Naviganti prigionieri sulle navi per il Covid-19

Sono circa 200mila imbarcati sulle navi da mesi che solcano i mari di tutto il mondo e non possono tornare a casa

 

NAPOLI – Veduta del porto di Napoli.

Redazione – Sono circa 200mila i marittimi prigionieri sulle navi per il Covid-19 da mesi che solcano i mari di tutto il mondo e non possono tornare a casa.

Sono persone che ogni giorno rischiano la vita e non sanno se vedranno spuntare il sole il giorno dopo, combattono anche contro loro stessi nonostante il duro lavoro che svolgono, vivendo in spazi stretti, ed in questo periodo di Covid-19 vorrebbero ritornare a casa nelle loro famiglie ma non possono.

Quello che preoccupa e la loro salute e l’assoluta necessità di evitare contagi sulle navi.

Chi deve sbarcare perché è da mesi a bordo e chi invece di deve imbarcare, ed allora è scattata una mobilitazione internazionale che coinvolge armatori e sindacati. E su questo è intervenuta la Confitarma che attraverso la sua rappresentanza in ICS (International Chamber Of Shipping) ha contribuito alla stesura di un documento che detta le regole per i cambi di equipaggio, le procedure da seguire in maniera ferrea da chi deve sbarcare è da chi deve imbarcare.

E come è accaduto già da quando c’è il Covid-19, la procedura sia di imbarco che di sbarco inizia venti giorni prima con un totale isolamento che viene mantenuto con una serie di precauzioni anche durante gli spostamenti. Sul fatto degli spostamenti è intervenuto il presidente di Confitarma, Mario Mattioli, ed ha detto che si è in contatto con i ministeri delle Infrastrutture e dei Trasporti, della Salute e degli Affari Esteri per trovare le soluzioni più adatte per risolvere questo blocco degli equipaggi che mette a rischio il benessere della gente di mare, la sicurezza marittima e le catene di approvvigionamento fondamentali su cui il mondo fa affidamento.
Si deve risolvere questo problema che sta coinvolgendo queste centinaia di marittimi a livello mondiale, che devono sbarcare perché lavorano anche oltre i loro mesi di imbarco, che vanno da quattro a sei, ossia il periodo contrattuale.

Il piano è stato messo a punto da una vasta coalizione di sindacati marittimi ed associazioni internazionali del settore marittimo, con il contributo dei rappresentanti del settore aereo, delle organizzazioni internazionali e del settore assicurativo.

Questo per fornire ai governi un modello completo per facilitare i cambi di equipaggio e risolvere i problemi di sicurezza durante l’intero processo.
I marittimi che sono imbarcati ed hanno svolto non solo il loro periodo contrattuale, stanno svolgendo anche lo straordinario, sono esausti, sono preoccupati per la loro salute ed anche per le loro famiglie a causa del virus. Poi all’estero se si sente che sono italiani, vengono presi come degli untori, e non vengono fatti sbarcare. Perciò si deve agire subito per farli ritornare a casa dalle loro famiglie.

 

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