia d’ossigeno che praticava al regime dei domiciliari. Non riceve medicinali per placare i dolori causatigli da un tumore galoppante e nonostante apposite richieste da parte del legale, dai sanitari del carcere non è stata effettuata alcuna relazione sul suo stato di salute che, come evidenziato dalla sua cartella clinica di duemila pagine, sarebbe incompatibile con il regime carcerario.

Lo scorso 20 luglio, a causa dell’aggravarsi delle sue condizioni, è stato trasportato al Ruggi dove gli è stata prescritta una tac che, al momento, ancora non è stata eseguita. Settantaquattro anni, invalido civile al 100%, Mario Bisogno è semi paralizzato e vive su una sedia a rotelle. Diabetico e affetto da una grave patologia tumorale, è ormai cieco con gravissima insufficienza respiratoria a causa di undici noduli ai polmoni. Sul suo capo pendono una condanna a 30 anni di reclusione e due ergastoli: l’ultimo per l’omicidio di Alfonso Avagliano, il boss paganese freddato all’ospedale di Cava de’ Tirreni il 25 giugno del 1990 appena tre mesi dopo l’omicidio del capo clan Giuseppe Olivieri, alias Peppe Saccone. Oltre agli omicidi, Mario Bisogno ha riportato condanne per estorsioni, sequestro di persona e occultamento di cadavere. In carcere è finito nuovamente in seguito ad un ricorso della Procura generale che ha evidenziato l’attuale pericolosità sociale del boss, aspetto questo di cui non si faceva cenno nella precedente ordinanza con la quale aveva ottenuto i domiciliari, in cui si attestavano «precedenti penali assai risalenti ricondotti alla sua appartenenza al disciolto clan della Nuova Famiglia». Diversa la tesi confluita nella nuova ordinanza che sottolinea la «posizione apicale del boss all’interno dell’omonimo clan e la perdurante attività dell’associazione ritenuta egemone ancora oggi».

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