A Sorrento teologia e filosofia in dialogo

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A Sorrento teologia e filosofia in dialogo. Oggi avrò il grato compito di moderare il professore Aldo Meccariello su «“Città sul Vesuvio”. Alcune riflessioni su Friedrich Nietzsche». Scienza e fede, teologia e filosofia in dialogo, fecondo connubio nato da quando l’uomo s’inchinò al primo fulmine. Anche la scienza cerca la verità ultima, non maneggiando idee, concetti, parole, ma usando numeri, formule, equazioni, potenze. La scommessa della scienza è di scoprire la chiave capace di aprire tutte le porte, fino all’ultima che custodisce il numero d’oro, la formula finale, la legge che chiarisce e svela l’ultima incognita. Ecco perché la Chiesa non si sente insidiata dalla scienza: perseguono infatti lo stesso obiettivo. Non a  caso Leibnitz scrisse che «quando Dio cantò, cantò l’algebra», era un filosofo ma anche uno scienziato. La Chiesa diffidava di quei filosofi scienziati che potevano manovrare due pedali del pensiero, escludendo dal circuito il pensiero teologico che ha Dio non come ricerca ma come premessa cui il pensiero dovrà comunque arrivare. Desidero fare una precisazione, io diffido di quei credenti che pensano di aver raggiuto la Verità ultima e si adirano se qualcuno contesta la loro certezza. Si amareggiano, si sentono defraudati, esorcizzano il dubbio insultando l’interlocutore. Ma così facendo rendono ancora più incerta e labile la certezza che credono di avere raggiunto, sulla quale è molto difficile poter riposare usando soltanto le categorie della ragione. Per dare ragione di quella certezza non c’è altra via che dimostrare la propria fede. Senza dover patteggiare con la ragione, né farla sua ancella, perché la ragione nel proprio campo non può essere ancella di nessuno, né accettare presupposti che limitino il suo ragionare[1]. La scienza  non è né atea  né cattolica, musulmana o protestante. Ricordava papa Francesco che «la fede non limita mai l’ambito della ragione, ma lo apre a una visione integrale dell’uomo e della realtà, preservando dal pericolo di ridurre la persona a “materiale umano”»[2]. Vi faccio un esempio per meglio spiegarmi. Un prete indonesiano dice Messa a un gruppo di famiglie e nella predica racconta una favola che gli raccontava sua mamma quando lui era piccolo: «C’era una volta un uomo di statura molto bassa che decise di intraprendere un lungo viaggio per cercare Dio. Un giorno, mentre se ne andava in giro per il mondo, il piccolo uomo cadde in una buca più alta di lui. Così cominciò a cercare aiuto alla gente che passava di lì, ma nessuno si fermò, tranne Gesù. Il quale scese nella buca, si inginocchiò, fece salire sulle sue spalle l’omino e questi saltò fuori». Ecco la filosofia ci dice il ragionamento utile di Gesù, ma il prete di un paese di 234 milioni di abitanti il 99 per cento dei quali musulmani, concluse: «Solo adesso capisco il senso della favola che mi raccontava mia madre: la salvezza non è uno sforzo, ma riconoscere una presenza che c’è. Perché c’è». «Non esiste filosofia senza virtù, né virtù senza filosofia. La filosofia non è per conseguenza altro che lo studio che ha la virtù per fine»[3]. L’uomo s’inchinò al primo fulmine, ho scritto ma, «La civiltà ebbe inizio quando per la prima volta l’uomo scavò la terra e vi gettò un seme. La religione ebbe inizio quando l’uomo capì che il sole aveva pietà per quei semi che egli aveva piantato nella terra. L’arte ebbe inizio quando l’uomo cominciò a glorificare il sole con l’inno della gratitudine. La filosofia ebbe inizio quando l’uomo mangiò ciò che la terra aveva prodotto e soffrì d’indigestione» (K. Gibran). Anche la filosofia con le sue conquiste resta una fonte per il teologo, ma non certo la fonte primaria. Cosicché ragione umana, filosofia e storia, sono integrate nei locis theologicis, ma come loci alieni, a dimostrazione del fatto che essi aiutano la teologia nella sua speculazione, ma in nulla possono “oscurare” i loci proprii della teologia e, soprattutto i propria et legittima theologiae principia, vale a dire Sacra Scrittura e tradizioni orali degli Apostoli. Gli stessi teologi, fin dall’epoca patristica, avevano ben chiaro che i limiti del sapere filosofico, essendo limitata la ragione umana, sono strutturali e usano la filosofia come supporto al loro procedere e come “veste”, ma il cuore della loro dottrina è cristico[4]. Possiamo essere cristiani, possiamo essere filosofi, ma innanzitutto dobbiamo essere uomini!

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