CEI. Papa Francesco all’oscuro del comunicato anti-gay dei vescovi

È stata una mossa subdola, quella compiuta mercoledì dalla Cei. Un blitz in piena regola volto a commissariare ed esautorare papa Francesco. Del comunicato di disapprovazione delle leggi contro l’omotransfobia, difatti Bergoglio è stato tenuto all’oscuro. Nessuno lo ha avvertito. Ma come se non bastasse la Cei si è spinta oltre. Non solo ha agito alle spalle del Pontefice, ma ha lasciato subdolamente intendere che quel comunicato fosse stato emesso con l’imprimatur del Papa, riportando le sue parole. Parole, quelle che tutti abbiamo letto, che in realtà il Papa non ha mai pronunciato, in merito alla questione dell’omotransfobia. Ma a proposito delle rivolte contro il razzismo negli Stati Uniti. Parole che sono state dunque manipolate, come vedremo, e utilizzate surrettiziamente fuori contesto. Un falso con il timbro della Cei. Ma ripercorriamo i fatti.

La Cei (Conferenza episcopale italiana) ha pubblicato mercoledì un comunicato preventivo. Ineccepibile sul piano del principio di fondo: no alle discriminazioni. Sulla sostanza meno, quando andiamo a leggere bene il testo, rilevante per due aspetti. Il primo: si riferisce alle proposte di legge attualmente in corso di esame presso la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati contro i reati di omotransfobia, notando che «per questi ambiti non solo non si riscontra alcun vuoto normativo, ma nemmeno lacune che giustifichino l’urgenza di nuove disposizioni». «Anzi, un’eventuale introduzione di ulteriori norme incriminatrici rischierebbe di aprire a derive liberticide, per cui – più che sanzionare la discriminazione – si finirebbe col colpire l’espressione di una legittima opinione, come insegna l’esperienza degli ordinamenti di altre Nazioni al cui interno norme simili sono già state introdotte. Per esempio, sottoporre a procedimento penale chi ritiene che la famiglia esiga per essere tale un papà e una mamma – e non la duplicazione della stessa figura – significherebbe introdurre un reato di opinione. Ciò limita di fatto la libertà personale, le scelte educative, il modo di pensare e di essere, l’esercizio di critica e di dissenso».

Tuttavia a ben guardare i vescovi mettono le mani avanti, considerando che i progetti di legge in Parlamento sono cinque, abbastanza diversi tra loro. Una proposta (deputato veneto Pd Alessandro Zan primo firmatario) interviene sul 604 bis e ter del Codice penale integrando fra i casi di discriminazione quelli legati a «orientamento sessuale» e «identità di genere» vietando la formazione di enti che perseguano le stesse finalità discriminatorie, allargando a questi casi le circostanze aggravanti. Un’altra proposta è stata depositata dall’esponente di Italia viva Ivan Scalfarotto, con la firma di molti deputati del Pd e di alcuni firmatari anche della proposta Zan. Un consistente numero di adesioni, in area M5s, va alla proposta del pentastellato Mario Perantoni, in chiave anti-discriminatoria. Poi si è aggiunta una stringata proposta della deputata di Forza Italia Giusi Bartolozzi, mentre due anni fa se ne sono occupati – quinta proposta – Laura Boldrini e Roberto Speranza. Il rischio, secondo la Cei, è l’introduzione surrettizia di una sorta di reato di opinione che penalizzi il ruolo della famiglia previsto dalla Costituzione.Il Papa: «“Nulla si guadagna con la violenza e tanto si perde”, sottolinea Papa Francesco, mettendo fuorigioco ogni tipo di razzismo o di esclusione come pure ogni reazione violenta, destinata a rivelarsi a sua volta autodistruttiva». Ebbene, la citazione è incompleta e soprattutto fuori contesto. Papa Francesco si riferiva al razzismo e alle proteste negli Usa.

Ecco il suo testo completo: «Non possiamo tollerare né chiudere gli occhi su qualsiasi tipo di razzismo o di esclusione e pretendere di difendere la sacralità di ogni vita umana. Nello stesso tempo dobbiamo riconoscere che la violenza delle ultime notti è autodistruttiva e autolesionista. Nulla si guadagna con la violenza e tanto si perde».

Ci si muove, insomma, dal fatto storico (le violenze in questi giorni) al piano normativo, in maniera tutto sommato non appropriata. Ha commentato il costituzionalista Stefano Ceccanti: «il legislatore ha il dovere di scrivere norme che puntino soprattutto sulla prevenzione in termini culturali, che non solo non siano tali da imporre una visione rispetto ad altre (che tendano cioè a reprimere idee non connesse a un effettivo pericolo di alimentare comportamenti inaccettabili), ma che neanche possano darne l’impressione». Da parte della Cei si è evidentemente voluto lavorare in anticipo, senza considerare che nella presente situazione italiana i temi di attualità sono piuttosto legati all’emergenza economica e sociale.

Per la seconda volta in poche settimane – dopo il comunicato del 26 aprile contro il blocco delle messe – la Cei interviene in maniera critica (stavolta anche criptica) su temi di salute e legislazione, scomodando il Papa, per rimetterlo al centro della politica italiana. Tuttavia proprio Bergoglio aveva decretato la fine dell’era Ratzinger-Bertone quando il secondo, allora segretario di stato, avocava a sé il rapporto con il governo italiano esautorando di fatto la Cei. Adesso la Cei avoca a sé il Papa, esautorando la linea di Francesco di delega alla stessa Cei.

Fonte: Il riformista

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