Arcobaleno sul Ponte Morandi, la foto virale durante l’inaugurazione a Genova

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GENOVA Il nastro di acciaio e cemento lungo 1.067 metri brilla sotto la pioggia, incorniciato dall’arcobaleno. L’asfalto, posato all’inizio di luglio, ha ancora un odore pungente e le strisce della carreggiata sono fresche di pittura. Il suono delle sirene riecheggia dal porto, è così che nella città di mare si rende onore a chi non c’è più e si accompagna la nascita delle imprese più difficili, come un viadotto ricostruito in 596 giorni. «È enorme, è aperto, sembra una portaerei», si commuove il sindaco e commissario straordinario Marco Bucci ogni volta che lo guarda. E adesso la nave va scrive Claudia Guasco su Il Mattino di Napoli della Campania .
DOLORE E RICORDO
Il nuovo ponte di Genova si chiama San Giorgio e nasce dalle macerie della tragedia del Morandi: 43 vittime e 600 sfollati, una cicatrice che nessuna impresa ingegneristica può sanare. Ma se la memoria viene mantenuta viva, il viadotto inaugurato ieri è molto più delle 17.000 tonnellate di acciaio che ricuciono la Liguria. Arriva il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, poi l’auto del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, un tragitto punteggiato dalle bandiere di San Giorgio, inno alla genovesità, e dominato dal tricolore appeso a levante, simbolo dell’unità d’Italia. Ma c’è un momento in cui tutto si ferma, anche l’aria pare rarefarsi: vengono letti i nomi di chi il 14 agosto 2018, alle 11,36, è stato inghiottito dal Morandi. Molti stavano andando in vacanza come Samuele, 8 anni, Crystel, 9 anni, i fratelli Manuele e Camilla, di 16 e 13 anni. I familiari hanno preferito non essere qui, il capo dello Stato li ha abbracciati in privato. «Ci tenevo a incontravi prima della cerimonia del ponte per sottolineare pubblicamente e in maniera evidente che la ferita non si rimargina, che il dolore non si dimentica e che la solidarietà non viene meno in alcun modo. E condivido la vostra scelta di vederci in prefettura, quest’incontro è un’occasione raccolta, non di frastuono», dice loro. Con una promessa: «Le responsabilità non sono generiche, hanno sempre un nome e un cognome. Sono sempre frutto di azioni che dovevano essere fatte o di omissioni che non dovevano essere compiute. Quindi è importante che vi sia un’azione severa, precisa e rigorosa di accertamento delle responsabilità». Il San Giorgio, riflette Mattarella, «non è una chiusura di quanto avvenuto, ma la conseguenza e un modo anche di ricordare la tragedia: chiunque vedrà il ponte a Genova avrà sempre bene in mente che quel ponte è lì perché ce ne è un altro che è crollato, con le vite che ha troncato. Questa è una cosa che non va dimenticata, certamente la ricorda la Repubblica». Solo Norha, con gli occhi dolenti, ha tenuto fede alla sua promessa di partecipare al battesimo in onore del figlio Henry, inghiottito dalle macerie a trent’anni. «Perché lei è un esempio di forza e determinazione», scrive postando la sua foto il figlio minore Emmanuel, che non la lascia sola un attimo. In cielo ci sono le frecce tricolore, in rada l’Amerigo Vespucci, nave scuola della Marina, il premier Conte taglia il nastro e cita il giurista Piero Calamandrei, che nel 45 fondò la rivista il Ponte celebrando «la ritrovata unità morale dopo un periodo di profonda crisi». Anche questo ponte, spiega, «ha la stessa funzione: creare nuova unità dopo la profonda rottura, generare fiducia, per riavvicinare l’Italia intera alle istituzioni e allo Stato».
FIRMA SUI CASCHETTI
Il presidente Mattarella cammina sulla carreggiata, guarda Genova dall’alto e autografa i caschetti degli operai. Questa sera o al più tardi domattina le auto ricominceranno a circolare sul viadotto. «Molti cittadini ci chiedono di poter passare per primi, per noi è un orgoglio. Se abbiamo pensato di non farcela? Mai. Anche se certo ci sono stati momenti difficili, ad esempio quando abbiamo deciso di abbattere il Morandi con la dinamite mentre parte dei cittadini era contraria». E adesso con il San Giorgio «vogliamo lanciare un massaggio di fiducia, competenza e speranza. Seguendo questo esempio, si potrebbero fare in Italia infrastrutture al livello del resto d’Europa».

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