Uccisione Floyd a Minneapolis, scontri in tutta l’America. Trump: “Alla Casa Bianca cani feroci contro i dimostranti”

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Uccisione Floyd a Minneapolis, scontri in tutta l’America. Trump: “Alla Casa Bianca cani feroci contro i dimostranti”. Il coprifuoco imposto a partire dalla 8 di sera non è servito a niente. Nonostante l’arresto di Derek Chauvin, il poliziotto di 44 anni responsabile della morte dell’afroamericano George Floyd, ma non dei suoi altri tre colleghi coinvolti nella tragedia, roghi e violenze hanno sconvolto Minneapolis per la quarta notte consecutiva e si sono allargati a tutta l’America.

Un diciannovenne è stato ucciso a Detroit da spari provenienti da un Suv indirizzati verso la folla che manifestava. E un agente è morto a Oakland, in California, ma – secondo la polizia locale – la sparatoria “apparentemente non è collegata alle manifestazioni”.

Scontri sono esplosi tra i manifestanti e il Secret Service di fronte alla Casa Bianca e la residenza presidenziale è stata messa in “lockdown”. Se i dimostranti fossero riusciti a superare la cancellata “sarebbero stati accolti dai cani più feroci e dalle armi più minacciose che io abbia mai visto. E la gente si sarebbe fatta veramente male, almeno”, ha twittato Donald Trump.

Trump ha poi attaccato il sindaco di Washington Dc Muriel Bowser perché “chiede sempre soldi e aiuto” ma non ha permesso che la polizia della capitale intervenisse perché “non era lavoro loro”, ma del Secret service. Il Pentagono, vista la drammaticità della situazione, ha allertato l’esercito per sedare gli scontri.

A Minneapolis una pompa di benzina e un ufficio postale sono stati dati alle fiamme, migliaia di persone hanno continuato a inondare le strade del centro incendiando ad auto e cassonetti, senza che intervenisse né la polizia né la guardia nazionale, per ora arroccata in difesa di banche, supermercati e pure farmacie, per impedire la razzia di oppiacei.

La casa di Derek Chauvin, nel sobborgo di Oakdale, fuori Minneapolis, è stata vandalizzata: i manifestanti si sono ritrovati davanti all’abitazione mostrando cartelli alle auto di passaggio e gridando il nome di Floyd. Chauvin è stato arrestato con l’accusa di omicidio preterintenzionale e omicidio di terzo grado: rischia una condanna massima di 25 anni. Il procuratore della Contea di Hennen, Mike Freeman, l’ha definita “l’incriminazione più veloce in un’indagine contro un agente di polizia”.

L’autopsia sulla vittima però al momento ha escluso “una diagnosi di asfissia traumatica o di strangolamento”, ma la famiglia ne chiede un’altra indipendente.

La situazione è fuori controllo. E il presidente Donald Trump mobilita pure l’esercito. Dal Pentagono è arrivato l’ordine di allerta ad almeno 1.700 uomini della polizia militari. Già stasera potrebbero marciare sulla città da quattro differenti basi: Fort Bragg in Carolina del Nord, Fort Drumm nello stato di New York, Fort Carson in Colorado e Fort Riley in Kansas. Alle truppe è stato detto di essere pronti entro 24 ore. Una decisione estremamente rara.

La notte è stata d’altronde lunghissima in tutta l’America. La furia delle proteste si è estesa all’intera nazione: ci sono stati scontri in almeno dieci città, e la lista non fa che aumentare. Ad Atlanta il governatore ha dichiarato lo stato d’emergenza e chiamato 500 uomini della guardia nazionale. A New York la polizia ha picchiato e arrestato decine di dimostranti nei pressi del Barclays Center, nel cuore di Brooklyn, con gli autisti degli autobus, proprio come i colleghi di Minneapolis la sera prima si sono però rifiutati di trasportare i tanti giovani arrestati dalla polizia.

Ad ardere è l’America intera. Da Houston, Texas a Denver, Colorado. E poi Las Vegas, Dallas, Chicago. A Los Angeles sono state arrestate almeno 200 persone. E ci sono stati disordini e fermi pure a Washington: dove la folla ha intonato lo slogan che rimbomba in tutto il paese, “No justice, No peace” senza giustizia nessuna pace, proprio davanti alla Casa Bianca, portando la protesta fin nel salotto di Trump. I servizi segreti, per sicurezza, hanno deciso di chiudere la residenza presidenziale Usa anche alla stampa dotata di “hard pass”.

Dopo Minneapolis, gli  scontri più duri sono quelli di Portland, Oregon, dove la folla ha prima provato a dare alle fiamme un commissariato proprio come fatto dai dimostranti a Minneapolis la sera prima. Poi ha assalto uno Starbucks, la Apple, un Microsoft store. La polizia è intervenuta con i lacrimogeni e lanciato granate stordenti, quelle che fanno molto fumo e rumore.

A Detroit, Michigan, un ragazzo di 19 anni è stato ucciso da un colpo sparato sulla folla da un’auto in corsa. A Louisville, Kentucky, un reporter e il suo cameramen sono stati presi di mira, in diretta, dalla polizia che sparava con gas urticante. In questa città la protesta non riguarda solo la morte di Floyd: qui si ricorda pure Breonna Taylor, uccisa nel suo appartamento lo scorso 13 marzo dopo che la polizia vi era penetrata per errore.

L’America che fino a ieri litigava su lockdown e mascherine si risveglia fra le macerie di un Paese più diviso che mai. L’odio non è più solo razziale, in piazza ci sono ragazzi di ogni colore. Il coprifuoco di Minneapolis ora potrebbe essere esteso a tutto il paese. Ma non servirà a niente. Se nella giornata di oggi non si farà qualcosa di concreto.

L’autopsia su George Floyd ha accertato che “non ci sono elementi fisici che supportano una diagnosi di asfissia traumatica o di strangolamento” nonostante l’agente gli abbia tenuto un ginocchio sul collo per 8 minuti e 53 secondi mentre era a terra. Secondo il referto, riportato dai media americani, “gli effetti combinati dell’essere bloccato dalla polizia, delle sue patologie pregresse e di qualche potenziale sostanza intossicante nel suo corpo hanno probabilmente contribuito alla sua morte”. Ma la famiglia di Floyd, vuole un’autopsia indipendente, perché spiega l’avvocato che la rappresenta, non si fida delle autorità di Minneapolis.

Fonte La Repubblica

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