Osanna nuovo direttore generale dei Musei dello Stato: «Il modello Pompei nei musei dello Stato»

Massimo Osanna è il nuovo direttore generale dei musei dello Stato. Lo ha promosso il ministro Dario Franceschini per i risultati ottenuti in questi anni alla guida del parco archeologico, da simbolo di degrado a storia di riscatto.
Professore, in che cosa consiste il modello Pompei?
«Significa innanzitutto organizzazione nella gestione delle risorse: Pompei ha dimostrato che il sistema pubblico funziona, valorizzando le forze e cooptando personale specializzato. Si possono dunque risolvere i problemi. E il Parco oggi è esempio di interazione e sinergia tra istituzioni, dal governo al Grande progetto e agli enti sul territorio. Non solo grazie alla collaborazione con altri musei, ma con le università, e anche con la procura di Torre Annunziata: lavorare con i magistrati ha permesso, ad esempio, di debellare uno dei fenomeni più gravi, gli scavi clandestini. Insieme si realizzano obiettivi straordinari. Ma Pompei è anche un modello nella tutela, con interventi costanti e l’archiviazione digitale dei dati: si parla spesso di manutenzione, ma si fa poco. Questo ha salvato, invece, il complesso perché ha consentito di uscire da uno stato di degrado».
Come vuole estendere la formula agli altri musei e siti in Italia?
«Devo andare a vedere le diverse realtà, al momento le conosco da visitatore. Ho bisogno di comprendere contesti e situazioni, interagire con chi opera, verificare se dialoga con il territorio (senza trascurare le attività didattiche) e capire come procedere a uno svecchiamento della gestione e della comunicazione».
C’è un divario tra Nord e Sud: come intende colmarlo?
«Ci sono realtà nel Mezzogiorno che funzionato benissimo: occorre lavorare per aumentare i flussi turistici, comunicando appunto le eccellenze come è stato fatto per Pompei che a gennaio e febbraio 2020, prima del Covid-19, ha registrato un ulteriore aumento dell’8 per cento di presenze rispetto all’anno scorso».
Lei prenderà servizio al Mibatc il primo settembre: cosa farà nei prossimi mesi?
«Trascorrerò l’estate a documentarmi, a studiare anche il sito web del ministero, come per Pompei: allora era inverno».
Appena un anno fa, il suo mandato bis agli scavi non era, però, scontato: con l’avvicendamento al dicastero tra Franceschini e Alberto Bonisoli.
«Ma, dopo la conferma, nessuno ha avuto più dubbi perché hanno parlato i dati. L’ultimo successo si è avuto con la mostra a Parigi, curata da me e i miei collaboratori, che ha avuto una risonanza internazionale straordinaria. Come un direttore di orchestra, il mio compito è stato valorizzare e stimolare tutte le forze in campo».
Franceschini le chiede una forte proiezione internazionale.
«Mi ha comunicato direttamente la sua scelta, la stima è reciproca e si è concretizzata proprio nel lavoro portato avanti in questi anni a Pompei: il ministro mi è stato vicinissimo nella gestione, contribuendo in modo significativo alla risoluzione problemi»
Può indicare un obiettivo concreto per i primi cento giorni al Mibact?
«Tessere, appunto, una rete di contatti internazionali, dal Louvre al British, per favorire prestiti e scavi. Serve una apertura, e poi cercare di capire le difficoltà che ancora esistono, dall’organizzazione alle carenze di personale in organico: il mio predecessore Antonio Lampis ha operato molto bene in un triennio complesso, ma servono anche nuove figure professionali»
Quali figure?
«Specialisti del paesaggio e dei giardini, in un approccio anche molto green, come al bosco di Capodimonte. Questi luoghi, che incardinano la memoria storica, devono essere vivi per i cittadini».
Qual è il suo ultimo impegno per Pompei?
«Vorrei chiudere i progetti in corso e sono felice di far partire domani il restauro della Casa dei Vettii, una delle croci della mia gestione. Vorrei, inoltre, dare più attenzione a siti come Oplontis e aprire il museo nella reggia del Quisisana a Castellammare di Stabia».
Qual è il motivo principale di orgoglio, invece?
«Aver formato una squadra e lavorato in un luogo complesso, ribaltandone l’immagine: fino al 2014 simbolo dello scandalo anche sulla stampa internazionale, oggi modello di eccellenza».
Il suo successore nella direzione del Parco archeologico verrà scelto con la nuova procedura internazionale di selezione, la stessa adottata dal 2014: quali caratteristiche deve avere?
«Spero ci sia qualcuno che sappia lavorare in continuità con quanto realizzato».
Può essere d’aiuto puntare su un direttore straniero?
«Io sono dell’idea che deve vincere il migliore, ci sono eccellenze in Italia e all’estero».
Non le resta un grande rimpianto per Pompei?
«Avrei voluto fare di più per i siti minori, si poteva fare di più anche a Villa Sora a Torre del Greco, e a Boscoreale sarebbe stato bello rifare completamente il museo».

Fonte Il Mattino

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