Continua l’asta on line Fondazione Ferrara -Cannavaro Tempo per le offerte fino a venerdì»

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È in corso un’asta on line con ventisette maglie

Le offerte su CharityStar “Je sto vicino a te”
All’inizio, in origine, erano 23 calciatori – tutti campani, moltissimi napoletani – ma l’iniziativa è piaciuta e Checco Moriero, salentino di Lecce, si è voluto aggiungere alla squadra e adesso sono ventiquattro. Ma le magliette – i cimeli messi all’asta dalla Fondazione Ferrara e Cannavaro, con il contributo di amici ed ex compagni di squadra – sono arrivate a ventisette. Perché Paolo Cannavaro ne ha aggiunto una, quella del Pocho Lavezzi, e poi ci sono i ricordi di Fabio (la camiseta del Real Madrid) e quella del debutto in Nazionale di Ciro Ferrara in Italia-Argentina. Per partecipare, è semplicissimo: basta andare sul sito www.charitystars.com e cliccare sul link JeStoVicinoaTe e quel punto scegliere tra Gigio Donnarumma e Fabio Quagliarella, tra Ciro Immobile e Lorenzo Insigne, Palladino e Floro Flores, Bocchetti e Stendardo, Mandragora e Sepe, Sorrentino e Pisacane, Criscito e Montella, Di Natale e Baiano, Mirante e Nocerino, Foggia e Izzo, Borriello, Taglialatela e D’Ambrosio. La Fondazione Ferrara e Cannavaro, che già si è fatta promotrice di altre iniziative a favore a sostegno del mondo della Sanità, devolverà il ricavato della vendita all’asta delle magliette, attraverso tre associazioni già individuate, per l’acquisto di beni di prima necessità per le famiglie che ne hanno bisogno.

«La cifra che raccoglieremo sarà destinata ad associazioni della nostra città. Quando ho telefonato per avere le divise c’è stata da parte di tutti una disponibilità incredibile Tempo per le offerte fino a venerdì»

Ideata dalla Fondazione “Ferrara-Cannavaro”: l’asta si svolge on line attraverso il sito Charity Star nella sezione “Jestovicinoate” In foto due immagini di Ciro Ferrara
Da sinistra, Paolo Cannavaro, Ciro Ferrara, Fabio Cannavaro ed Enzo Ferrara
Ciro Ferrara gioca la sua partita d’addio nel 2005: eccolo con Maradona prima del fischio d’inizio ansa
Ferrara, verrebbe da dire, prendendo in prestito Pino Daniele, che con questa iniziativa, Napoli è… 
«È nata così, dal desiderio mio, di Fabio e Paolo Cannavaro, di fare qualcos’altro per la città. La nostra fondazione è nata nel 2005 e noi conosciamo le difficoltà della nostra gente, che il virus ha amplificato. Ci siamo attivati prima e ognuno in qualche iniziativa, ma non ci è bastato». 

E vi siete attaccati ai cellulari. 
«Per chiamare amici del nostro tempo, quelli con i quali abbiamo condiviso le stagioni delle carriere, ma anche con chi non abbiamo mai giocato. Siamo napoletani o campani che sentono la necessità, nel loro piccolo e senza avere assolutamente la pretesa di essersi inventato qualcosa di eccezionale, d’offrire un contributo. Abbiamo individuato delle associazioni ed a loro andrà il ricavato di questa asta, che consentirà di acquistare beni di prima necessità». 

Si può “giocare” fino a venerdì ma il primo tempo, chiamiamolo così, non è andato poi male. 
«Siamo arrivati poco sotto ai trentacinquemila euro e mi sembra un risultato soddisfacente». 

Poi, lei ha infilato Diego… 
«E solo per la sua maglietta, s’è toccata quota sedicimila». 

Il calcio che, in genere, è diviso, stavolta unisce. 
«Nelle intenzioni, c’era questa idea: la gente, com’è giusto che sia, si identifica nella squadra del cuore, mentre stavolta ci sono state richieste trasversali e che arrivano da ogni angolo del Mondo». 

Una maglia è una storia. 
«Per ognuno. Ma soprattutto è la testimonianza di un sentimento che tutti, nessuno escluso, abbiamo avvertito. C’è stata una partecipazione entusiastica, nella quale si è avvertita, in ogni telefonata, il piacere di essere stato interpellato. Il nostro è semplicemente un piccolo gesto, ma lo abbiamo fatto con una gioia che ancora ci pervade». 

Zurigo, 10 giugno 1987, un ragazzo di venti anni ci arriva da fresco campione d’Italia, debutta in Nazionale e lo fa contro i campioni del Mondo e contro Sua Maestà, Maradona, il più forte calciatore di sempre, che è suo compagno nel Napoli e diventerà per una volta suo avversario.
«E la grandezza di Diego, di cui sono stato testimone a lungo, è in quello che mi diceva in campo: tranquillo, Ciro. Ma come facevo ad essere tranquillo? Avevo vent’anni e mi succedevano tutte quelle cose assieme in una sola serata». 
Viene da chiedersi oggi: ma sarà un calcio migliore, liberato da quegli odiosi cori? 
«È una speranza che dobbiamo avere, portandoci però dentro il timore che purtroppo qualcosa resti. Perché ci abbiamo provato, magari a parole, a sconfiggere la discriminazione, ma non ne siamo stati capaci. Non è stato possibile. E il sospetto, adesso, che passata – auguriamoci in fretta – la paura, si possa ricominciare, è innegabile». 

Paura ne ha? 
«Ho genitori che hanno una certa età, che non posso vedere, intendo dire toccare fisicamente, e con i quali ci video-telefoniamo. A mio padre chiedo spesso della sua infanzia, durante la guerra, gli aspiro i ricordi. Ho un figlio che vive e lavora a New York, può immaginare lo stato d’ansia: sta bene, chiuso in casa come noi, ma lì la diffusione del virus sta raggiungendo vette insospettabili». 

Ferrara resta, nell’immaginario, un ragazzino, che però sta per diventare nonno.
«Tra dieci giorni mia figlia Benedetta diventerà mamma di un maschietto. E conoscerò anch’io una nuova fase della vita, emozioni inedite». 

Le sue magliette saranno per i nipoti, allora. 
«E per i miei tre ragazzi. Ne ho tante, le ho collezionate e me le vado a guardare, adesso ho davanti a me quelle di Cantona, Mancini, Ortega, Bruno Conti, Butragueno, Ronaldo il Fenomeno. Ma non sto qui a contarle». 

Quella di Maradona ha un valore simbolico diverso. 

«Per ciò che ci siamo detti. Perché mi riporta a quel giorno, al momento in cui seppi di giocare, alla indicazione di Vicini, il Ct, sull’uomo da marcare: era proprio Lui, con la maiuscola». 

La sua carriera è un cerchio che si chiude. 
«Debutto in serie A in Napoli-Juventus e ultimo calcio, diciamo così ufficiale, sempre al San Paolo, in sfida incrociata tra i compagni delle mie due squadre, il Napoli e la Juventus. Doveva essere il mio addio al calcio, si trasformò nel ritorno di Diego a Napoli. Stadio pieno, entusiasmo incontenibile. Un regalo di dimensioni colossali che quel Fenomeno irripetibile mi fece: quando lo invitato, sapevo che poteva essere difficile averlo, perché di impegni ne aveva, perché difficoltà ce ne potevano essere. Quando invece ci salutammo, finita la partita, lui mi disse: “non c’è mai stato un istante in cui non è esistita la possibilità che io non fossi qua. Io dovevo esserci, per te”. Maradona non è replicabile, neanche negli affetti». 

C’è una maglia tra quelle che avete messo all’asta, che comprerebbe? 
«Le prenderei tutte, perché in ognuna ci sono sensibilità ed entusiasmo». 

Leggere il suo curriculum è imbarazzante… 
«Ma mi manca la Coppa delle Coppe, alla quale però non ho mai partecipato… E lo dico sorridendo, ci mancherebbe, senza presunzione. Ho avuto una bella vita e in questi giorni, pensi un po’, abbiamo creato una chat con la squadra Allievi del Napoli: vincemmo lo scudetto e nel conto quello non viene mai inserito».

Riguarda niente in tv? 
«Qualcosa, in questi giorni. E spero che il calcio torni, perché il calcio dà speranza, e andare in campo significherebbe aver superato la zona buia. Certo, solo quando ci sarebbero le condizioni per farlo e senza che ci sia mai un piccolissimo pericolo per chi gioca e chi sarebbe chiamato alla organizzazione delle partite. Io non ho soluzioni, non mi permetto, per le decisioni c’è la Figc, un tavolo di lavoro fatto di esperti e di persone con conoscenze e cultura speciali. Però, vorrei che si respirasse un pizzico di normalità, anche con uno stadio vuoto: ce lo faremmo piacere, anche se il calcio è della gente. E forse servirebbe anche a chi sta in casa, anzi sono sicuro che aiuterebbe. E chiudere i campionati mi sembrerebbe giusto». 

Ha avuto tempo per pensare, come tutti… 
«E non so cosa ci aspetti. Come saremo, come ci comporteremo, le sensazioni che avvertiremo quando usciremo da questa infinita clausura che è doverosa. Il rischio-contagio rimane alto, bisogna attendere. L’economia è in ginocchio, le aziende sono chiuse e la sofferenza degli imprenditori è percepibile. Rifletto sullo sport in generale, quello di base, i settori giovani. Ma anche a chi, quotidianamente, ha poco e rischia di non avere niente. Ecco perché ci abbiamo provato con questa asta». 

Immagini: un pallone al centro del Camp Nou di Barcellona.
«Va completato tutto quel che si può, Champions inclusa ovviamente. E il Napoli è in gioco, può farcela, lo ha dimostrato all’andata. Dopo una pausa così lunga, nessuno sa quale sia la condizione fisica e tattica di ognuno, e sarà ovviamente preferibile che Messi non sia in forma. Ma Gattuso è stato bravo, ha restituito fiducia, ha trasmesso molto di suo alla squadra. Ci vedi idee e capacità di gestione, in Rino, che è anche una persona fantastica, direi speciale e merita di ripartire anche nella prossima stagione».

fonte:corrieredellosport

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