Napoli torna ai napoletani, ma senza assembramenti

La Napoli della fase 2 ha lo sguardo attonito del bimbo biondissimo che arriva con la mamma sul lungomare di buon mattino. La donna gli lascia la manina ma il piccino esita, la scruta un po’ e solo dopo aver capito che va davvero tutto bene inizia a correre mulinando le braccia, e a urlare quella felicità che solo un bimbo che corre sa provare, un articolo che condividiamo quello di Paolo Barbuto de Il Mattino che rende l’idea del momento in Campania.
O forse la Napoli che si avvia verso la nuova vita sta tutta nella risata arrabbiata di quel ragazzo che ha attraversato il Corso Vittorio Emanuele in maglia e pantaloncini neri, palleggiando, la mascherina sul viso: è arrivato al centro del playground di piazza Mercadante alle 10 del mattino e ha fatto il primo tiro a canestro dopo due mesi, fuori bersaglio. Ha fatto una corsa, s’è ripreso la palla a spicchi e ci ha riprovato: canestro. Il ragazzo s’è seduto per terra e ha iniziato a ridere, di quella risata nervosa e sfottitrice che solo gli adolescenti incazzati sanno tirare fuori. A suo modo urlava al mondo la sua ritrovata normalità, anche con la mascherina in faccia.
O piuttosto la Napoli che riparte è quella che ieri sera s’è accalcata sul lungomare. Erano in tanti, forse troppi, ma almeno tutti con le mascherine. Tra di loro anche una manifestazione di protesta di commercianti in crisi, una delle tante della giornata: avevano maschere di cartone con il volto del premier Conte, urlavano. Anche le manifestazioni a Napoli significano ritorno alla normalità.
LA NORMALITÀ
Ieri siamo andati a spiare la città che recuperava spazi e libertà. Abbiamo scoperto un’altra Napoli rispetto a quella della fase 1, un mondo con meno tensione e più sorrisi, con maggiore leggerezza e pochi assembramenti: come se la consapevolezza di poter lasciare casa senza limitazioni avesse d’un tratto convinto i napoletani che non c’è bisogno di uscire per forza. Così negli stessi orari in cui fino a dieci giorni fa raccontavamo resse ai supermercati, ieri abbiamo trovato file contenute; laddove avevamo incontrato strade stipate di persone, ci siamo imbattuti in vie poco affollate; sulle stesse linee di bus che venerdì scorso esplodevano di passeggeri abbiamo contato il numero giusto di utenti. Solo la sera ha riportato la ressa in strada, a via Caracciolo come a via Scarlatti: certe abitudini non passano mai e riemergono anche dopo due mesi di blocco totale.
Ore 8.45 il giornalaio di via Epomeo s’arrabbia con un cliente abituale «che fai? Prendi il giornale e te ne vai? Non resti a fare due chiacchiere oggi?». L’anziano si volta sorridente: «Oggi non c’è bisogno di restare vicino a te. Torno a casa, tanto posso uscire anche più tardi se mi viene voglia». Scambio di battute avvenuto dinanzi ai nostri occhi, solo che era in dialetto e l’abbiamo tradotto. Parole che racchiudono perfettamente il concetto della fase 2 napoletana: se non ci sono limitazioni non c’è frenesia di uscire.
I RAGAZZI
A dire la verità qualcuno che aveva frenesia c’era. Erano i giovani, gli adolescenti, quelli che durante i mesi di blocco della vita non avevano nemmeno una scusa buona a disposizione per mettere il naso fuori di casa. Così ieri si sono ritrovati: ne abbiamo incontrati tanti, a gruppetti piccoli generalmente, talvolta in numero un po’ troppo elevato, ma quelli che noi abbiamo incrociato erano tutti ben coperti dalla mascherina, anche se le notizie su gruppi esagerati e senza protezioni si sono susseguite per l’intera giornata mettendo in ansia le forze di controllo.
Anche l’entusiasmo dei ragazzi, però, è stato parte integrante della giornata di rinascita. Ore 11.40, piazza Municipio. Una ragazza è in compagnia di due amiche, sbuca da via San Giacomo, probabilmente viene dai Quartieri o forse è arrivata con la Metro a via Toledo. Quando vede che ci sono ancora i lupi esposti sul selciato fa salti di gioia. Voleva a tutti i costi una foto con quelle sculture, non era riuscita a farla prima del lockdown ed era convinta che le avessero già portate via. Invece i lupi ci sono ancora e lei è pronta a balzare in groppa ad ognuna delle statue di bronzo per un lungo set fotografico durante il quale non cede mai alla tentazione di togliersi la mascherina.
IL PALLONE
Chi dice che i bambini non giocano più a calcio per strada mente, soprattutto se si trova a Napoli. Nella lunga giornata trascorsa ad osservare la rinascita della città ci siamo imbattuti almeno in sette partite di calcio diverse, tre nei cortili del centro storico, due al Vomero, due a Soccavo. In più c’è la partitella che il nostro fotografo Sergio Siano ha scovato alla Sanità e che vedete nella foto in cima a questa pagina.
Anche in questo caso va fatta una notazione. Chi ha provato ad uscire indossando la mascherina sa quanto sia fastidioso quell’oggetto, sebbene utilissimo. Adesso pensate quanto può diventare fastidioso mentre si corre e si danno calci a un pallone: converrete, così, che aver incrociato quasi cento bambini che giocavano e non averne visto nemmeno uno senza mascherina, è un evento che merita segnalazione. Forse loro, i piccoli, sono davvero meglio di noi adulti.
LA RESSA
Mergellina, via Caracciolo, le luci che si riflettono sul mare, i chioschi aperti per prendere birra e taralli. Difficile resistere a una serata sul lungomare, e infatti in troppi non hanno resistito. Così s’è generata una calca che ha cancellato le sensazioni serene e rilassanti del mattino.
L’importante, però, è mantenere distanze, indossare la mascherina ed evitare assembramenti. Nel primo giorno di ritrovata libertà c’era da aspettarsi l’assalto al lungomare. E l’assalto è arrivato.

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