Positano . La spiaggia deserta col sole, non è tristezza ma rispetto delle regole e senso di civiltà. L’orgoglio di essere della Costiera amalfitana e di essere italiani

Positano. La Spiaggia Grande deserta oggi in una giornata di sole e di caldo estivo è forse il simbolo di questo momento. Simboleggia l’orgoglio di essere di Positano , della Costa d’ Amalfi, di TUTTA LA COSTIERA AMALFITANA, da Positano ad Amalfi, da Ravello a Minori fino a Cetara e Vietri sul mare , TUTTI I COMUNI, tutti i sindaci, con la collaborazione dei cittadini, si sono rimboccate le maniche . La spiaggia deserta col sole, non è tristezza ma rispetto delle regole. Costiera amalfitana tutta da encomiare contro il coronavirus resta a casa e spera . Sono momenti difficili per tutti, ci sono stati momenti altalenanti, che vanno compresi, da chi voleva salvare la stagione turistica, ed era quello che speravamo tutti, quando noi non abbiamo nascosto le notizie, avvisato delle possibilità, qualcuno ha detto che non si riconosceva nel nostro giornale, che facevamo perdere prenotazioni ( che ora , visto che la situazione è precipitata, non si possono accettare, poi se abbiamo questo potere ci danno un bel riconoscimento, ndr) è normale, capiamo.

Neanche noi avremmo voluto parlarne, ma capivamo che se si alzava la guardia si evitava il rischio di bloccare tutto, e così sono comprensibili anche gruppi sui social che cercavano di salvare il salvabile, questo si farà dopo l’emergenza, daremo tutti il nostro contributo gratuitamente per il territorio, come sta facendo da 15 anni Positanonews, e sulla carta stampata da oltre trenta anni. Per amore, solo per amore, della mia terra. Ora è il momento dell’orgoglio. Vigili e forze dell’ordine stanno facendo rispettare il decreto. I nostri sindaci si stanno dimostrando all’altezza come ha detto oggi, in una chiacchierata, l’ingegner Peppe De Rosa “Mentre i politici nazionali bisticciano sui social, i nostri Sindaci hanno tenuto e stanno tenendo un profilo serio, rassicurante, fattivo. Di coordinamento fra di loro e con le Forze dell’Ordine. E’ servito il coronavirus per metterli tutti insieme.”

Sono da encomiare gli stessi cittadini , oggi era una giornata meravigliosa, abbiamo documentato molto brevemente, come facciamo tutti i santi giorni per il dovere che sentiamo di avere, dopo 35 anni di giornalismo , di informare su tutto del territori, una spiaggia praticamente deserta. Non deve intristirci, significa che stiamo rispettando le regole, e chi più di noi lo fa con sacrificio evitando il piacere della passeggiata in spiaggia?

Ma lo stesso in tutti gli altri comuni, controlli a Conca dei Marini verso Agerola, controlli ad Amalfi, Maiori e così via. Ma si è capito che qui le regole le rispettiamo. Momenti di confusione, agitazione, a volte la caccia all’untore, quello che è tornato da Milano, tizio da qui e da la, il turista, inconsapevole e incolpevole, che girava ramingo magari venendo dagli alberghi di Sorrento, non è un criminale, gli va comunicato e va invitato a rispettare le regole, purtroppo bisogna stare a casa più possibile se non si vuole che il contagio si propaghi. I comuni , con i volontari della Millennium di Amalfi, della Croce Rossa, e di tanti altri, si stanno organizzando per aiutare i più deboli. E’ il momento della calma, il momento della speranza. In Costiera amalfitana non ci sono casi di contagio, crediamo che non ce ne saranno per come si sono messe le cose. Dobbiamo essere orgogliosi di come ci si sta comportando .

La capacità degli italiani è stata apprezzata anche dal direttore di Villa Tre Ville di origine Svizzera “All’estero non ci ritenevano capaci di essere così rispettosi delle regole, grande prova di civiltà, anche se è triste vedere le piazze di Roma, Firenze, Venezia vuote e ci vorrà molto lavoro per risollevarsi”

La chiusura della società aperta appare una contraddizione, scrive Peppe Severgnini. Ma dobbiamo provarci e ci stiamo provando. Ci stiamo provando davanti agli occhi del mondo, che teme di dover affrontare presto una prova simile. Sono occhi insoliti, ammirati e diffidenti insieme. Gli italiani sono vittime di stereotipi come poche altre nazioni: tutti credono di conoscerci. Due aggettivi che spesso vengono associati a noi sono «socievoli» e «indisciplinati». Ecco: per un po’ dovremo essere disciplinati e rinunciare a stare con gli altri. All’estero, pochi ci credono capaci di tanto. Ma sono convinto: sorprenderemo tutti.

Non sarà facile, certo. Di colpo, non temiamo più le cose, i luoghi, le parole, le situazioni: temiamo le persone. Il corpo, il contatto, il respiro. Un istinto nuovo che ci mette a disagio: apparteniamo a una cultura legata più ai sensi che alle idee. Ma possediamo anche realismo, resilienza e reti sociali: tre caratteristiche che ci avvicinano ai cinesi, i quali questa battaglia virale l’hanno appena combattuta: con successo, pare. Nei momenti più drammatici della nostra storia recente — la guerra mondiale, il terrorismo — abbiamo tirato fuori risorse sorprendenti. Sarà così anche questa volta.

Anni fa, durante un incontro pubblico negli Usa mi hanno chiesto di riassumere l’Italia in una frase. Ho risposto: «Non siamo né l’inferno né il paradiso, come credono molti di voi. Siamo un fascinoso purgatorio pieno di anime interessanti, ognuna convinta di essere speciale». Ecco: le anime in questione ora devono dimostrare che le persone speciali, in tempi eccezionali, si salvano facendo cose normali. Per esempio, rispettando le regole. In questi tempi virali, vuol dire: restare in casa, uscire quando serve, evitare luoghi affollati, lavarsi spesso le mani.

Molti dubitano che ne saremo capaci. Diversi commenti stranieri che ho letto, e alcune telefonate dall’estero che ho ricevuto in questi giorni, dimostrano che i pregiudizi sono duri a morire. In una intervista con una radio americana, non mi sono trattenuto: invece di dubitare che noi ce la faremo, perché non pensate a organizzarvi? Anche perché negli Stati Uniti non avete il nostro servizio sanitario nazionale, dove tutti vengono curati, senza domande prima e senza fatture dopo.

So cosa state pensando. E le migliaia di persone che domenica si sono riversate sulle spiagge e radunate nelle vie strette della movida, da Treviso a Catania? E la fuga disordinata dal Nord, quando sono trapelate le notizie della chiusura della Lombardia e di altre province? Italiani anche loro, certo. Italiani incoscienti, in qualche caso. Italiani spaventati, forse confusi dall’improvvisa fermezza del governo, e certamente frastornati dai commenti ubiqui e incessanti. Questa è la prima epidemia social, non dimentichiamolo.

I superficiali e i catastrofisti tra noi, quasi sempre in buona fede, ci hanno messo su una vertiginosa altalena emotiva. Passiamo dall’ottimismo al pessimismo nel giro di pochi minuti, suggestionati da un’immagine, un pronostico, un numero o un messaggio. Non dobbiamo vergognarci, ma da quell’altalena dobbiamo provare a scendere. Magari scoprendo l’orgoglio del coraggio ritrovato. Quello che tiene in piedi medici e infermieri, ed è più forte di ogni preoccupazione. Quello che nella mia piccola, grande città — Crema — in poche ore ha spinto mille persone a versare cinquantamila euro per sostenere l’ospedale, da giorni sotto pressione.

Mi chiedo cosa scriverebbe Indro Montanelli, in giornate come queste. Si arrabbiava spesso con gli italiani, per tre motivi: era un italiano anche lui, all’Italia voleva bene e dei connazionali — in fondo — era un segreto estimatore. Sapeva che siamo un popolo pieno di talenti, e non sopportava di vederli sprecati. Credo che oggi ci inviterebbe a rileggere una poesia di Rudyard Kipling, la sua preferita. S’intitola If («Se»). Un padre spiega al figlio come diventare uomo. Inizia così:

If you can keep your head when all about you
Are losing theirs and blaming it on you,
If you can trust yourself when all men doubt you,
But make allowance for their doubting too

Se riuscirai a non perdere la testa quando tutti
la perdono intorno a te, dandone a te la colpa;
se riuscirai ad aver fede in te quando tutti dubitano,
mettendo in conto anche il loro dubitare.

Ecco, se riusciremo a non perdere la testa, mentre molti sembrano averla persa; se sapremo capire lo scetticismo del mondo, smentendolo con i fatti, allora potremo dire: noi siamo italiani. Non sottovalutateci mai.

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