Paestum (SA). Incontro con Pierpaolo Lista, a cura di Rita Felerico. foto

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    Segnalazione di Maurizio Vitiello – Riceviamo e, volentieri, pubblichiamo il dialogo tra la giornalista Rita Felerico e l’artista Pierpaolo Lista.

    Breve bio-scheda di Pierpaolo Lista:
    Pierpaolo Lista è nato a Salerno 1977. Vive a Paestum e lavora tra Napoli e Milano. Il primo linguaggio visivo che ha utilizzato, è stato la pittura. Dopo aver indagato diversi materiali, ha scelto come supporto pittorico il vetro. Lavora sul retro della lastra vitrea con pennellate, graffi e incisioni sulle campiture di colore. Nel 2007 intraprende anche un percorso fotografico. Per realizzare le immagini, ricostruisce nel suo studio una realtà fittizia popolata da oggetti realizzati con materiali poveri (carta, ferro filato, spago). Il suo lavoro è una prassi di ricostruzione di scenari disabitati, ambientazioni scarnificate, riproduzione di oggetti rappresentati da linee essenziali. Le sue immagini nascono dalla manipolazione di archetipi narrativi, immagini mentali, flash visivi. Negli ultimi anni realizza anche video e installazioni.

    INCONTRO CON PIERPAOLO LISTA
    di Rita Felerico

    Pierpaolo Lista, salernitano, classe 1977, vive a Paestum e lavora tra Napoli e Milano, la sua carriera artistica è costellata di successi e presenze significative in personali e collettive o all’interno di diversi percorsi di ricerca e progettuali. Lavora su materiali minimi, con la fotografia (Gillo Dorfles la definisce “fotografia concettuale“) teli, ferro e dipinge sul cristallo, o meglio sul retro di un cristallo o di un vetro visarm. Il successo di pubblico e critica (di lui hanno scritto fra gli altri oltre a Dorfles, Angelo Trimarco, Mariangela Calisti, Antonello Tolve) su instragram, sui social rivela sempre e seppure nei diversi linguaggi il suo modo di “fare arte”, profondamente immerso in sensazioni e atmosfere che definirei proustiane. Il gioco della memoria, dei riflessi della materia che sembrano ritmare il tempo interiore, delle immagini che definiscono uno spazio ‘dentro’, dove si gioca la vita di chi crea e di chi guarda, come in un teatro del cuore, sembrano condurci nel racconto della nostra esistenza emozionale, dove si fondono i segni del passato e del presente. Non è duro il suo rapporto con un noi: alla crudezza di un messaggio dato così come è, si dona da parte di Pierpaolo piuttosto il desiderio di un confronto che non si dipani necessariamente in ferite irrimediabili. Siamo e ci ritroviamo, sembra suggerire. Dialogare con lui dopo l’esperienza della pandemia, periodo durante il quale non ha mai smesso di “creativizzare” – e diremo più avanti come – ci è sembrato naturale, in seguito alla necessaria riflessione sul tempo, sul sé che bene o male abbiamo tutti compiuto. La quarantena Pierpaolo l’ha trascorsa nella sua casa/studio, il “io resto a casa 2020” l’ha trasformato pensando e dando vita a un progetto di condivisione sostenuto dalla Galleria Milano, dove collabora e lavora. Parliamo di condivisione, anche se ci troviamo a parlare tramite lo schermo, perché lo schermo può facilitare e favorire dei canali di comunicazione, ma la presenza, la conoscenza, lo scatto di comprensione e di apertura all’altro non può non avvenire se non in presenza, pensiero sostenuto da Pierpaolo anche in una recente intervista. Il suo progetto vuole superare il limite internet. L’iniziativa di Galleria Milano alla quale Pierpaolo si aggancia, con i suoi curatori (Toni Merola, Nicola Pellegrini, Bianca Trevisan) invita gli artisti a partecipare a una iniziativa di Autoprogettazione, riprendendo un’idea di Enzo Mari del 1974. Mari tendeva essenzialmente anche lui a coinvolgere artisti, designer e semplici fruitori a cimentarsi nella realizzazione, nell’auto-progettazione di un’opera d’arte seguendo delle istruzioni da lui indicate. Pierpaolo propone di partire dalla casa, un po’ simbolo di questo corona, casa come riscoperta del nostro sentire dentro, ritorno ad una dimensione di intimità, invitando tutti a reinterpretare la casa/simbolo secondo un personale modo di viverla e concepirla. Vi sono ben 200 progetti/case – consultabili su Instagram – dai quali partire per una riflessione /post. Ma vorremmo sapere da Pierpaolo dell’altro.

    RF – Quali erano le opere e i progetti che avevi in cantiere prima del Covid-19 e che hai in qualche modo dovuto interrompere? Li riprenderai, li trasformerai?
    PL – L’emergenza sanitaria ha, inevitabilmente, creato difficoltà nella normale attuazione di alcuni progetti lavorativi. Nel mese di aprile, infatti, avrei dovuto inaugurare una personale in una galleria partenopea. Naturalmente il periodo di lockdown non ha consentito l’organizzazione e l’apertura dell’esposizione che è stata posticipata ad autunno. Non ho, però, interrotto la mia produzione artistica, ho continuato a lavorare ai progetti già definiti e mi sono dedicato allo sviluppo di nuovi.

    RF – Le criticità sono sempre dei momenti di evoluzione, di rimodulazione. Nella nostra società contemporanea – in perenne crisi – abbiamo quasi dimenticato la forza ‘rivoluzionaria’ e positiva che trascina con sé la crisi. Questa esperienza ci ha in qualche modo riavvicinato al suo significato primario?
    PL – Rispondo a questa domanda prendendo in prestito il pensiero di Albert Einstein manifestato nella “Lettera sulla crisi” in cui scriveva:
    “La crisi può essere una grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi …
    Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia.
    Senza crisi non c’è merito. E’ nella crisi che emerge il meglio di ognuno, perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze.”
    E’ vero. La forza rivoluzionaria e positiva che trascina con sé un periodo di crisi, nella nostra società contemporanea si è affievolita. La crisi è diventata una condizione subita sia sul piano economico che su quello psicologico. A volte è necessario uno stimolo esterno per poterci risvegliare e attivare. Con i propri mezzi e le proprie capacità gli individui e la società devono cercare di guardare oltre i momenti di difficoltà, sottolineare le opportunità di crescita, di riflessione e trarne degli insegnamenti.

    RF – Della vita – si sa – non si riesce mai a dare una definizione completa, se non magari contrapponendola al suo contrario. Il tuo percorso artistico sembra -a mio avviso- cogliere e raccontare spesso, caratterizzandolo, questo momento di confronto, rendendolo visibile nella ‘invisibilità’ della materia. Condividi questo mio sentire? E se sì hai in mente nuovi modi di espressività in questo senso?
    PL – Ogni realizzazione mi aiuta a conoscere e manifestare un po’ più me stesso. Mediante i miei lavori esprimo il mio mondo interiore, la mia logica e il mio sentire cercando di renderlo decifrabile con il mio linguaggio. Credo che l’arte non sia separabile dalle fasi storiche e di conseguenza la mia espressività è legata, consapevolmente o inconsapevolmente, agli eventi che coinvolgono la mia vita e percorrono la nostra esistenza.

    RF – Come pensi si debba vivere l’arte e in genere la sua fruizione in una società dove lo scontro maggiore sembra essere fra individuo e moltitudine?
    PL – L’arte è una forma di linguaggio che l’uomo utilizza per comunicare emozioni, pensieri e sensazioni. L’arte attiva, il confronto ideologico, apre i vari soggetti – siano essi autori, osservatori o fruitori – all’emozionalità il cui processo, a sua volta, è aperto e stimola esperienze comunitarie.

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