Coronavirus: «Indice di contagio sceso a 1 ma che confusione sui dati»

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Coronavirus: «Indice di contagio sceso a 1 ma che confusione sui dati». Tutti aggrappati ai numeri. E però c’è il caso dei “nuovi casi”. Cioè la difficoltà di intercettare nel fiume di dati quotidiani il numero-chiave per seguire l’andamento dell’epidemia e capire se il peggio sia alle spalle oppure debba ancora arrivare e quando: quanti sono i nuovi contagiati? Come scrive il Mattino, con i numeri è facile perdersi e allora prima di leggere con l’aiuto di un matematico i valori ufficiali è opportuno partire da un esempio facilissimo e poi applicarlo ai dati di ieri. La Protezione civile ogni giorno alle 18 fa il suo bollettino spiegando quante persone sono per fortuna guarite, quante purtroppo sono morte e quanti sono gli “attualmente positivi”, cioè i casi attivi, confrontandoli con il giorno precedente. Partiamo da numeri semplici. Immaginiamo che in Italia ci siano tre soli malati da coronavirus, tutti ricoverati in una stanza con quattro letti. La Protezione civile quando aggiorna i dati ci dice: «Ieri i malati erano tre, oggi sono quattro, uno in più, la stanza è piena». I giornalisti, abituati per mestiere a semplificare, titolano sui siti: «C’è un nuovo contagiato!» Ma sbagliano. La Protezione civile infatti in quello stesso giorno ha anche detto che dei tre malati che avevamo, uno per fortuna è guarito e uno purtroppo è deceduto. Dei malati del giorno prima, insomma, nella stanza ne era rimasto uno soltanto e se la stanza a quattro letti adesso è tutta piena i “nuovi contagiati” sono tre e non uno soltanto. Per capire quanti sono i contagiati del giorno (o più esattamente i nuovi casi diagnosticati) bisogna quindi fare la somma tra i maggiori malati, i guariti e deceduti. Perché il dato più importante la Protezione civile non lo dà? «Me lo sono chiesto anche io – risponde il matematico Nicola Fusco, premio Caccioppoli nel 1994 e prof alla Federico II – non c’è dubbio che il metodo seguito è fuorviante». Non si può dire che i numeri siano nascosti, perché i dati ci sono; tuttavia la loro lettura non è immediata. Facciamo il caso dei numeri diffusi ieri, passando quindi dall’esempio semplice della stanza a quattro letti alla situazione italiana reale. Ieri la Protezione civile ha detto che i guariti sono stati 1.434, i morti 889 e i casi attualmente positivi sono aumentati di 3.651. Ok, ma quante sono le nuove persone che sono risultate positive? Non basta dire «3.651» e festeggiare il calo di contagi rispetto ai 4.401 di venerdì, perché quel numero sarebbe stato vero se i malati del giorno prima fossero rimasti gli stessi. Bisogna tener conto anche di chi è guarito (per fortuna tanti) o deceduto (purtroppo molti) per cui la somma dei tre valori fa 5.974, cioè un livello praticamente identico ai 5.959 del giorno precedente. Di buono c’è che il valore di contagiati di ieri è inferiore rispetto al dato registrato lo scorso sabato 21 marzo, quando il numero di nuovi casi diagnosticati fu di 6.557. Quindi si può dire che il “picco” dei contagi è già alle spalle da una settimana e di sicuro abbiamo fermato l’impennata; tuttavia la discesa vera e propria non è ancora iniziata. In Campania invece ieri si sono registrati 170 nuovi casi portando il totale a 1.752, con un incremento giornaliero del 10,7%. I tamponi effettuati sono stati 1.086 per cui l’incidenza di positivi è del 15,7% cioè in lieve rialzo rispetto al 15% medio finora registrato. Ma non c’è allarme: «La Campania – sottolinea Fusco – è una delle regioni che ha
effettuato più tamponi rispetto alla diffusione del contagio, molto più vicina al modello Veneto che a quello della Lombardia». Tuttavia anche se il dato più significativo per seguire l’andamento dell’epidemia è quello dei “nuovi casi”, non è che gli altri numeri non servano a nulla. In particolare l’andamento dei decessi è quello socialmente più rilevante e visto che secondo l’Istituto superiore di sanità la morte arriva in genere dopo9-10 giorni da quando il  coronavirus è diagnosticato, c’è da attendersi valori molto elevati ancora a inizio aprile, a meno che le terapie che si stanno sperimentando non mostrino una maggiore efficacia. Molto importante, ovviamente, è sapere quanti sono gli “attualmente positivi”, soprattutto se in terapia intensiva, perché
quello è l’indicatore decisivo per testare la capacità del sistema sanitario di fronteggiare l’emergenza. Anche quando il numero di nuovi contagiati inizia a scendere, infatti, il totale di persone ammalate tende a salire, pur tenendo conto di guarigioni e decessi. Secondo le stime di Fusco, che più volte nelle scorse settimane ha dimostrato di centrare con le sue stime l’andamento dell’epidemia in Italia, la curva degli attualmente positivi toccherà il suo punto più alto qualche giorno dopo Pasqua e poi inizierà a scendere.

L’INDICE ERRE ZERO
L’analisi di Fusco si basa su un numero decisivo per capire come evolverà l’epidemia e che si ricava a partire proprio dai “nuovi casi”. Questo valore è chiamato tecnicamente R0 (erre zero) e indica un concetto non difficile da afferrare: ogni persona ammalata prima di guarire (o morire) quante persone contagerà? Immaginiamo che il valore sia 2; questo vuol dire che il primo ammalato (il paziente zero) contagerà due persone che ne contageranno quattro che ne contageranno otto che ne contageranno sedici di raddoppio in raddoppio fino a numeri da brivido. Se invece dall’inizio il valore fosse 1; il primo ammalato prima di guarire (o morire) contagerebbe solo una persona che a sua volta ne contagerebbe solo una, che ne contagerebbe un’altra in una
sorta di staffetta in cui il numero di ammalati resta stabile. Ebbene, Fusco proprio analizzando i nuovi casi diagnosticati giorno per giorno ha determinato mediamente in Italia ciascun contagiato a quante persone ha trasmesso il virus. Il 10 marzo, appena scattato il blocco nazionale, quel valore era 2,3; il 15 marzo è sceso a 2,1; il 21 marzo (giorno del picco di contagi) a 1,9. Poi la discesa è stata più rapida e il 24 marzo siamo arrivati a 1,1 quasi al livello della «staffetta» cioè della stabilizzazione della malattia. Dal 25 marzo siamo scesi quota 1. Massima prudenza, quindi: il peggio lo stiamo vivendo in questi giorni ma la schiarita non è lontana.

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