Coronavirus. Continua la caccia al “Paziente zero”

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Coronavirus. Continua la caccia al “Paziente zero”. Nella mappa dei contagi in Lombardia, con i numeri in aggiornamento di ora in ora, c’è un prima e un dopo. Sono le 18.30 di ieri sera quando crolla ogni certezza. E dalla Lombardia al Veneto il mistero si infittisce perché in entrambe le regioni si apre la caccia ai «Pazienti zero» fondamentale per arginare i focolai. Fino alle 18.30 l’espansione del coronavirus in Lombardia, anche se con una velocità di diffusione che sorprende gli esperti stessi, è limitata a un raggio di 30 chilometri intorno a Codogno e al suo ospedale. Medici, infermieri, familiari e amici, tutti gli ammalati insomma, sono collegati tra loro. È nella cittadina da 16 mila abitanti nel Lodigiano in cui il «Paziente uno» va a cena con l’amico manager di ritorno da Shanghai il primo febbraio, beve una birra al pub di Casalpusterlengo il 4, si fa visitare dal medico di famiglia il 17 e soprattutto entra in pronto soccorso per ben due volte il 18 e il 19.

Il nuovo scenario
Dopo le 18.30 lo scenario cambia drammaticamente. Il coronavirus arriva al San Raffaele di Milano, capitale della sanità italiana, mille posti letto per 15 mila persone ogni giorno che transitano compresi i cinquemila lavoratori. Qui è ricoverato da una settimana un uomo di Sesto San Giovanni. Per gli epidemiologi dell’Asl di Milano e dell’assessorato alla Sanità guidato da Giulio Gallera adesso la nuova sfida è capire l’evolversi della catena dei contagi, fondamentale per adottare le misure di contenimento del virus: «Non si trova alcun collegamento. È un anziano che non è mai stato a Codogno», è la voce che rimbalza a tarda sera dall’Unità di crisi in Regione dove praticamente nessuno sta dormendo da 36 ore. E spunta anche un contagio a Mediglia, alle porte sud di Milano: un 71enne i cui contatti sono ancora tutti da ricostruire.

La sequenza dei contagi
Ancora le 18.30 di ieri. È sempre intorno a quell’ora che crolla definitivamente anche la speranza di avere individuato il «Paziente zero», il 41 enne di ritorno da Shanghai: le analisi dell’Istituto superiore di sanità non riscontrano nessun anticorpo che possa lasciare pensare che l’uomo abbia contratto il virus anche senza nessuna manifestazione influenzale. Il mistero si infittisce. Sono passate solo poche ore dalla conferenza stampa con il governatore Attilio Fontana quando la ricostruzione della catena dei contagi appare chiara, eppure sembra un’epoca fa. S’interrompe la sequenza di casi collegati. La pensionata di Casalpusterlengo, 76 anni, morta il 20 febbraio, risultata positiva al test post mortem, è andata al pronto soccorso di Codogno per una crisi respiratoria, proprio nei giorni in cui si è fatto visitare anche il «Paziente uno», il 38 enne trovato per primo positivo al virus. Un incrocio con ogni probabilità risultato fatale alla pensionata. I due ricoverati all’ospedale di Cremona: la donna di 38 anni residente a Sesto ed Uniti frequenta un infermiere di Codogno. Lei, a sua volta, infetta un amico di Pizzighettone, sempre nel Cremonese, a 10 chilometri di distanza.

La catena interrotta
La coppia di medici infettata di Pieve Porto Morone: lei pediatra, lui medico di famiglia con ambulatori a Guardamiglio e San Rocco al Porto tra il Basso Lodigiano e il Pavese. La donna va a fare una lastra all’ospedale di Codogno il 18 febbraio. Poi contagia il partner. Entrambi sono ricoverati nel reparto di Malattie infettive del San Matteo. Poi c’è il gruppo di giovani bloccato in Valtellina, un ragazzo risulta positivo al coronavirus: ma tutti provengono sempre da Codogno. Insomma per 45 contagiati — ribadiscono in Regione — il legame con il Lodigiano è accertato. Tra cui il cognato del «Paziente zero», anche lui comunque della zona. Ma, con il malato del San Raffaele, quello di Mediglia e l’improvvisa nuova caccia al «Paziente zero», la catena si interrompe. E torniamo alle 18.30 di ieri sera.

Il derby in un bar di Vo’ Euganeo
Dalla Lombardia ai 17 casi del Veneto, la ricostruzione della catena dei contagi è sempre al centro del lavoro degli esperti e anche lì gli interrogativi sono molti. Chi ha contagiato Adriano Trevisan, il 78 enne di Mira, primo morto italiano da coronavirus? Il 9 febbraio l’uomo guarda il derby Inter-Milan alla Nuova locanda al sole di Vo’ Euganeo insieme con 8 cinesi, due rientrati di recente dalla Cina e tutti ora sottoposti al test del tampone. Ma, come ha fatto sapere domenica il governatore del Veneto Luca Zaia, gli 8 sono risultati negativi al test. E il 68enne di Mira, in rianimazione, nessun contatto con cinesi e mai stato a Vo’ cosa c’entra? Ovvio, che senza l’origine dei contagi è anche più difficile decidere il da farsi per contenere il virus.

Fonte Il Corriere Della Sera

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