Riccardo Cotarella: «Andò peggio col metanolo»

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Iperfrenetico, sempre in giro per l’Italia e per il Mondo. A casa in Umbria solo nei fine settimana. Era la vita di Riccardo Cotarella prima dell’arrivo del Coronavirus perchè adesso, come quasi tutti, è costretto a restare a casa, come scrive Luciano Pignataro sul Mattino.

Come passa la giornata?

«Potrei dire al lavoro, restando in contatto con tutti sia dal punto di vista professionale che associativo. Ho più tempo ovviamente, sto bene in famiglia e ho iniziato a studiare il giapponese».

Giappone, Russia, Francia: lei è impegnato in tante diverse aree vitivinicole. Qual è la situazione in Italia?

«C’è un momento di preoccupazione in tutto il settore. All’inizio un vero e proprio sbandamento, soprattutto quando  sembrava che la cosa dovesse riguardare solo l’Italia e ci dipingevano come i nuovi untori. Abbiamo avuto delle spedizioni di vino rimandate indietro per questo motivo. Poi, un po’ perché il problema è diventato globale, un po’ grazie alle misure decise dal governo che hanno dato l’impressione di un Paese unito e coeso nell’affrontare questa battaglia, almeno questo aspetto è stato superato».

Resta la contrazione delle vendite.

«Naturalmente, perciò ho fatto un video messaggio a tutti i colleghi invitandoli a resistere e a prepararsi per essere pronti quando tutto questo finirà. Anche perché il vino italiano vive grazie all’export».

Ci possono essere margini di ottimismo?

«Chi coltiva la terra deve essere ottimista. Guardi, il vino è parte della nostra cultura, del nostro essere uomini e ci ha accompagnato in tutte le vicende storiche nel bene come nel male. Abbiamo visto di peggio».

La crisi del metanolo del 1986.

«Esatto. Oggi nei supermercati il vino si può acquistare. All’epoca si fermò tutto per tre mesi. Eppure quel periodo così terribile ha segnato l’inizio della enologia moderna in Italia, il rilancio di un prodotto in grado di competere
ad ogni livello con chiunque, compresi i francesi. Prima della crisi del metanolo il vino era sostanzialmente rosso,  bianco e rosato, dopo è iniziata una cavalcata trionfale e sono convinto che quando la gente tornerà in strada il nostro settore sarà tra quelli trainanti della economia. Siamo forti ed abbiamo tanta esperienza per poterlo fare».

Un vostro comunicato sul consumo di vino è stata l’occasione da parte di alcuni medici di avanzare delle critiche.

«Risponderemo senz’altro e ben documentati sull’argomento, ma non per polemizzare quanto per fare finalmente chiarezza su un tema così delicato, adesso è proprio il caso, in questi giorni così tragici e nei quali ognuno è preoccupato per se e per i propri cari di fare polemiche e per rispetto dei medici, tutti, che sono in trincea. Non è neanche il momento per affrontare qualcosa di molto serio che avevamo già in programma: nel prossimo congresso, previsto a Genova dal 30 ottobre al novembre tratteremo il tema «Vino e Salute», cercando una volta per tutte di fare chiarezza e mettendo a confronto le opinioni, a volte contrastanti, che illustri luminari hanno espresso nelle loro ricerche scientifiche. Ci sono ricercatori che demonizzano il vino tout court, altri che lo consigliano. Cercheremo di capire perché dando la parla agli scienziati, non agli sciamani».

Il mondo del vino è in salute. Ma cosa sta facendo di concreto per questa emergenza Assoenologi?

«Abbiamo appena lanciato una raccolta di fondi a sostegno degli ospedali che sono sotto pressione invitando aziende, produttori, sommelier, appassionati, enotecari, ristoratori, a dare il loro contributo, ciascuno secondo le proprie possibilità».

Berremo l’annata 2020?

«Certamente e faremo di tutto perché sia buona. Battute a parte, adesso l’annata 2019 sta riposando sotot l’occhio attento dell’enologo. I lavori in vigna e in cantinasono possibili osservando le norme di sicurezza. Certo, se il  Coronavirus ci avesse aggredito a ottobre sarebbe stata davvero difficili. C’è anche una cosa positiva che vorrei dire».

Quale? 

C’è più tempo per studiare. Tutti a casa possono seguire corsi e approfondire ancora di più la conoscenza di questo mondo. Ieri mi ha scritto un amico il cui figlio vuole fare Enologia. Lui era contrario, ma dopo aver visto come ci stiamo muovendo ha cambiato parere: sono orgoglioso che abbia scelto questa professione».

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