Piano di Sorrento. A proposito di privacy e di coronavirus, la riflessione di Anna Iaccarino

Piano di Sorrento. A proposito di privacy e di coronavirus, la riflessione di Anna Iaccarino Privacy. Una parola in questo periodo gran voga, usata a iosa per nascondere forse più ciò che non si riesce a fare, che per proteggere davvero i titolari di questo diritto. Eppure chi se ne riempie la bocca (e non è detto che ne comprenda il vero significato) dovrebbe sapere che il diritto alla riservatezza, degrada (ed è degradato) dinanzi al diritto primario alla salute. Anzi, non c’è diritto più fondamentale (so che non si dice, ma rende bene l’idea?) del diritto alla salute. Se non hai garantito quello, il resto vale molto meno. Bene, ho perso il conto di quante volte, subendo qualche tirata di orecchie (ma la logica di cercare il consenso a discapito di ciò che si pensa, non mi appartiene ?!), ho chiesto pubblicamente di intervenire sulla questione rientri e categorie esposte, su tutte le regole della quarantena in casa e sulla efficacia e attuabilità dei rispettivi controlli. Non parlavo di cose che non mi toccano: ho una cugina a Milano e una a Parma, ho una nipote a Bologna, ho due fratelli e uno zio comandanti ed un cugino ufficiale, ho una sorella Medico. Ma essere toccati da vicino significa comprendere meglio le cose, non chiudersi a riccio! Andava “chiusa” la penisola con controllo e monitoraggio di tutti gli ingressi (era l’8 marzo la prima volta che ne scrivevo), andavano individuate strutture (come hanno poi fatto, per i rientri successivi al 25, Meta, Massa e S.Agnello) per consentire di svolgere l’isolamento a chi non poteva o non riusciva ad osservarlo al domicilio. Andava chiesto che ci fossero adeguati DPI (tutti, non solo le mascherine ad alta protezione, peraltro anche quelle insufficienti nel numero!) per tutto il personale sanitario. Prevenzione a tutti i costi, questa doveva essere la regola! Fiato quasi sprecato. Ora però c’è altro su cui fermarsi! Perché dal bassissimo numero di tamponi eseguiti (rispetto alla popolazione residente) emerge chiaramente che il virus c’è e si diffonde…non serve la zingara. Ma dare due numeri ogni sera, non è importante, se manca tutto il resto, a cominciare da una registrazione e un controllo serio ed esteso, a TUTTO il territorio peninsulare, della rete dei contatti. Non basta comunicare i numeri senza nemmeno informarci degli ambienti almeno lavorativi o di principiale frequentazione dei positivi. Serve perché il mantra “è tutto sotto controllo” a botta di fiducia nel rispetto delle regole e di scongiuri, non regge più. Dobbiamo esserne messi in grado di avere consapevolezza. Non nomi e cognomi (né foto segnaletiche), ma serve sapere quanti sono i contagiati nei vari ambienti sociali. Quanti sono marittimi o cittadini di rientro? Quanti in campo sanitario o della assistenza? Quanti nel campo dei servizi ancora attivi? In altre realtà avviene già da tempo. Lasciare questi dati al passaparola di paese (che, al netto delle “aggiunte”, funziona più dell’FBI) fa molto più male del vederli mettere nero su bianco. Ovviamente, se non si teme di scoprire qualche errore o mancanza e si è abbandonato il principio che l’apparenza conta più della sostanza! La privacy si limita, perché il diritto alla salute è più importante!

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