Sorrento. Boxlandia: “Illegittimità macroscopica”

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Sorrento. Boxlandia: “Illegittimità macroscopica”. “Assoluta e macroscopica illegittimità del permesso a costruire”. Usano parole forti i giudici della Corte d’Appello di Napoli nelle motivazioni del processo di Boxlandia. Secondo quanto scrive Salvatore Dare nell’edizione odierna di Metropolis, i magistrati hanno confermato le condanne dei due commissari ad acta della Provincia di Napoli, Lucio Grande e Dario Perasole: si tratta dei funzionari che rilasciarono l’autorizzazione. Il progetto prevedeva un’autorimess interrata con 252 box auto nel giardino di vico III Rota di proprietà dell’avvocato Adriano Bellacosa, assolto nel processo nel quale le associazioni Wwf Terre del Tirreno e Verdi ambiente e società si sono costituite parte civile con gli avvocati Giovanbattista Pane e Giovanni Pollio.

Rispetto alla sentenza di primo grato, la Corte d’Appello ha riformato il primo verdetto. Inizialmente venne condannato pure Bellacosa, ora assolto. Motivo? I giudici riconoscono l’interesse economico che l’avvocato poneva nella realizzazione dei box auto. Ma evidenziano che quattro anni prima del permesso firmò procure all’impresa Edilgreen che si occupò di richieste, istanze e progetti. Una figura sfumata.

Diverso il discorso per Grande e Perasole (condannati a un anno e otto mesi). Entrambi “hanno rilasciato il permesso in violazione del Put, del Prg e del Puc – scrivono i giudici – Nella zona oggetto dell’intervento potevano essere realizzati solo parcheggi pubblici a rotazione ed era vietata l’edificazione a scopo residenziale”. Per i magistrati, Perasole e Grande non hanno chiesto relazioni dell’ufficio tecnico di Sorrento “omettendo qualsiasi riferimento al parere negativo della commissione edilizia e non hanno indicato la documentazione allegata al permesso”. Non solo: “Non è stata attivata alcuna procedura per ottenere una deroga agli strumenti urbanistici che non poteva neppure essere concessa. Lo stesso permesso – proseguono i giudici – attesta falsamente la conformità delle opere con gli strumenti urbanistici esistenti”. Ai magistrati non sfugge neppure “il breve lasso di tempo intercorso tra l’insediamento dei commissari e l’adozione di un atto dal tenore contrario a quelli in precedenza rilasciati dal Comune. Grande e Perasole non hanno svolto alcuna istruttoria”. E per l’accusa di falso? “Neppure ricorrevano i presupposti per la nomina dei commissari ad acta – chiudono i giudici – Il Comune non era rimasto inerte ma aveva risposto ad Edilgreen che non poteva provvedere perché gli atti della pratica erano stati acquisiti dalla Procura di Torre Annunziata. Ciononostante Grande e Perasole hanno accettato l’incarico ed hanno rilasciato il permesso senza alcuna valutazione degli atti ed attestano falsamente la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici vigenti”.

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