Sorrento in tempo di coronavirus, cittadini chiusi in casa  ed affumicati.

In un periodo di forte emergenza come quello che stiamo vivendo, non si arresta la stupida usanza di bruciare le sterpaglie nei giardini lungo il territorio sorrentino. Il cui fumo tossico entra nelle abitazioni, dove i cittadini, a causa delle direttive emanate dal Governo e dal SSN sono costretti a stare notte e giorno. Aumentando in tal modo disagio al disagio. Cosa prevede la Legge.

Sorrento -Anche lungo tutto il territorio sorrentino, durante il periodo di potatura delle piante ed in particolare durante la  primavera molti agricoltori preferiscono bruciare foglie e rami anziché gestirle come prevedono le norme come  rifiuto. Per tale motivo, anche in questi giorni di emergenza da contagio coronavirus ,si notano spesso fuochi e fumi, accesi lungo le nostre colline e talvolta anche dagli agrumeti e giardini in pieno centro abitato. Un fenomeno che senz’altro aggrava la già critica situazione di tanti cittadini costretti dalle rigide e corrette direttive emanate dal Governo e dal Servizio Sanitario Nazionale come l’ordine tassativo di rimanere a casa. Ora è chiaro che  rimanere per giorni e forse settimane in spazi ristretti, come talvolta può essere anche un giardino ed un cortile, e allo stesso tempo respirare di giorno e di notte fumi provenienti da roghi  non è affatto piacevole.  Oltre a rendere l’aria irrespirabile, gli effetti immediatamente tangibili di questi roghi sulla salute umana, sono irritazioni alla gola e agli occhi, tosse secca, senza considerare gli effetti devastanti sui soggetti asmatici allergici. Non solo spesso nei fumi si riscontra un forte ed irrespirabile male odore di combustione di materiali plastici che sta a dimostrare come il tutto avviene in maniera approssimata. Senza nemmeno scartare il materiale da bruciare. “Un altro grave aspetto da considerare che non può essere trascurato è quello relativo alla produzione di benzopirene” – fa sapere da Piano di Sorrento il Consigliere di Opposizione, Salvatore Mare (M5S) da tempo molto attivo sul territorio in merito alle questioni relative all’ inquinamento –  “questi è un idrocarburo classificato cancerogeno, categoria 1 dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro. Giacché viene facilmente assorbito dalle polveri sottili, PM10 e PM2,5 che scaturiscono dalla combustione di biomasse. Queste micro particelle non sono filtrabili e vanno direttamente nelle basse vie respiratorie entrando in circolo nel corpo umano (e animale).”

In un tale contesto purtroppo si rileva ancora  un’ inspiegabile ed assurdo immobilismo da parte delle amministrazioni comunali che anche in questi giorni, dove la maggior parte dei cittadini è costretta a casa , continuano ad  assistere passivamente a tale fenomeno. Bruciare residui di potatura potrebbe configurare un’attività di eliminazione di scarti provenienti da attività agricole e agroindustriali. Pertanto a  tutti gli effetti, siamo di fronte ad uno smaltimento irregolare di “rifiuti speciali”. La domanda rimane pertanto come il cittadino si può difendere da quella che a tutti gli effetti, oltre ad essere considerato un reato, è visto come un atto di vera prepotenza ed arroganza . Alla luce dei più recenti interventi normativi e giurisprudenziali, ci si può rivolgere al Codice Civile che all’Art. 844 punisce il proprietario di un fondo le cui immissioni di fumo nel fondo vicino superino la normale tollerabilità. Pertanto, un rogo appiccato in prossimità della proprietà confinante, che generi fumi irrespirabili e insopportabili, potrebbe essere  oggetto per una causa civile di risarcimento danni, anche se l’episodio è singolo o sporadico. Oltre al recente provvedimento che inserisce  nel Codice Penale il nuovo TitoloVI-bis che prevede come reato i delitti contro l’ambiente,la combustione dei materiali vegetali è regolamentata dal Decreto Legislativo 3 aprile 2006 n. 152 (cd. “Codice Ambiente”). Nel quale l’Art. 182, comma 6-bis tra l’altro prevede: “I comuni e le altre amministrazioni competenti in materia ambientale hanno la facoltà di sospendere, differire o vietare la combustione del materiale ,di cui al presente comma, all’aperto in tutti i casi in cui sussistono condizioni meteorologiche, climatiche o ambientali sfavorevoli e in tutti i casi in cui da tale attività possano derivare rischi per la pubblica e privata incolumità e per la salute umana, con particolare riferimento al rispetto dei livelli annuali delle polveri sottili (PM10)”. Mentre l’Art. 256 vieta di bruciare rifiuti di qualsiasi tipo, anche provenienti da attività agricole e agroindustriali. Mentre l’Art. 256 bis formulato dal Decreto Legge n.136 del 10.12.2013 di riforma dei reati ambientali, introduce il reato di combustione illecita di rifiuti (punito con la reclusione) a carico di chiunque appicca il fuoco a rifiuti abbandonati o depositati in maniera incontrollata in aree non autorizzate.  Le pene previste variano da 2 a 6 anni di reclusione. A seconda si tratti di rifiuti ordinari o pericolosi. La pena inoltre può essere aumentata di un terzo, se i delitti sono commessi nell’ambito dell’attività di una impresa o di un’attività organizzata. Il trasgressore sarà chiamato anche a rifondere le spese di bonifica dell’area. – Sebbene l’ Art. 59 del T.U.L.P.S: il Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza stabilisce che in mancanza di regolamenti locali specifici, è vietato fare fuochi nei campi e nei boschi prima del 15 Agosto e a meno di 100 metri di distanza da case, boschi, siepi o cumuli di materiale infiammabile. e l’ art. 14 Regolamento di igiene: vieta di fare fuochi nelle vicinanze degli abitati, la III Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la Sentenza del 18/12/2017 n. 56277 , è tornata sulla materia indicando quando bruciare i residui vegetali è da considerarsi un reato e non una normale pratica agricola.La Suprema Corte precisa e conferma che si contempla un’attività di gestione di rifiuti e non la realizzazione di una normale pratica agricola, se non vengono rispettati i limiti e le condizioni stabilite dall’art 182, comma 6 bis, del D.L. Lgs.152/06, ovvero, l’abbruciamento viene effettuato fuori dal luogo di produzione; eseguito, anche nel luogo di produzione, ma non finalizzato al reimpiego dei materiali come sostanze concimanti ed ammendanti; riguarda cumuli superiori al quantitativo giornaliero consentito dalla norma (3 m steri per ettaro). A tal punto in relazione a quanto puntualmente accade lungo il territorio sorrentino sarebbe opportuno che le restanti amministrazioni comunali seguissero l’esempio del Comune di Piano di Sorrento che con l’Ordinanza Sindacale n. 61 del 1/7/2016, su sollecitazione del solito Salvatore Mare (M5S) fa obbligo ai proprietari o detentori di fondi rustici e urbani di effettuare la regolare e costante cura, pulizia e manutenzione dei terreni, e divieto assoluto di abbandonare e depositare il materiale di risulta.A tale scopo nell’ordinanza è indicato il metodo di smaltimento di tali rifiuti che potrà avvenire mediante accordi con Penisolaverde S.p.A., quale gestore del servizio di raccolta dei rifiuti urbani. Tuttavia il consiglio rimane ancora una volta per i cittadini di rimanere tranquilli nelle proprie abitazioni,e per gli agricoltori che smaniano di fare pulizia nei loro fondi di attenersi alle norme e pensare a coloro che non sono fortunati come loro di  avere un giardino oppure un fondo agricolo dove distrarsi in questi particolari giorni. Mai come in questi drammatici momenti il rispetto delle regole e anche delle altrui sofferenze è fondamentale! .– 18 marzo 2020 – salvatorecaccaviello

 

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