Intervista al bravissimo cantante-chitarrista Claudio Carluccio, a cura di Maurizio Vitiello. foto

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    Intervista di Maurizio Vitiello – Dieci domande al valentissimo cantante-chitarrista napoletano Claudio Carluccio.

    Un articolo pubblicato su “Il Mattino” descrive, così, l’artista: “… finissimo interprete dalla voce calda, pastosa e passionale che, mentre offre allo spettatore tutta la dolcezza struggente di cui è permeata la canzone classica napoletana, come d’incanto si trasforma, per proporre con gusto, garbo ed ironia quanto basta, le più celebri macchiette napoletane.”

    Napoletano, nato nel 1958, Claudio Carluccio ha iniziato a cantare in pubblico all’età di dieci anni. In seguito ha studiato chitarra classica con il M° Giuseppe Luongo.
    A sedici anni ha iniziato a comporre le sue prime canzoni, partecipando, nel 1976, al concorso voci nuove di Castrocaro Terme, selezionato personalmente da Gianni Ravera.
    Poco dopo ha incontrato Roberto Murolo diventandone l’allievo preferito.
    Il grande artista napoletano, infatti, iniziò a impartire a Claudio Carluccio lezioni di canto e dizione e, poi, lo presentò nei suoi concerti come il “continuatore” del suo genere musicale.
    Claudio Carluccio è stato più volte citato nella biografia di Roberto Murolo, curata dal giornalista Gianni Cesarini, con prefazione di Renzo Arbore.
    Cultore della canzone napoletana e sensibile autore di romantiche canzoni della Napoli contemporanea, Claudio Carluccio ha inciso diversi dischi, proseguendo un percorso discografico iniziato nel 1990 con l’album “Comm’era bella Napule”, arrangiato da Il Giardino dei Semplici e pubblicato dalla MASAR.

    MV – I concerti più emozionanti della tua carriera?
    CC – Sono davvero tanti, quasi impossibile elencarli; tra questi. la mia partecipazione al festival di Castrocaro nel ’76, ero così emozionato che mi tremavano le gambe, finita l’esibizione scendendo dalle scalette del palco inciampai cadendo, fortunatamente, nelle braccia di mio padre, avevo 16 anni.
    Ogni esibizione ha la sua emozione, fortunatamente diversa l’una dall’altra e, forse, è questo che permette a un artista di andare avanti nel suo lavoro come fosse una missione verso sé stesso e verso gli altri. Uno degli ultimi spettacoli che mi hanno emozionato è stato quello con la famosa attrice Gisella Sofio e Liliana De Curtis figlia del grande Totò al Teatro Pucciniano di Torre del Lago (LU) in occasione di “Viareggio Europa Cinema”, dedicato al grande regista toscano Mario Monicelli che ha lavorato molto con Totò, l’intervista spettacolo dal Titolo “Malafemmena” di cui ho curato i testi e la regia ricevendo consensi e soddisfazioni indimenticabili – vedi foto in allegato -.

    MV – Quale serata musicale ti ha dato più emozione in tutta la tua vita artistica?
    CC – Fra quelle che ricordo volentieri, è stata quella di “Chitarra in Concerto” al Teatro Bellini di Napoli con le riprese di RAI 1 con Roberto Murolo e la regia di Antonio Casagrande nel 1990.
    Ancora e sempre su RAI 1 “VARIETA’”, condotto da Pippo Baudo con la regia di Gino Landi nel 1991 e tante altre …

    MV – Quali soddisfazioni hai raccolto nella tua lunga carriera?
    CC – Un giorno mi sono sentito telefonicamente con il caro amico e famoso attore di films e teatro Tommaso Bianco il quale mi chiese se ancora riuscissi a vivere di musica e basta.
    Alla mia risposta affermativa disse: “Azz! Sei un eroe!”
    Ecco! Ripensando a queste parole scopro in me la più grande delle soddisfazioni. Essere riuscito a vivere di e con la musica!

    MV – Serve fortuna e talento?
    CC – Solo fortuna, fortuna, fortuna con la F maiuscola.

    MV – Sogni nel cassetto?
    CC – Ne avevo un paio da qualche parte, ho frugato in tutti i cassetti, ma non li ho trovati; devo guardare meglio.

    MV – Napoli resta una capitale mondiale della musica?
    CC – Certamente! Lo sarà sempre, poiché la nostra canzone è legata all’opera lirica e ai più grandi compositori di tutti i tempi. Lasciamo perdere la sotto, ma sotto, sottocultura, quella non è da prendere in considerazione. Da buon intenditor poche parole.

    MV – Il Conservatorio di Musica di Napoli “San Pietro a Majella” riesce ad accogliere una frontiera musicale napoletana?
    CC – I giovani musicisti vanno educati e guidati negli studi classici dei grandi compositori napoletani del settecento, tale cultura musicale è una buona base per poter accedere a una singolare crescita e aumentare la propria creatività artistica per applicarla nella composizione moderna e con nuove sonorità. Cantanti e musicisti napoletani, al di là del Conservatorio, devono, innanzitutto, secondo il mio modesto parere, conservare la memoria storica, avere la conoscenza del passato per, poi, lanciarsi con più sicurezza nel futuro musicale e non solo partenopeo.

    MV – Ma gli artisti di oggi sono preparati al palco?
    CC – Alcuni sì, altri no. Dipende dal tipo di artista, sicuramente ci sono dei talenti, in genere quelli meno talentuosi hanno più successo.

    MV – Quali circuiti e quali scenari prevedi, a breve, sperando che sia superata la crisi dovuta al COVID-19?
    CC – Bella domanda. Potessi saper leggere la sfera magica saprei rispondere. E’ tutto fermo! Dal più piccolo al più grande siamo nella stessa barca, posso solo immaginare che la prossima salita su un palco sarà molto lontana, la gente avrà paura fino a quando non sarà sicura della scomparsa di questa maledetta pandemia.

    MV – Nel panorama della canzone napoletana, negli ultimi dieci anni, quali sono state le scomparse che hanno addolorato e quali le novità confortanti?
    CC – Sono tante a cominciare da Pino Daniele, gli amici Fred Bongusto e il batterista Franco del Prete, Joe Amoruso, tastierista storico di Pino Daniele, Corrado Sfogli, chitarrista della N.C.C.P. e la cara amica di sempre Mirna Doris con la quale ho diviso il palco numerose volte.
    Le novità confortanti sono poche, di sicuro abbiamo degli ottimi artisti, ma solo alcuni sono riusciti a emergere al di fuori del limitrofo partenopeo.

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