Per l’agenzia Reuters, Soleimani aveva davvero in mente di colpire gli Stati Uniti e avrebbe discusso del suo piano a metà ottobre, in una villa sul fiume Tigri. Qui il generale avrebbe incontrato le milizie sciite irachene per poi mettersi in contatto anche con Hezbollah. Lo scopo dell’incontro sarebbe stato appunto quello di progettare attacchi contro le forze statunitensi presenti nella regione. La strategia, secondo fonti citate da Reuters, era di convogliare la rabbia della popolazione contro gli Stati Uniti, per disperdere le crescenti proteste contro l’influenza iraniana in Iraq. In quella villa, Soleimani, ritenuto lo stratega e la mente della politica estera dell’Iran, ordinò ai guardiani della rivoluzione di far arrivare in Iraq nuove armi molto sofisticate e disegnò anche il percorso che avrebbero dovuto seguire per farle entrare nella regione che lui diceva di conoscere come «il palmo della sua mano», poi ordinò anche di creare un nuovo gruppo militare, ma che avesse un basso profilo, per non essere riconosciuto dagli americani. Per attaccare gli Stati Uniti, Soleimani si sarebbe anche messo in contatto con gli Hezbollah, capaci di guidare i droni. Da qui l’escalation che ha portato al conflitto sempre più aperto con gli Stati Uniti, fino all’assedio dell’ambasciata Usa e il conseguente raid americano a Baghdad, costato la vita proprio a Soleimani, che ha perso la vita in un attacco portato avanti proprio da un drone.