Lettera aperta di un marittimo: “Noi, dimenticati durante questa emergenza”

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Riceviamo e pubblichiamo una lettera scritta da un marittimo, lettera che ha l’intento di sensibilizzare l’opinione pubblica circa la situazione della categoria in questione durante questa emergenza.

“Salve, mi chiamo Marco e sono uno dei tanti marittimi. Faccio parte di una di quelle categorie dimenticate dalle istituzioni nel corso degli anni. Durante la mia carriera, ho visto l’applicazione di numerose leggi e decreti; eppure, mai nessuno di questi era rivolto a noi. L’apporto del settore marittimo nell’economia nazionale ammonta a circa 130 miliardi di euro l’anno. Nella realtà globalizzata nella quale siamo immersi, il 90% delle merci importate, toccano le sponde del Belpaese grazie al contributo, mio e dei miei colleghi. Sono più di 1400 le navi che battono bandiera italiana. La navigazione da diporto, poi, frutta al paese un indotto di 6 miliardi di euro l’anno. Sono circa 97500 le unità battenti bandiera italiana e 130000 posti barca . La sola branca del diporto, rappresenta il 6% del PIL nazionale.

Quella del marittimo, è una categoria distrutta e invisa da una burocrazia opprimente, che non tutela i lavoratori che ne sortiscono gli effetti. Accettiamo contratti di lavoro a tempo determinato. Ci affidiamo alla pratica del turno particolare; trattasi di un’aspettativa legittima, per la quale, il marittimo potrebbe essere richiamato all’imbarco dal medesimo armatore, pur non avendone una certezza fattuale.
In italia, la nostra categoria è stata smantellata dalla 30/98, una legge che ha permesso agli armatori di assumere lavoratori extracomunitari, eludendo la legislazione nostrana, in favore delle normative più permissive degli stati a cui, questi, appartengono.

Con la 122/2010, lo Stato Italiano non ha ritenuto indispensabile l’adeguata tutela del servizio sanitario cui i marittimi erano sottoposti da parte dell’ IPSEMA; accorpando l’istituto all’INAIL. Era il 1 gennaio del 2017 quando, a seguito di un adeguamento degli emendamenti della convenzione MANILA 2010, i marittimi italiani sono stati costretti a rinnovare i titoli acquisiti fino ad allora, ritrovandosi improvvisamente privi di requisiti. La frequentazione dei corsi utili ad attestare tali qualità, comporta il dispendio di esose quantità economiche.
Ci siamo ritrovati ad affrontare l’emergenza sanitaria da COVID-19 brancolando totalmente nel buio, privi delle poche certezze alle quali avremmo potuto, disperatamente, attaccarci e senza un protocollo straordinario da poter attuare in tali circostanze.

La crisi epidemiologica da COVID-19 ha messo in ginocchio il nostro settore. Nonostante ci sentiamo abbandonati dallo stato, la cui bandiera, sventola fiera a poppa delle navi presso le quali prestiamo servizio, continuiamo ad amare il nostro paese; fiduciosi del fatto che le istituzioni accenderanno presto una luce nell’oscurità in cui, questo gramo periodo storico, ci ha avvolti. Spero che, attraverso questa lettera, sia riuscito a dare voce a tutti coloro che, come me, si ritrovano in circostanze a dir poco critiche. Mi congedo con una citazione di Platone, ove mai adeguata a rimarcare la drammaticità della nostra condizione:

“Ci sono tre tipi di uomini: i vivi, i morti e quelli che vanno per mare”.

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