La Campania senza treni né mare

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La Campania senza treni né mare. Come scrive Ottavio Ragone per La Repubblica, è molto semplice nella sua brutalità la soluzione che la Circumvesuviana e alcuni sindaci della penisola sorrentina hanno escogitato per disciplinare l’accesso dei bagnanti alle spiagge il sabato e la domenica. In sintesi, chi ha i soldi o è residente in penisola va al mare. Gli altri no, peggio per loro. Ragazzi, anziani, famiglie con bambini che non hanno i mezzi economici: restano a casa a soffrire il caldo o si arrangiano in qualche scalcinato lido mappatella tra Napoli e la provincia, tra rifiuti e acqua di fogna. Fatti loro. Non sarà un’estate facile, la prima dell’era Covid. E certo i problemi da affrontare sono complessi, nessuno lo nega. Ma questo è appunto il compito della politica, di chi riveste ruoli istituzionali o gestisce aziende pubbliche.

Vietare è facile, ma poi? Chi ha il potere di decidere è in grado di elaborare le soluzioni migliori? Ha le competenze, le capacità per rimettere in moto la società e l’economia? L’estate del turismo è un primo banco di prova. Vediamo. I treni diretti da Napoli a Sorrento dopo le 9 del mattino semplicemente non viaggiano più fino al capolinea. Si fermano prima, a Torre Annunziata, a Castellammare e comunque saltano un sacco di fermate. Chi non lo sa rischia di restare prigioniero fino alla prima stazione utile.

Insomma per risolvere il problema del sovraffollamento sui vagoni semplicemente si costringe di fatto la gente a non spostarsi, a non usufruire di un servizio pubblico. Niente treni diretti per Sorrento dalle 9 alle 16, niente folla, niente orde di fastidiosi bagnanti popolari: semplice, no?
Queste le scelte finora adottate dall’azienda regionale di trasporto Eav, da cui dipende anche la Circumvesuviana.

Così, tra ordinanze restrittive dei Comuni e pseudo-organizzazione ferroviaria (i treni in circolazione sono pochi e pessimi), migliaia di persone meno abbienti, che in tempi di coronavirus potrebbero trarre giovamento dal sole e dall’aria marina, vengono semplicemente tagliate fuori da qualsiasi elementare diritto, trattate come plebe fastidiosa, brutti sporchi e cattivi da rinchiudere in casa. Ce n’è abbastanza per animare una delle popolari dirette del presidente della Regione, Vincenzo De Luca.

Sarebbe opportuno che, tra i tanti temi energicamente sollevati, affrontasse anche questo. De Luca è stato molto efficace quando si trattava di fare rispettare i divieti. Ci si aspetta che sia altrettanto bravo a gestire la fase più difficile, quando le limitazioni per il distanziamento non possono non salvaguardare i diritti di tutti. Chi può permettersi di pagare dai trenta euro in su per due lettini, chi possiede una seconda casa o fa le vacanze in albergo, viene accolto a braccia aperte. E gli altri che fine fanno?

Chilometri di litorale in Campania sono stati privatizzati concedendo ai gestori dei lidi di versare canoni demaniali irrisori. Ormai si paga quasi dovunque. In queste proporzioni abnormi succede solo qui. Ma chi ha il potere di vietare l’accesso alla battigia? Il mare è proprietà di qualcuno? Nessuno controlla, nessuno interviene sui prezzi schizzati alle stelle. Pochi Comuni si pongono il problema di attrezzare spiagge libere e civili, con bagni e docce, ben servite dal trasporto pubblico, per chi non può permettersi altro. Le poche disponibili sono carnai sotto il sole. Ecco un grande tema di interesse collettivo.

Gli articoli e il videoreportage dei nostri Tiziana Cozzi e Riccardo Siano hanno efficacemente denunciato il problema. Gruppi di ragazzi e famiglie, giunti da Napoli in Circumvesuviana a Meta di Sorrento dopo un viaggio allucinante (un’ora e mezza senza aria condizionata, ben 16 fermate saltate dal treno senza preavviso) sono stati “accolti” dalla Guardia di Finanza con i cani antidroga, dai vigili urbani schierati nella stazione e dal sindaco Giuseppe Tito in persona. Il benvenuto che di solito si riserva ai delinquenti. Gli sgraditi ospiti sono stati tutti “invitati” – si fa per dire – a riprendere il treno e a tornarsene a casa. Con quale autorità? Chi può deciderlo? I podestà di paese?

Disciplinare l’accesso al mare in base alle regole di sicurezza significa chiudere le città? Buttare fuori chi non ha i soldi per pagare a caro prezzo un lettino o per permettersi un albergo o una casa? Il fatto che le spiagge siano proibite conferisce anche il potere di spedire la gente indietro come un pacco postale? E se qualcuno desiderava solo fare una passeggiata? Dopo l’Italia delle “repubblichette regionali” rischiamo ridicoli “paesi-staterello” con proprie leggi sul territorio. Ma nessuno nel dopo Covid può vietare la mobilità o la libera fruizione del mare. Esistono certamente soluzioni organizzative migliori e più giuste – sia pure nelle oggettive difficoltà del momento – per tenere insieme diritti e doveri collettivi, nel rispetto delle regole, delle persone e delle libertà individuali. E tutti, Regione – Comuni, aziende pubbliche, gestori dei lidi – sono chiamati a dare risposte complesse, eque, efficaci. Oltre i semplici, brutali divieti.

di Ottavio Ragone

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