Sorrento, quasi 90% di turisti in meno dagli aeroporti rispetto al 2019. Federalberghi: “Riaprire per amore del territorio”

«Riaprire è un atto di amore verso il nostro mestiere e verso questo territorio», queste le parole di Costanzo Iaccarino, presidente di Federalberghi della Campania che Nando Santonastaso riporta nel suo articolo per Il Mattino. Domani, giovedì, riparte il suo Tramontano di Sorrento, uno dei luoghi simbolo della storica vocazione turistica della città ma a ranghi ridotti, per così dire. Il 50% del personale e pochissime prenotazioni, sperando di fare il pieno almeno a luglio e ad agosto. Ovvero, che gli stranieri tornino perché senza di loro sarà impossibile anche garantire ai lavoratori stagionali del settore (30mila nella sola costiera sorrentina, più di un terzo impegnati nel solo ramo alberghiero) l’accesso ai sussidi previsti per i mesi di fermo. Lui, Iaccarino, non ha previsto divisori in plexiglas ma l’applicazione alla lettera di tutte le norme per la sicurezza di ospiti e personale, dal controllo della temperatura al rispetto delle distanze. Sono atti dovuti ma anche notizie importanti per chi dall’estero continua a guardare all’Italia come alla meta preferita delle proprie vacanze. Basteranno a salvare almeno il salvabile di questa stagione?

Lo scetticismo per ora la fa da padrone pressoché assoluto. Federalberghi ha appena reso noto che quasi un terzo degli alberghi italiani non riaprirà a giugno, considerato evidentemente un mese morto come un tempo potevano esserlo quelli invernali nelle località marine. E l’Enit, l’Ente nazionale per il turismo, concorda: «Sarà un’estate molto pesante per il turismo in Italia» dice il presidente Giorgio Palmucci. Che da buon ottimista cerca però anche di vedere il bicchiere mezzo pieno: i primi segnali in arrivo ad esempio dal turismo incoming tedesco, con prenotazioni da Germania e Austria. «Ci auguriamo che ci siano anche i volumi per la ricettività delle strutture alberghiere ed extra alberghiere: è importante perché dalla Germania arriva il 30% del turismo internazionale limitrofo», sottolinea. È probabile, peraltro, che con l’apertura da lunedì scorso delle frontiere italiane con molti Paesi dell’Area Schengen si registrerà un aumento delle prenotazioni. E lo stesso si spera dall’1 luglio, quando scatterà il via libera, comunque graduale e parziale, con i Paesi extra Schengen. Ma sfiorare almeno i grandi numeri degli ultimi due anni sembra oggettivamente impensabile. «Nel 2018 e nel 2019 abbiamo avuto due annate eccezionali, l’anno scorso abbiamo registrato 430 milioni di pernottamenti, la metà italiani e l’altra metà esteri – ricorda Palmucci -. Solo lo scorso anno gli stranieri hanno speso 46 miliardi di euro in Italia e gli italiani 27 miliardi all’estero: quest’anno i nostri connazionali in larghissima parte resteranno in Italia, quindi speriamo che una parte delle perdite potrà essere compensata dal turismo domestico. E pensare che il 2020 è l’anno della cultura e del turismo Italia-Cina…».Addetti ai lavori e operator del settore provano a battere questa pista con coraggio, ma anche in mezzo a mille incertezze. Dice Giuseppe Roma, già direttore del Censis, sociologo e presidente del think thank Rur (Rete urbana delle rappresentanze): «Fare appassionare gli italiani all’Italia dev’essere l’obiettivo del turismo in questa fase. I 27 miliardi spesi dagli italiani all’estero nel 2019 provengono soprattutto dal Nord, il 42,1% in particolare dal Nord ovest, e di questi il 30% sono lombardi: recuperare la domanda interna almeno per 13-14 miliardi significa convincerli a restare in Italia, magari a scoprire oltre a mare e montagna anche l’offerta dei piccoli borghi».

Per ora siamo ancora ai rimpianti. Nel senso che, come emerge dal dossier Rur appena presentato, nel solo periodo marzo-maggio con il lockdown da Covid-19 l’industria del turismo italiano (il 13% del Pil nazionale) ha perso complessivamente, fra italiani e stranieri, 29,4 milioni di turisti, pari al 23% del totale annuo. «Tradotto in presenze, si tratta di 81 milioni di pernottamenti (18,5% del totale)», spiega il rapporto. Del resto in Italia gli stranieri rappresentano la metà della domanda turistica: nel 2019 sono stati 64,5 milioni gli arrivi, pari al 49,5% del totale e 220 milioni i pernottamenti, pari al 50,6% del totale. «La prevedibile drastica riduzione del turismo proveniente all’estero intaccherà pesantemente l’ingente volume di spesa che i viaggiatori stranieri effettuano in Italia. Considerando la situazione dei Paesi di origine, che tiene lontani i flussi intercontinentali (specie da Stati Uniti e Cina) e rende incerti quelli europei, a stagione ormai iniziata, si stima una caduta del 64% della spesa complessiva dei viaggiatori stranieri su base annua, pari a una prevedibile perdita di 28 miliardi di euro, di cui 10 già evaporati nel lockdown», insiste la Rur.Sono numeri impressionanti che nei singoli territori diventano ancor più angoscianti. «Non ci sono solo gli alberghi ma anche i ristoranti e le tante piccole e medie attività che ruotano ogni giorno attorno ai turisti stranieri» ricorda opportunamente Iaccarino. Un’economia di servizi, affidabili e spesso familiari, che rischia semplicemente di sparire. A Sorrento già si teme per il mancato arrivo degli inglesi, tradizionali appassionati della costiera e si dà per scontato che di americani se ne vedranno ben pochi alla luce della pandemia in atto ancora negli Usa. Non a caso l’analisi delle prenotazioni aeroportuali di giugno e luglio, pur registrando per l’Italia un valore superiore a quello degli altri competitor europei (235mila passeggeri prenotati contro i 231mila della Spagna e i 193mila della Francia), ci assegna la maglia nera del maggior calo rispetto al 2019: ben l’87,1% in meno. E meno male che siano sempre il Paese più gettonato al mondo per viaggi e turismo.

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