Sant’Agnello la proposta di Sagristani “Più tamponi per il coronavirus”. L’esperienza dell’Oncologo Cavanna a Piacenza. In Corea e Singapore così non hanno fermato il paese

Sant’Agnello la proposta di Sagristani “Più tamponi per il coronavirus”. L’esperienza dell’Oncologo Cavanna a Piacenza. In Corea e Singapore così non hanno fermato il paese . Positanonews sta facendo un lavoro sul “campo” come dovrebbero fare i giornalisti anche in questa vicenda. Possiamo quindi parlare con cognizione di causa, l’ospedalizzazione è disastrosa per i malati di Covid, e non per colpa degli infermieri e medici, che chiamarli eroi non è riduttivo visto che non vengono messi neanche in condizioni di sicurezza. La cronaca è piena di proteste per la mancanza di Dpi, i dispositivi adeguati di protezione, le condizioni di incertezza in cui lavorano, la precarietà di Boscotrecase, giusto per parlare di questa parte della provincia di Napoli, che va da Sorrento a Castellammare di Stabia, di cui ci occupiamo, ma crediamo che nel resto della Campania, se escludiamo il Cotugno e il Pascale, siamo messi abbastanza male, segnali poco confortanti vengono anche dalla provincia di Salerno. Probabile che la situazione critica della Lombardia sia dovuta proprio dall’ospedalizzazione, pure abbastanza disastrosa a causa di Formigoni e compagni, come raccontano le cronache, e da altri fattori che hanno fatto trovare impreparati tutti. L’Italia in ginocchio si rialzerà, quando e come solo Dio lo sa, ma intanto bisogna affrontare l’emergenza seguendo modelli vincenti, come Corea e Singapore .
Giusta la riflessione di Piergiorgio Sagristani, sindaco di Sant’Agnello, che si è trovato a Vico Equense dove lo sa solo Dio perchè hanno mandato persone sospette da Covid 19 da altri ospedali, non essendo minimamente attrezzati alla bisogna , poi , sempre per misteri della Fede, ci spiegheranno la scelta di Boscotrecase e come si sono organizzati, se si sono organizzati. Come abbiamo detto la situazione è generalizzata, siamo in emergenza, è chiaro. Cosa dice Sagristani?

Sempre piu convinto che se non si inizieranno a fare tamponi a tutti i parenti e tutti i contatti dei contagiati monitorando gli spostamenti e a tutto il personale sanitario e non si inizieranno test rapidi di massa difficilmente bloccheremo la diffusione del virus!! La battaglia si deve vincere prima dell ospedale e delle terapie intensive !!!

Dunque il modello Coreano e di Singapore? La quale ultima non ha mai fermato l’economia, ricordiamolo.

Piergiorgio Sagristani dice una cosa sacrosanta, in linea con la tesi di Positanonews, non è chiudendo tutto o riducendo ancora di più le chiusure, che fra l’altro rende difficile a chi vuole rimanere a casa non assembrarsi , che si risolve il problema. Sulla sua linea dovrebbero porsi tutti i sindaci della Penisola Sorrentina. Anzi possibilmente tutti dovrebbero avere una sola linea, considerando che da Massa Lubrense a Meta il territorio può considerarsi grosso modo un comune unico, sopratutto Sorrento, Sant’Agnello, Piano e Meta. La Penisola sorrentina potrebbe avere le risorse per chieder questo intervento, anche se lo scenario della sanità in Campania, ma ripetiamo è generale per l’ Italia il discorso, è sconfortante. Non si riescono a fare i tamponi ordinari, ci mettono ancora quattro giorni per un risultato, di più se si chiede la conferma allo Spallanzani di Roma. Ma la strada indicata da Sagristani è quella giusta, anzi andiamo oltre, bisognerebbe non solo stare a casa, ma curarsi a casa. In Ospedale, ora come ora, si vive una situazione al limite.

In Italia ualcosa di simile lo hanno fatto a Piacenza l’oncologo Luigi Cavanna, un vero e proprio illuminato.

Hanno cominciato in due il primario del reparto di oncologia dell’ospedale di Piacenza, Luigi Cavanna e il suo caposala Gabriele Cremona, in modo quasi volontaristico. Si sono messi a girare casa per casa, con un saturimetro, un ecografo portatile, un sacchetto di farmaci, per cercare di individuare precocemente i casi di coronavirus, trattarli subito, ed evitare così che i pazienti peggiorassero e finissero ricoverati. In due settimane, lavorando senza soste, tutti i giorni, sabato e domenica compresi, ne hanno visti oltre sessanta e di questi solo quattro hanno poi avuto bisogno di cure ospedaliere.

Dove non è arrivata la lungimiranza delle autorità hanno funzionato, l’intuizione, la buona volontà e la caparbietà di due operatori sanitari. Un intervento i cui risultati sono stati così promettenti da spingere la provincia a mettere in piedi una task force di trenta medici che da martedì 24 marzo batterà tutto il piacentino per cercare di identificare e fermare questa tremenda epidemia nelle sue fasi iniziali. Perché come insegna l’esperienza del professor Cavanna il tempismo fa la differenza.

«Ciò che è accaduto nella realtà di Piacenza ha stravolto la vita della città e in pochissimi giorni tutto il nostro ospedale è stato invaso da casi di Covid19», racconta il medico. «Osservando la storia dei pazienti che arrivano in pronto soccorso, anche una sessantina per notte, si capisce che il decorso è sempre lo stesso: 15 giorni di febbre, tosse e poi difficoltà respiratorie. Spesso quando arrivano in ospedale la situazione è già molto grave. Noi abbiamo cominciato ad andare casa per casa fin dai primi giorni per provare ad anticipare l’evoluzione del virus. All’inizio valutavamo soprattutto i pazienti oncologici, poi abbiamo ampliato la ricerca». Dall’esperienza di Cavanna l’identificazione veloce della malattia, ma soprattutto le cure con gli antivirali possono svoltare la situazione.

«Un conto sono l’ictus o l’infarto che arrivano senza preavviso», spiega ancora il medico, «il virus ci dà più tempo, ma se aspettiamo che i malati siano da ricoverare può essere tardi. Ricordo una notte drammatica in cui c’erano tutta la sala d’attesa dell’ospedale di Piacenza piena e le ambulanze fuori in fila ad aspettare di scaricare nuovi malati, lì ho capito che c’era qualcosa di sbagliato». Questa malattia dice ancora il dottor Cavanna è arrivata tra capo e collo e ha spiazzato tutti, ma adesso è il momento di reagire.

Nella maggior parte ai malati che restano a casa non viene fatto nemmeno il tampone, ma il punto non sta qui, spiega lui: «I tamponi ci sono e se necessario li possiamo fare, ma quando si visita un paziente con un quadro clinico tipico e inconfondibile: febbre, tosse secca, dolori articolari e difficoltà respiratoria, non serve neppure. Possiamo risparmiare un tampone e utilizzarlo più avanti per valutare la guarigione. Quello che conta è la somministrazione precoce dei farmaci antivirali che possono evitare che la situazione degeneri e che funzionano meglio quanto prima vengono assunti. Utilizziamo idrossiclorochina e Rezolsta. Questo virus è nuovo e all’inizio ci ha colti impreparati: pensavamo davvero fosse una brutta influenza, ma non è così. Molti pazienti sono rimasti giorni e giorni con la febbre alta senza trattamenti specifici e questo può determinare un evolversi drammatico della situazione. Questa è una malattia insidiosa che non colpisce solo gli anziani ma anche i giovani in buona salute: non bisogna aspettare perché un intervento tardivo può cambiare il corso delle cose. La situazione può precipitare molto velocemente».

Il professore spiega anche che vengono curati con gli antivirali circa l’80 per cento dei casi: «Non trattiamo solo chi ha sintomi molto lievi e chi non ha un interessamento polmonare, cosa che siamo in grado di valutare con la visita e l’ecografia. Del resto si parla tanto di medicina d’iniziativa, di andare a cercare il malato prima che si ammali e questo è proprio il caso in cui agire così».

Ma perché questo tipo di modello virtuoso di intervento non viene replicato su tutto il territorio nazionale? «Intanto, oltre alla provincia di Piacenza, anche la Regione sta valutando di seguire il nostro esempio», dice, «la rapidità dell’onda che ci ha travolto non ci ha dato il tempo per organizzarci ma adesso stiamo mettendo a fuoco le priorità».

 

Anche il dottor Cavanna ha paura ma questo non basta a fermarlo: «È l’evento più drammatico del secondo Dopoguerra. Andare per le strade a cercare il virus è come andare al fronte: ci vai perché ci devi andare è il tuo dovere, cerchi di lavorare in sicurezza, ma sai che i rischi sono alti. Ho visto tanti colleghi ammalarsi, ma poi quello che ti ritorna dalle persone che curi è tantissimo. Fa parte della cultura dell’oncologo farsi carico dei bisogni del malato. Quando li vedi come fai ad ignorarli?».

Dobbiamo cercare di fermare questo nemico terribile ed invisibile prima che distrugga altre vite, altre famiglie, l’intera società e l’economia di un Paese.

Nella foto Sagristani con Lucia Gargiulo

Commenti

Translate »