Il Circo al tempo del Covid-19

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Qualche sera fa mi è capitato di guardare in Tv qualche spezzone del documentario “I Clowns” di Federico Fellini, opera che con “La strada” e il mitico “8½” conferma indiscutibilmente l’amore che il grande regista italiano nutriva per il circo. Non ho potuto fare a meno di chiedermi, osservando giocolieri e domatori, i circensi come stanno affrontando il Covid-19. Parliamoci chiaro, nei confronti di questi artisti ho sempre avvertito una specie di razzismo di categoria, nel senso che se parliamo di attori in tournée, tutti noi ci scopriamo partecipi delle loro difficoltà, ma per trapezisti, equilibristi, giostrai e artisti di strada non mi pare ci sia sempre la stessa solidarietà. Eppure il circo rappresenta più di ogni altro spettacolo lo stupore, la meraviglia del bambino che incanta anche l’adulto, un‘esperienza per chi lo vive come artista, e chi ne gode da spettatore unica, antica e irripetibile. Sul quotidiano “Avvenire” nell’edizione del Primo aprile 2020 ho letto della quarantena di alcuni artisti del circo, quella dei circensi del “Rony Roller” fermo alle porte di Roma, quella del “Circo Montercarlo” di Sandra Orfei fermo a Caltanissetta, e infine la quarantena di una parte del circo “Zavatta” che è invece bloccato a Koromilla in Macedonia. I circensi italiani stanno affrontando il Covid-19 come tutti noi, rimanendo a casa, anzi nel loro caso, nelle roulotte e nei camper, mentre l’enorme tentone (chapiteau) è chiuso nei camion. Come tutti noi stanno dando fondo ai loro risparmi per tirare avanti, anche se, in alcuni casi, non è mancata la generosità di privati cittadini, così come quella della Caritas per quelli tra loro in difficoltà economica. Il futuro per tutti questi artisti però rimane incerto, spero che anche di loro lo Stato si ricordi, che non succeda, come scrivevo prima, che siano fatte differenze; si tratti della donna cannone o di un cantante lirico, stiamo in tutti e due i casi davanti a un lavoratore dello spettacolo che merita di beneficiare dello stesso rispetto e trattamento previdenziale, sembrano affermazioni banali, ma ahinoi nel nostro Paese è meglio ribadirli certi concetti. Infine il mio pensiero va agli animali, leggevo sempre sul quotidiano “Avvenire” che per tigri e leoni occorrono grossi quantitativi di carni bianche e rosse, latte e uova ; spero che un contributo economico sia elargito, se necessario, anche per loro affinché queste povere bestie non patiscano la fame. Non mi piace vedere gli animali in gabbia né tantomeno essere costretti da un domatore a fare esercizi a comando, lo trovo umiliante e poco dignitoso per l’animale, ma questo è un altro discorso. Oggi a me preme nel mio piccolo dare voce a questa categoria di lavoratori, mi riprometto di occuparmi anche di altre categorie in difficoltà, con un occhio di riguardo sempre rivolto, in questo caso particolare, al benessere anche degli animali, con l’augurio che quest’arte antica possa continuare, senza di essi perché le tigri, i leoni e gli elefanti non sono stati creati per fare i “clown” nella pista di un circo.
Luigi De Rosa

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