Napoli. PAN. Fernando Pisacane.

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    Articolo di Maurizio Vitiello – Sulla futura personale di Fernando Pisacane al PAN e sulle sue partecipazioni al Catalogo Artisti Italiani – CAI 20 – con mostra al MACA di Anagni e al Premio Sulmona.

    Fernando Pisacane parteciperà sabato 5 settembre 2020 alla mostra che accompagnerà la presentazione del catalogo CAI 20 – Catalogo Arti Italiani in questo momento “in macchina”, da un’idea di Gianpaolo Coronas, che sta provvedendo al coordinamento dell’operazione catalogo-esposizione.
    Nella pubblicazione si potranno leggere testi di Gianpaolo Coronas, Angelo Bacci, Luigi Fusco, Maurizio Vitiello, Francesco Caloi, che hanno contribuito, in vari modi, alla realizzazione della rassegna d’artisti italiani, che avrà il suo apice con la mostra degli artisti selezionati e considerati al MACA, Museo d’Arte Contemporanea di Anagni, (FR).

    Inoltre, Fernando Pisacane parteciperà alla 47^ Edizione della Rassegna Internazionale d’Arte Contemporanea “Premio Sulmona – Gaetano Pallozzi”, che, invece, di settembre, subirà lo slittamento per le note vicende Covid-19, per l’inaugurazione a sabato 7 novembre 2020.
    In allegato, presentiamo il lavoro che ha inviato a questa competizione, con questa didascalia: FPI – The wall, nell’anno che verrà – Giugno 2020

    Infine, era stata prevista giovedì 3 settembre 2020 l’inaugurazione della personale di Fernando Pisacane al Palazzo Arti Napoli, il conosciutissimo PAN della centralissima Via de’ Mille, ma la data dell’esposizione, per problemi dovuti al Covid-19,  è stata procastinata a data da stabilirsi, tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021.
    In questi giorni Frenando Pisacane sta controllando le bozze del catalogo in cui saranno considerati il testo di Maurizio Vitiello e i contributi critici di Stefano Arcella, Valerio Ceva Grimaldi, Pino Cotarelli, Franco Lista, Roberto Magri.

    Il testo principale di apertura viene qui presentato, in anteprima:

    Men in the global crisis.
    di Maurizio Vitiello

    *Nel 2020, annus horribilis, abbiamo vissuto il primo “test-stress” e il primo “choc-global” della storia del XXI secolo, nonché una pausa, di dimensione letargica, a causa del “Covid-19”, e un ritorno in fase catartica in più momenti.
    Abbiamo dovuto rivedere le nostre esistenze, “tout-court”.
    La forza dell’immagine diventa sintesi plastica di sentimenti vissuti, di passaggi d’umore, di ribaltamenti della coscienza vigile, di pochi soprassalti di gioia sfregiati dal più puro dolore.
    La forza della parola scritta è come la poesia che non deve essere accompagnata, obbligatoriamente, dalla musica.
    La parola ha dentro di sé il ritmo e diventa pleonastica, se non ostativa, la dimensione musicale di accompagnamento.
    Penso che sia stato per noi tutti, tranne per gli irriducibili insensibili e per le diverse liste pletoriche dei cretini, che non mancano mai, indispensabile collegarci nella quarantena obbligata dal “Covid-19” alla musica classica e leggera, al teatro “tascabile-visivo”, alla tv e alla radio, a fb, alla poesia, alla produzione cinematografica, ai libri, … insomma a quella dimensione culturale, vena inossidabile, fonte creativa e frontiera di massima resilienza, perché ci restituisce quello stadio sociale, che sviluppa l’uomo nella sua vita a essere protagonista in un senso comune e di appartenenza.
    La radicalità vissuta è un “idem sentire”, che legittima sentimenti.
    La proiezione della coscienza umana è nel legarsi agli altri, all’uomo non appartiene la solitudine, anche se giochi solipsistici cresciuti da “sacche egotistiche” della nostra psiche, non matura, possono risalire ed emergere da profondi interstizi.
    Nella, fisicamente introvabile, “Repubblica delle Arti e delle Lettere” tutto il meglio della comunicazione può essere sviluppato, integrato e rilanciato per un vivere insieme e per un bene comune.
    Siamo alla “Fase 2” e sarà una camminata, lunga e difficile, piena di rimandi, riuscire ad arrivare alla “Fase 3”, e speriamo che chi legge in questo momento si trovi senza mascherina e guanti, e viva pacificamente.
    E’ indispensabile motivarci, ritessere le radici, profilare un futuro, avere visibile la consistenza del sé è di logica.
    Siamo logici e sentimentali, conviene.

    *Vari i personaggi scomparsi; dopo il grande architetto Vittorio Gregotti e il critico, promotore dell’“Arte Povera”, Germano Celant, colpiti dal “Covid-19” è toccato, per malattia, al critico e intellettuale Antonio Picariello, che se ne è andato a 64 anni, dopo una malattia che non è riuscito a sconfiggere.
    E tralascio qui la sequenza di amici del mondo dello spettacolo scomparsi.
    Comunque, un percorso obbligato è stato terminato e in questo contesto di particolare esistenza sono riuscito a fissare delle pagine di “sociologia visuale”, che ho dedicato anche agli amici dell’Associazione Nazionale Sociologi della Campania e delle altre regioni.
    E’ vero, sono stato pressato da varie situazioni, tra articoli, problematiche del “Premio Sulmona”, connessioni per interventi e consulenze su web-tv e dirette varie, tra cui il TG serale di Positanonews con il bravissimo “globe-trotter” Lucio Esposito e il direttore magnifico Michele Cinque, ma non ho mai dimenticato di fotografare angoli e spaccati della mia città.
    Le prime, dopo un periodo di stasi, riguardano:
    – un “benvenuto” plurilingue che ho ripreso nel “CMA”, in Via Francesco Cilea n. 64, al Vomero, ben coordinato da Daniele Gogliettino che sta riaprendo le attività culturali, musicali e artistiche, con attenzione massima all’estrema sicurezza;
    – tre immagini realizzate con lo smartphone “a volo” nel pomeriggio, sempre di mercoledì 27.05.2020, sul tardi al Vomero, a Via Gemito.
    Ho conosciuto dal vivo e conosco da studioso gli artisti che hanno usato e utilizzano la tecnica del décollage, in particolare del poster lacerato, Mimmo Rotella, François Dufrene, Jacques Villeglé, Raymond Hains, Lucio Monaco.
    Io ho colto qualcosa che va oltre il dato visivo, ma è questione prettamente sociologica.
    Ora che ho la possibilità di concretizzare una precisa nota d’apertura e di accompagnamento, mi sembra giusto determinare il “passo sociologico”.
    Si trattava di tre tabelloni pubblicitari consecutivi che denunciavano:
    – una stasi della produzione – già in tv abbiamo notato i cambiamenti dei flashes pubblicitari -;
    – la conseguente inutilità della promozione pubblicitaria e, quindi, l’inutilità dei messaggi visivo-pubblicitari, soprattutto d’ordine culturale sino ai lanci teatrali in strada;
    – la forma più diretta della comunicazione è grazie al manifesto, ma l’assenza di presenze cittadine in area metropolitana ha determinato la non affissione e la pausa momentanea è stata evidente;
    – il vuoto sulle lamiere e qualche traccia labile di vecchi manifesti, incollati sino all’inizio di marzo, è resa incondizionata alla legge di mercato: niente commercio/niente pubblicità; blocco dell’attività produttiva (se non di quella essenziale)/blocco dell’incipiente pubblicità;
    – l’assenza dei manifesti affissi si è declinata evidente, il vuoto delle lamiere ha offerto anche la ruggine, che è da leggere, in fondo, come la ruggine del commercio.
    Di questo periodo ricorderò l’efficienza mentale con cui è stato possibile supportare giorni tristi e di forzatissima clausura esistenziale e la possibilità di avere a che fare con l’arte, che si è mostrata materia viva e disciplina di vita, giocando a tutto favore di un’efficienza mentale.
    W. Goethe diceva: “Non vi è alcun metodo più sicuro per evadere dal mondo che seguendo l’arte, e nessun metodo più sicuro di unirsi al mondo che tramite l’arte”
    E, certamente, la nostra memoria di “addetti ai lavori” ci farà ricordare un periodo attivo; “…la memoria ha scarpe buone e pazienza implacabile” (N. Terranova, “Addio Fantasmi”)
    Ricordo che in questo periodo ho collaborato attivamente, quasi sempre in soluzione notturna, con il sociologo e giornalista Ivan Guidone per un sito con piattaforma europea, che sta avendo un successo incredibile: www.artesocieta.eu
    Ovviamente, il nostro Nando Pisacane è considerato in queste pagine nuove ed è stato tra i primissimi a essere implementato, tra biografia, foto delle opere e critiche – le stesse che sono in questo catalogo, che chi legge ha tra le mani -.

    *Possiamo parlare del velluto del nostro passato solo per i ricordi d’infanzia, per quella persistenza ludica dei giochi come lo Shangai, noto anche come Mikado, che è un gioco da tavolo di origine cinese, ma diffuso in tutto il mondo e amato sia dagli adulti che dai bambini.
    Le sue regole elementari e intuitive consentono, infatti, di divertirsi per ore utilizzando dei semplici bastoncini in bambù (ora di plastica).
    Contrariamente a quanto si possa pensare, le sue origini sono invece piuttosto recenti, essendosi diffuso in Cina soltanto nel corso degli anni Settanta.
    Questo gioco semplice, tuttavia, potrebbe avere delle radici ben più antiche ed “occidentali”, risalenti addirittura alla Francia del 1500, dove si hanno testimonianze di un gioco molto simile chiamato “Jonchets“.
    Questo “Covid-19” rientrerà nel magazzino dei nostri ricordi e chi ha ora 105 anni potrà dire di avere vissuto “Spagnola” e “Covid-19”, due bui momenti nella storia dell’Umanità.
    Questi due momenti non possono essere considerati “appunti onirici” da “black out sanitario”, né interruzione del flusso di scambi da “global strategy”, ma ben altro ancora, perché s’inquadrano nella fragilità dell’esperienza umana nel contesto della Terra.

    *Nando Pisacane, sempre sensibile alle vicende della storia dell’arte e ai fatti d’arte contemporanea, sa bene che si deve puntare a varie manifestazioni, da “La Biennale di Venezia” al “Premio Sulmona”, ormai giunta alla 47esima edizione, per riuscire a far filtrare la propria posizione critica di ricerca visiva.
    Riuscire a riunire una disposizione informativa di base della propria produzione significa agganciare multiple considerazioni.
    Riuscire a fissare una memoria, seppur breve, ma, comunque, memoria sulla propria attività diventa consistente traccia per conversazioni e utile terreno per accettare inviti a rassegne.
    La sua chiara declinazione operativa, aperta a vari codici linguistici, intende valorizzare la percezione dell’attualità, con tutte le sue speranze e con tutte le sue sfaccettate complessità.
    In Nando Pisacane c’è voglia di concretizzare, di motivare e di attivare realizzazioni che rientrano in un noto e largo spettro di partecipazione visiva.
    S’intuisce il suo bisogno pressante, palpitante, vitale di proporsi e di relazionarsi, “tout-court”, per comprendere meglio la situazione attuale.
    Ma c’è anche voglia di colloquiare col mondo, il che è sempre positivo e si presenta, d’altronde, come naturale convenienza sociologica e la vena, profondamente pervia, di questa sua produzione ci offre la possibilità di dibattere e di confrontarci, sino a rinvigorire, in modo conveniente, uno spirito dialogico dinamico e fattivo.
    Esiste in Nando Pisacane la linea efficiente e sociale da cui emerge una gran voglia d’incontrarsi e la solida concretezza del rapportarsi per afferrare e cogliere coniugazioni di codici diversi.
    I suoi lavori vivono di “scambi di confine” e suoi segmenti espressivi oscillano dal figurativo all’informale, dal surreale all’astratto.
    Il suo occhio vive di rimbalzi e di passioni visive e le opere redatte, preparate nel caldo del suo studio di Civitella Afedena (AQ), pulsano di condensati di vita e non mancano diversificate riflessioni e interpretazioni sul mondo.
    Oggi sono esposte per essere lette e per essere raggiunte concettualmente; invero, per essere apprese sulla frontiera delle acquisizioni mentali.
    I suoi lavori sono fiamme operative, incendi dell’anima e realizzazioni d’espressione, nonché serie interpretazioni e costruzioni d’intelletto e perciò si pongono come fuochi attivi di conversazioni e di tagli di valutazioni, giudizi, opinioni, ma non solo.
    Le sue opere, dalle tecniche miste alle splendide rese fotografiche e sino alle più diverse e differenti declinazioni, si pronunciano e, così, l’emozione prende voce e convinti accenti circolano.
    Raccoglierle in una retta e disciplinata comprensione appare, quindi, conveniente, opportuno, adeguato.
    Le sue percezioni di dati etici, collettivi ed estetici ricadono, in maniera esemplare, su una rete colloquiale e di livello empatico.

    * Per un artista riuscire a raggiungere le vette alte del mercato non è cosa semplice, né da poco.
    Il mercato globale dell’arte, ormai senza più paletti, ha le sue vie; comunque, i collezionisti seri o gli appassionati, tra “addetti ai lavori” e veri e sicuri conoscitori-amatori, sanno su chi puntare.
    In Nando Pisacane c’è volontà di inserire pratiche e utili modulazioni per poter produrre riflessioni, varie e variegate, sulle facce alternate del mondo e anche per poter dialogare ad ampio spettro.
    La super-info-proliferazione del nostro mondo, ormai “glocal” più che mai, riesce a comprendere e a percepire, grazie ai sistemi sempre più evoluti e alle nuove e futuristiche programmazioni neo-mass-mediatiche l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande, quanto le addensate radici e i migranti nomadismi, nonché i cambiamenti e i mutamenti delle trasformazioni mondiali.
    Raggruppare le dimensioni culturali diventa vigorosa urgenza esistenziale e motivo di dimensione fortemente cognitiva, intendendo una sensibilità umana pungente e acuta che copra gli eventi e le trasformazioni in atto, sempre più velocizzate.
    L’artista, “viaggiatore dell’anima“ e “ago di coscienza”, deve essere preparato, maturo e consapevole per poter apprezzare le verità del mondo, fondamentalmente, da interpretare e tutte incanalate nell’alveo di cognizioni, che devono essere, selettivamente, metabolizzate.
    Le sue composizioni sono in un orizzonte esclamativo e in un’estensione esplicita di sequenze di una storia dell’arte recentissima, ancora tutta da comprendere, nonché sollecita e accelerata teoria di conoscenza di comprensibili gemmazioni.

    *Vedendo le opere di Nando Pisacane sembra quasi veder scattare una molla di “equilibri disobbedienti”, mentre ancorate annotazioni da “appunti onirici” fanno breccia quanto superfici materiche dai colori essenziali e profondi, a volte disturbate da un segno libero o dall’inserimento di elementi strutturati o di riuso.
    La produzione ultima di Nando Pisacane sembra attestarsi sull’attesa, quasi a voler lasciar sempre aperta una finestra da cui potrebbe entrare l’infinito.
    L’animo elegante di Nando Pisacane non intende insegnare, ma far sorridere, ma, soprattutto, far riflettere, perché sa che noi umani siamo capaci di sopportare molto di più di quanto pensiamo e nonostante il “Covid-19” vita ci sarà.

    *Per un artista superare un “teen idol”, un acclamato “web master”, un apprezzato “disk jockey” di tendenza, un “influencer” dall’incredibile “mass appeal”, non è facile.
    I piani risolutivi dell’immagine sono in mano a una potente e accreditata fascia “efebocratica”, l’immagine prodotta prima dagli artisti, con tutte le pieghe dei codici, e dopo dai fotografi, con tutte le varianti incasellate dall’”haute couture” al “fashion luxury”, oggi è pilotato da nuove figure emergenti, prossime ai mercati pubblicitari e finitime all’e-commerce.

    *Gli impulsi di Nando Pisacane rispecchiano e riflettono una sorta di sollecitazione collettiva o si stringono in un’àncora antropologica.
    Le sue opere lavorate in mille modi vengono fuori da compensati preparati a colla, dai colori a olio agli acrilici, dagli impasti di paglia a sedimentazioni di materiali metallici.
    La materia lo intriga e la densità lo agita.
    Il suo linguaggio si scioglie nell’immersione multi-convertibile con le sue illuminazioni e con le sue profondità.
    Ovviamente, prende in considerazione i sentimenti attuali dell’Uomo sotto “Covid-19”, che sono quelli della solitudine, dell’allontanamento, della frattura e del distanziamento sociale.
    Ognuno di noi è diventato frazione, appartata monade.

    *La sua pittura è profondo rammarico, costernata rabbia, raggelante amarezza, quasi un’irritata collera, un’umanissima sofferenza, quasi che la pittura potesse essere provvisorio viatico, libero sollievo, segreto conforto per un volo d’ossigeno.
    Nando Pisacane, artista di sereno spessore e dal gagliardo talento, combina, da poliedrico, tele, compensati, paglie, metalli in immagini originali e uniche, in un equilibrio tutto ragionato sulle emozioni, quasi a sottolineare sintesi di concetti e di meditazioni interiori.
    Il pensiero di Nando Pisacane è improntato a resettare i vizi e le cattive abitudini passate e a rinnovare un rapporto critico confermato alla luce di nuove esigenze, che sono di una facoltà esistenziale e autoriale impegnata a registrare il corso del mondo e si badi bene a profilare, in parallelo, considerazioni e richiami.
    Vari e variegati i temi indagati, su fraseggi e codici diversi risultano i suoi commenti visivi.
    Con “Ritorno in patria” si cura, tra globalità sconcertanti, a raccontar di tartarughe che anelano alla vita, al mare, alla libertà in acqua; ovvio pretesto per far comprendere che gli uomini non possono essere sempre su itinerari scompensati, ma tutt’al più romei per una storia.
    “Conoscenza esplosa” è una sintesi di quelle conoscenze degli antichi, dagli egizi a oggi, e la piramide esplosa intende che una forza scatenante può distruggere la sapienza.
    Motivo caro a Nando Pisacane è la deforestazione, che è la riduzione delle aree verdi naturali della Terra causata da uno sfruttamento eccessivo delle foreste.
    E’ un grande problema ambientale del mondo contemporaneo.
    La presenza delle foreste è importante per il mantenimento degli equilibri dell’ecosistema.
    Tramite il processo della fotosintesi le piante sottraggono l’anidride carbonica nell’aria – vedi: effetto serra – rilasciando al suo posto l’ossigeno.
    E proprio le due opere “Deforestazione”, cm. 73×73, lavoro notevolmente materico, e “Deforestazione 2” con pezzi di alberi sbriciolati indicanti una polverizzazione della natura, dimostrano amore per l’ambiente.
    “I giudicanti” con due angeli ci fanno pensare a George Grosz e a Enrico Baj, l’uno che puntava alla realtà nuda e cruda, con vena sagace, l’altro ludico e coerente.
    In una pluralità di segmenti tracciati sembra attivarsi la controllabilità della memoria.
    “Eroe non disarcionato, ma incellofanato” vuole indicarci un assetto educativo, un momento anarchico, inframmezzato di segmenti, plastificato quanto basta.
    “Interazione” è tutto materia, ha rilievo di bozzetto; può diventare di resa maggiore.
    “Pezzi di storia in avaria” non cede a blandizie, prospetta prodromi, declina lusinghe; è rottura di un ordine, risalta una moralità, linda è la stesura e vuole rompere schemi e saggiare il simbolismo con i suoi circuiti e i suoi rimandi.
    “Lungo la strada” è un racconto ed è sintesi estrema e convinta di tutto quello che ti succede o ti può succedere e nella strada a scendere si ritrova l’asse della vita.
    “Come in cielo, così in terra” è un pullulare di globi, forze magiche, entità logiche, energiche forze e un buco rosso ci apre all’universo.
    “Lo tsunami” ci fa pensare alla terra in movimento, all’immensa onda di peso, alla forza terminale e conclusiva della sconfinata massa d’acqua.
    “Me”, del 2017, è un primo lavoro che tratta l’energia globulare, un traffico di anime e si predispone in chiave surreale ad accettare vene post-moderniste, e a smistare un rosario con pensieri di dubbio, a inseguire un “crepuscolo” serotino, nonché segnali e appelli per un “animus generandi”.
    “Mare nostrum” cede alle visioni mediterranee, si rinvigorisce con squali, palpita di forze penetranti, fa gioco di mare, detta impulsi forti, vivaci, vorticosi.
    “Il riposo lungo il cammino” interpreta il fardello che ci portiamo addosso, deriva dalla serie “Pezzi di storia in avaria”; è un “pezzo” che richiama convinto il precedente.
    Discorsivamente punta ad affermare che basta scegliere di andare e le sensibili concrezioni, le vaste e sostanziali matericità, le allungate separazioni, le oggettive diramazioni con paglia, cera, colla, gesso, colore riportano un cammino di vita, e lo iato resta in agguato.
    “L’umidità della strada mi colse in pieno, ero pronto vicino alla sorgente” con gittate traslucide ci racconta la luce, tra cere, colature, acrilici, oli, tutti componenti assemblati con le proprie carature.
    In conclusione, queste opere sono voli liberali, salti generosi, incursioni solipsistiche ed escursioni essenziali, che s’addensano in assodati intrecci per motivare spinte emozionali su ventagli di carattere.

    Maurizio Vitiello
    Napoli, giugno 2020

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