Modello svedese e coronavirus: la testimonianza del positanese Giancarlo Clark

In queste settimane abbiamo raccolto tantissime testimonianze di ristoratori che, come tanti altri, stanno affrontando una battaglia davvero dura. E’ cominciata ufficialmente la Fase 2 e sono tante, ovviamente, le aspettative, così come sono le preoccupazioni. Il via libera per i ristoratori sembra ancora lontano, a parte il discorso del delivery per alcuni.

Quello che succede in Svezia, invece, è qualcosa di completamente diverso. Lì non è mai stato messo in atto un vero e proprio lockdown, ma si è data molta fiducia ai cittadini, fondando il tutto sul senso di responsabilità individuale. Difatti, la Svezia non si è mai totalmente bloccata e per queste ragioni, la crisi economica potrebbe essere molto meno sentita.

Gamberorosso.it ha intervistato una vecchia nostra conoscenza, lo chef Giancarlo Clark, nato a Positano e ora sommelier del ristorante Mancini a Stoccolma. Il suo ristorante è stato premiato come miglior ristorante italiano in Svezia e ha ricevuto Tre Forchette tricolore e il premio “custode della tradizione” Gamberorosso.

Queste le sue parole sulla situazione attuale: “Noi non abbiamo mai chiuso, ma sarebbe superficiale sostenere che nulla è cambiato. Qui le persone sono abituate a seguire con scrupolo le prescrizioni delle autorità, e gli esperti dell’istituto di sanità godono di grande autorevolezza. Quindi pur con le attività operative al 90%, la flessione è stata evidente per tutti. Da Mancini parliamo di un calo di pubblico tra il 60 e l’80%, per un incasso giornaliero pari al 20% di quello a cui eravamo abituati. E questo perché è stato chiesto ai cittadini grande senso di responsabilità: smart working, limitare le uscite non essenziali, tenere il distanziamento, chiudersi a casa alle prime avvisaglie di un semplice raffreddore”.

“Abbiamo diminuito i coperti per garantire il distanziamento, ora facciamo al massimo 30 coperti, abbiamo predisposto diversi punti di igiene, forniamo a tutti i clienti una tovaglietta calda monouso per detergersi quando arrivano. E il personale viene al lavoro solo quando sta bene, siamo tutti molto responsabili. Del resto di tamponi se ne fanno pochissimi, ci si autoregolamenta.

Ma con l’arrivo della bella stagione c’è anche un controllo più stringente sulla gestione dei dehors. Se qualcosa non funziona con l’ispezione, viene sospesa la licenza. Lo Stato interviene per il pagamento degli stipendi, noi dipendenti siamo in cassa integrazione, ma la flessione dello stipendio non supera il 7%. Per gli affitti, invece, anche qui non c’è una direttiva nazionale, ci si accorda con il proprietario delle mura. Per questo è fondamentale reinventarsi. Sicuramente essere seri e rispettare i timori delle persone, anche qui la gente ha paura. Quindi fornirgli delle alternative valide per superare insieme questo momento”.

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