Atrani. La grotta di Masaniello e le nuove scoperte in un interessante studio del geologo Vittorio Di Benedetto

Riportiamo lo studio del Geologo Vittorio Di Benedetto sulla grotta di Masaniello ad Atrani pubblicato sulla pagina Facebook del Santuario Santa Maria del Bando.

La grotta di Masaniello e le nuove scoperte
Il territorio di Atrani è racchiuso a levante e ponente da due versanti aperti verso il mare a forma di ∆, strapiombanti e profondamente incisi dalla valle del Dragone in uno scenario naturale di incomparabile attrazione. L’insediamento umano ha mostrato netta tendenza a concentrarsi nella zona più bassa ma non sfuggendo del tutto alle avverse condizioni morfologiche . Mentre il versante di levante si presenta a strapiombo, quello di ponente ha conservato una morfologia con spronetti aggettanti e isolati dove si sono formati piccoli ripiani. Su uno di questi a 130 m circa s.l.m. sorge, quasi sospeso, il Santuario di Santa Maria del Bando è, praticamente a medesima quota, a breve distanza in linea d’aria la grotta di Masaniello, parte integrante del patrimonio della chiesa. In quest’area, a seguito dei lavori di bonifica, sono ritornate alla luce, con sorpresa, nuove grotte e forme di erosione e sedimentazione carsica.
Terminologia geologica
Calcite: minerale diffuso in tutte le località, è un carbonato di calcio CaC03. Se puro, appare limpido e incolore, per la presenza di impurità assume colorazioni bianche, giallo ,rosee e brune.In un litro di acqua pura a 20”C si sciolgono solo 10 mg. Oltre alle stalattiti e stalagmiti, costituisce molte altre formazioni di origine carsica meno appariscenti.
Dolomite : minerale scoperto dal chimico francese Dolomieu nelle Dolomiti, è un carbonato doppio di calcio e magnesio CaMg(C03)2. Insolubile in acqua, incolore, assume colorazione giallognola se impura.
Calcari : vasto gruppo di rocce sedimentarie costituite da un tenore di carbonato di calcio non inferiore al 80%. E’ presente, in forma interstratificata, anche la dolomite,in percentuale inferiore al 50% costituendo i calcari dolomitici affioranti in massa ad Atrani e costiera . La loro formazione è avvenuta nel periodo giurassico ( cfr) su un fondo marino le cui acque avevano una temperatura più alta di quella attuale. L’origine è dovuto all’accumulo di conchiglie, gusci di animali e soprattutto alghe in grado di incrostarsi di carbonato di calcio La loro presenza indica una profondità dove è ancora possibile la fotosintesi clorofilliana, un resto fossile di esse si può osservare su un blocco dell’ultima rampa di scale verso S.M. Maddalena.
Giurassico: il termine è stato dato dal geologo von Humboltd 1795 riferito alla catena montuosa del Giura in Francia. Cronologicamente indica un periodo della storia naturale della Terra compreso tra 195 e 135 mln di anni. La geologia è una scienza che non sa dare un’età ai fenomeni naturali avvenuti nella crosta terrestre, può accertare solo se un evento scritto nelle rocce è antecedente o posteriore a un altro (cronologia relativa), le durate temporali assolute sono determinate con lo studio dei fenomeni radioattivi, le cui stime presentano una certa variabilità (incertezza). Le rocce che affiorano ad Atrani hanno età tra 195 e 180 mln di anni, mentre dalla grotta di S.Francesco a Maiori fino a Vietri le rocce sono più antiche di circa 20 mln di anni.
Pliocene e Pleistocene: il Pliocene è l’ultimo periodo dell’era terziaria e significa fauna più recente, termina circa 1,8 mln di anni fa. Pleistocene indica fauna molto recente, in successione al Pliocene inizia l’era quaternaria. Tra la fine del Pliocene e l’inizio del Pleistocene i Monti Lattari hanno subito una serie di trasformazioni profonde, compreso il carsismo.
Acido carbonico: H2C03, non esiste libero in natura, si forma quando l’anidrite carbonica C02 si scioglie nell’acqua atmosferica o del suolo. La reazione di base è semplice : C02 + H20 H2C03 avviene in determinate condizioni di bassa temperatura e pressione più alta. La calcite nelle rocce calcaree reagisce con quest’acido formando il bicarbonato di calcio Ca(HC03)2 molto solubile
Carsismo: carso in termini istriani significa “rupe” con particolare morfologia. Il fenomeno più comunemente interessa le rocce calcaree e dolomitiche attraversate da una rete di fenditure dove l’acqua circola con una certa facilità quanto più larghe sono le fenditure
Stalattite : “ stilla” d’acqua con cui si forma, in condizioni ideali, un cono bianco di cristalli di calcite con base legata alla volta. Stalagmite, “goccia che rimbalza” è una colonna di calcite che cresce verso l’alto nella direzione della stalattite. Le stalattiti sono formate da cristalli di pura calcite, il cui atomo di C14 potrebbe essere utile per il calcolo dell’età assoluta della formazione. In costiera esiste un deposito di questo tipo, ma non disponibile
Morfologie carsiche
1) La grotta di Masaniello.
Questa storica grotta è costituita da una singola cavità assimilabile a un ellissoide il cui asse maggiore è leggermente inclinato verso sinistra (foto n 1) , dove affiora un banco calcareo-dolomitico che, più resistente all’azione di dissoluzione chimica, ha limitato la crescita della cavità verso il basso. La superficie rocciosa interna presenta un aspetto spigoloso e scheggiato, non arrotondato per la resistenza della dolomite. La roccia è attraversata da fratture di modesta lunghezza (leptoclasi) che si intersecano frazionandola in elementi sporgenti e angolosi, a separazione precostituita, che hanno avuto un ruolo sulla formazione di strutture carbonatiche accessorie. La fenomenologia carsica si è manifestata con la formazione di stalattiti, più o meno affusolate (foto n° 1), ricche di concrezioni e noduli che le conferiscono un’asimmetria e un’apparente torsione. Lo sviluppo di queste forme è stato pregiudicato da fattori non di ordine chimico (forza di cristallizzaziome), ma da correnti d’aria e vibrazioni, per cui l’apporto esterno di carbonato di calcio è stato maggiore su uno dei fianchi della concrezione la quale non è cresciuta lungo un asse verticale in modo simmetrico per formare strati concentrici di cristalli di calcite ad anello.,
Le irregolarità sulla superficie della volta hanno favorito depositi e concrezioni calcitiche nodose a forma irregolare, allungate verso il basso a causa della forza di gravità (fig 1) costituendo pseudo-stalattiti . Sul lato destro dell’ingresso si rileva una formazione stratiforme che, con una base più larga, si eleva di qualche metro fino al calpestio con un fianco inclinato rivolto verso l’esterno ricco da incrostazioni calcaree che ne mascherano l’originaria morfologia. Questo elemento termina con due forme colonnari di differente dimensioni, più o meno tozze, simili a stalagmiti. Si possono formare depositi stalagmitici senza la corrispondente stalattite: ciò avviene quando la circolazione idrica nelle fratture del soffitto è rapido e le gocce non hanno il tempo di depositare il carbonato ai bordi dei condotti. Proseguendo nell’interno si ergono due grandi forme stalattitiche che sono un residuo dell’erosione chimica lungo piani di frattura verticali.
Può accadere che le stalattiti possono cadere per il peso eccessivo o per vibrazioni amplificate dalla cavità che ha agito come cassa armonica, non sono stati rinvenuti pezzi di stalattiti caduti dalla volta, anche per la limitata e accidentata morfologia basale.
Il sistema delle grotte inferiori
Sottostanti al banco calcareo-dolomitico si è sviluppato un sistema di grotte e cavità che, pur appartenendo alla medesima formazione rocciosa, si è modellato in tempi e modalità differenti (foto n° 1 ). La struttura è composta da due vani, il ramo di destra ha dimensioni maggiori rispetto a quello di sinistra posto a quota di poco al di sotto (fg. 2). In prossimità del primo vano, prima dell’ingresso si estende una parete rocciosa rivestita da depositi di scorrimemto parietale racchiusa e sagomata ad arco a tutto sesto, forse un tentativo embrionale, a parere dello scrivente, da parte dei cenobiti di completare un progetto più esteso. Lo strato di incrostazioni con colore tendente al marrone, potrebbe essere esaminato per un eventuale accertamento della presenza di colorazioni dell’epoca dell’insediamento. Sotto una cavità minore si notano stalattiti sottili come druse aciculari, cresciute in modo simile a canne d’organo (foto n° 2). La genesi di queste delicate forme dipende da un lento stillicidio di rivoletti e filetti allineati su un’unica lesione
Il primo vano ha una forma grosso modo triangolare (foto n° 3) con un punto d’altezza di 3,20 m, larghezza di 4,10 m con profondità superiore a 8 m. L’azione di dissoluzione chimica si è manifestata con varie forme di cavità anche di dimensione del mc , con stalattiti nodose e protuberanze determinate non dalla forza di cristallizzazione, ma dalle condizioni dell’ambiente di precipitazione non tranquillo, compreso la circolazione di correnti d’aria. Le pareti sono rivestite da strati di calcite che hanno cancellato le preesistenti spigolosità della superficie rocciosa, le concrezioni hanno la forma di panneggio, marcato da creste arrotondate e solchi di corrosione verticali.
Sul lato destro si elevano dal pavimento depositi stalagmitici (foto n° 4) con una varietà di stili geometrici a profilo conico con concrescimenti di grossi noduli arrotondati. La fase iniziale di crescita è avvenuta su un disco di calcite formato in un ristagno d’acqua, successivamente i depositi si sono fusi originando un crostone che riveste l’intera formazione . In cavità adiacenti sono state rinvenute stalagmiti coniche di pochi cm alimentate con un pseudo meato da una sorgente areale porosa e rivestita da muschi.
Particolare attenzione merita un massiccio pilastro posto all’inizio della cavità (foto n°3), fusione di un pezzo di stalattite ben distinto dalla sottostante stalagmite. La base di quest’ultima struttura è raccordata alla roccia madre da colate calcaree cristalline depositate da rivoletti di acqua ancora ricca di carbonato di calcio cristallizzato e ben visibile lungo i fianchi. Il corpo stalagmitico ha l’aspetto di un tronco conico terminando in testata a forma di fungo la cui circonferenza raggiunge circa 2 m, l’altezza dal pavimento misura 1,30 m. La stalattite, lunga 92 cm, ha una notevole sezione, poi la crescita si è interrotta, lo stesso fenomeno è avvenuto ad altre due pendenti lateralmente.
Separata da un rialzo del fondo a forma di duomo (lato dx foto n° 3) la cavità di sinistra, appiattita nella parte più interna, guadagna volume verso la zona più esterna con una larghezza di circa 4.10 m e altezza di 2 m. Il pavimento presenta una pendenza che diventa un piano inclinato oltre l’entrata (foto n °5). Questa morfologia è stata favorita dalla stratificazione in bancate di sensibile potenza la cui giacitura è orientata in direzione sud.est. In corrispondenza delle giunzioni degli strati sono avvenuti scavernamenti ed erosioni lineari (foto n° 5 sx in basso) modellati dalle acque scorrenti sulla superficie degli strati. La parete sinistra presenta cavità con un indice di forma circolare perché la corrosione ha proceduto in modo simmetrico, più in alto si evidenziano concrezioni di detriti cementati, ben sviluppato un pannello sottile di calcite che maschera la morfologia sottostante irregolare. Ai lati opposti del pavimento sono stati rinvenuti due depositi di pezzame e blocchetti calcarei: ignoto lo scopo, se non quello di sistemare la pavimentazione, già in parte modificata, che congiunge i due vani.
Proseguendo verso sinistra, oltre il piano impervio, è stata rinvenuta una cavità allungata verticalmente protetta all’ingresso da una forma colonnare simile a una stalagmite, con circonferenza di 1,40 m, ricca di incrostazioni saldate che le conferiscono un aspetto detritico.
Sintesi della storia geologica
Il fenomeno carsico è legato a precise condizioni che si riscontrano in determinate rocce carsificabili, ampiamente diffuse nell’Appennino e Dolomiti. Le strutture e morfologie derivanti da questi processi si ripetono ovunque con le medesime caratteristiche, ma il ciclo è talmente lento da attraversare intere epoche geologiche che possono essere interessate da nuove strutture e mutevole condizioni climatiche. il fenomeno carsico nei M. Lattari è iniziato nel Pleistocene inferiore, prima epoca del Quaternario, quando la geografia dell’attuale zona era simile a una vasta piattaforma. In pratica nell’area il carsismo non ha mai avuto termine, si è accentuato in alcuni periodi in dipendenza di nuove condizioni naturali.
Dopo una breve sintesi del cambiamento delle condizioni geologiche, sarà illustrata la genesi delle grotte.
Il massiccio orografico destro del M. Aureo (fig. 3) al confine tra Atrani e Amalfi, posto a sud dei M. Lattari, era parte di una piattaforma più estesa già emersa nel Pliocene (A. Azzaroli : Geologia stratigrafica ed. La Goliardica, fig. 5). E’ un rilievo con altezza variabile da 271 m a 292 m s.l.m., costituito da calcari e calcari dolomitici organizzati in ammassi stratiformi inclinati in direzione sud-est. Il costone presenta ripiani sporgenti e terrazzamenti coltivi, le pareti rocciose, oltre alle numerose cavità di incarsimento ampliate dall’erosione eolica, sono ricoperte da figure nastriformi di colore grigio e grigio scuro, originate da filtrazione e dilavamento di soluzioni di composizione mista con abbondanza di sostanze carbonizzate e vari ossidi che non subiscono l’azione dei processi carsici.
Le ricostruzioni climatiche (G. Orombelli Acc. Lincei) relative alla fine del Pliocene-inizio PLeistocene stimano una temperatura di 2- 3 °C superiore all’attuale, la concentrazione di C02 pari a 400 p.p.m,, cioè su un milione di molecole di aria 400 erano di anidride carbonica. La percentuale di anidride carbonica di riferimento, pari a 0.03 %, è un numero indicativo instabile, durante le glaciazioni la stima di questa percentuale è 280 p.p.m. All’inizio del Pleistocene parte della piattaforma è stata deformata con sollevamento di un blocco centrale, i M Lattari (fig. 6) con un duplice sprofondamento di parte della piattaforma originaria: a sud si è formato il golfo di Salerno, a nord quello di Napoli. Nel territorio di Atrani un sistema di fratture, le principali in direzione Nord-Sud e altre di minore estensione , segnarono i lineamenti del primo sviluppo della valle del Paleo- Dragone. Le mutate condizioni del clima con l’inizio del Pleistocene, avevano dato l’avvio alle prime erosioni carsiche. Nel Pleistocene medio è avvenuto un brusco sollevamento ricostruibile dall’analisi morfologica della valle del Dragone.
Formazione delle grotte
Il territorio di Atrani dal Pliocene al Pleistocene inferiore si può immaginare costituito da un blocco non ancora inciso (fig. 7 a). Con l’abbassamento della temperatura iniziò un ciclo di erosioni che livellarono la superficie, le piogge intense portavano un afflusso nei livelli rocciosi superiori saturandoli per primo. Le fenditure dei calcari, simili a un tubo in pressione idraulica, si arricchivano così di acido carbonico che dissolveva (fig. 7b) la roccia iniziando da una cavità embrionale fino alla formazione dell’unica grotta ellittica. Gli interstrati sottostanti a composizione dolomitica, ricevevano meno afflusso e offrivano più resistenza alla corrosione. In questa fase il Dragone, il Paleo-Dragone, iniziava una notevole erosione con un alveo a forma di U di cui resta testimonianza il tratto AB (fig. 4) del profilo vallivo.
Nel Pleistocene inferiore si verifico la rottura del blocco con un sistema di faglie che delimitarono i versanti tranciando la grotta di Masaniello ( fig, 8 ). Sulle linee di faglia ebbe inizio l’erosione del Paleo Dragone il cui profilo trasversale aveva la tipica forma a U nel tratto A-B (fig. 3 e 4)
Nel Pleistocene medio si verificò un rapido innalzamento dei massicci orografici destro (M. Aureo) e sinistro (M. Civita) con individuazione definitiva dei versanti e su di essi zone cataclastiche (spessori di roccia profondamente fratturate). Lo sprofondamento della piastra crostale interposta diede luogo alla predetta morfologia a ∆, sul lato sinistro del M. Civita si formò la depressione tettonica della spiaggia di Castiglione , la traccia di questo movimento relativo è la superficie di scivolamento indicata nella freccia di fig. 3 La valle del Dragone subì una sovraescavazione per erosione sul fondo alveo, si originò una forra il cui profilo è riportato nel tratto B-C (fig. 3 e 4). In questo periodo il ciclo carsico proseguiva con la formazione delle stalattiti.
Le forze che hanno causato queste nuove geo-morfologie hanno dato origine a un nuovo ciclo di erosione: le piogge meno intense e più durature avevano una maggiore penetrazione in profondità nelle masse rocciose favorita dal moto di innalzamento già menzionato. Si sono innescaste reazioni di dissoluzione nei giunti di interstrato, come si evince nella (foto n° 5) del vano di sinistra, avendo le acque maggiore libertà di scorrimento.
Il vano di destra ha raggiunto la forma attuale (foto n° 6) con questo meccanismo: la dissoluzione è iniziata dal basso dove le acque erano più sature e più reattive ed è proseguita verso l’alto seguendo una erosione inversa: la frattura originaria della roccia madre si è evoluta per erosione antigravitativa nelle fasi 1,2,3 di (fig. 9). Raggiunto il pavimento, l’erosione è proseguita lateralmente, fase 4 (fig. 9), con incrostazioni parietali. In volta è rimasto una sorta di canale. Più internamente si nota una serie di piccoli archi sospesi, è il residuo di una duplice erosione fusiforme (fig.10) terminata in modo analogo sul pavimento .
Guardando il versante destro orografico nella fascia inferiore verso nord si rileva una grotta fusiforme più grande.
Durata più estesa ha avuto la formazione delle stalattiti, iniziata con il secondo ciclo carsico. La loro tessitura detritica e forma contorta indicano che le acque in flusso trasportavano piccole particelle e impurità successivamente saldate da cemento calcitico, il colore grigio indica calcite non pura. Il processo di crescita stalattitico si è interrotto, i canali di alimentazione si sono ostruiti ma le acque hanno continuato a scorrere saldando anche stalattiti e stalagmiti di cui magnifico esempio è il pilastro del primo vano. La parte sinistra dell’intero complesso carsico (foto n° 1) è stata modellata da frane (effetto della formazione della zona cataclastica) le cui nicchie di distacco si sono conservate sulle pareti rocciose e sulle superfici inferiori degli strati ad esse perpendicolari. Le rocce calcaree consentono il mantenimento nel tempo della superficie di frana, questa geometria in corrispondenza degli interstrati è data dai piani di frattura (litoclasi) e si incrociano perpendicolarmente. Sulla superficie inferiore degli strati si sono formate le stalattiti le cui caratteristiche richiamano quelle già esaminate.
Partendo dal centro abitato il sito è raggiungibile attraversando un primo agevole tratto di scale, poi si prosegue con un secondo tratto con rampe a mezza costa da cui si possono ammirare le case rimpicciolirsi in una fusione di colori. Simile a un incastro l’intero abitato si collega alla Collegiata di S.M. Maddalena protesa verso il mare
La fruttuosa opera di bonifica, voluta dal Responsabile del Santuario Giovanni Proto, ha interessato l’area di valle limitata dai terrazzamenti coltivi. Nella grotta di Masaniello, sono stati rinvenute resti di strutture, in pianta vani, che testimoniano un insediamento rustico, risalente con ogni probabilità al M.E. Il luogo sacro e i fenomeni di storia naturale osservabili nel complesso carsico sono immersi nel passato , quando le condizioni morfologiche accidentate e la difficile accessibilità di quest’area assicuravano tranquillità e un’esistenza di ispirazione religiosa, nella storia c’è stato sempre uno stretto rapporto tra l’uomo e la natura che lo circonda.
Geologo Vittorio Di Benedetto

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