“A ‘Marenna”? A Sorrento è per veri intenditori. foto

Nel centro storico di Sorrento c’è un piccolo ma accogliente locale dalla denominazione inequivocabile A’Marenna – Sorrento bakery & bistrot, gestito da due giovani imprenditrici Anna Garbetta e Iride Gargiulo, che dopo la laurea non volendo aspettare, né partire per altri lidi come tocca, ahinoi, alla maggior parte dei giovani laureati qui al Sud, hanno deciso di dedicarsi alla ristorazione. Da principio si sono misurate con lo street food proposto su una simpatica gastronomic bike con la quale, per alcuni anni, hanno girato la penisola sorrentina in lungo e in largo proponendo la loro idea di cucina, prima di fermarsi in via Torquato Tasso al civico 23. Forse però sono stato troppo precipitoso, Sorrento è città dal respiro internazionale, non tutti i suoi visitatori avranno idea di cosa diavolo sia una “marenna“. Potrei provare a tradurla con schiscetta, baracchino, gamella, gavetta, doggy bag, bento box… In realtà non è nulla di tutto questo. In aiuto mi viene l’etimologia, “marenna” infatti, per assonanza viene dall’italiano “merenda“, che a sua volta è parola latina: pl. neutro del gerundivo di merēre ‘meritare’; propriamente “cose da meritare”. Dunque la “marenna” è cosa destinata a chi se la merita, e anticamente a esserne degni erano i lavoratori perlopiù edili (‘e fravcatori); si trattava, infatti, di uno sfilatino, ancor meglio: un “palatone” ripieno di ogni ben di dio, con un cuozzo a fare da valvola di salvezza contro le perdite di sughi. Ma non crediate che fare una buona marenna sia cosa facile, l’arte sta nel trovare il giusto equilibrio tra l’asciutto e il brodoso: un pezzo di parmigiana di melanzane va benissimo, una frittata anche (i nutrizionisti non storcano il naso! Sì, anche una frittata di maccheroni, a noi sommare carboidrati non ci ha mai fatto paura, avete mai sentito parlare della pasta-e-patate? Chef Rubio docet), quindi polpette al sugo, salsiccia e friarielli, soffritto napoletano, un pezzo di carne al ragù o alla genovese etc. In genere nel palatone si metteva una cosa avanzata dal giorno prima, si sceglievano sempre alimenti corposi e nutrienti che “meritava” chi andava a “faticare”. Poi a’ marenna ha subito un’evoluzione gastronomica, diventando piatto gourmet, e ha conquistato i palati fini delle classi più agiate. In pratica il palatone farcito da travailleur mi è diventato bourgeois, avrebbe chiosato Alain Ducasse. In Irpinia c’è un noto ristorante stellano “Marennà”, così come a Beilstein, in Germania, c’è “A Marenn” da un’idea del ristoratore italo tedesco Gabriele Graziano; a questi possiamo aggiungere tutto lo street food napoletano e così per esempio citiamo ‘O cuzzetiello e ‘A taverna d’o cuzzetiello a Napoli, mentre nella vicina Giugliano fermatevi da “Il Cozzetto”. Ho tenuto per ultimo il mitico Massimiliano Mariola, per tutti semplicemente Max, master chef e docente, volto noto di Gambero Rosso Channel che del panino e la farcia in esso contenuta ha fatto la sua ragione di vita ma soprattutto è autore di veri capolavori gastronomici, prima o poi meriterà la statuina in uno dei Presepi di San Gregorio Armeno con tanto di banchetto e scritta “I panini li fa Max”. Come avrete potuto intuire, raccontare la marenna non è cosa da poco, e in questo contesto di gastronomia stellata e non meritano un posto Anna e Iride. La loro marenna conserva l’antica idea di piatto che bada alla sostanza, ma non disdegna varianti e abbinamenti legati alla gastronomia gourmet. Alla base dei loro pani farciti c’è però l’unione di due cucine, quella campana e quella pugliese. Anna infatti è di origini pugliesi. L’unione tra queste due regioni è perfetta; con i prodotti tipici dell’una e dell’altra terra le nostre chef riescono a realizzare il perfetto equilibrio che pretende una farcia come si deve. In fondo il Tirreno e l’Adriatico declinano lo stesso azzurro, sulla Campania e sulla Puglia ci sono gli stessi cieli infiniti e volti come pietra che cantava Modugno in “Amara terra mia”. Se Caparezza cantasse con Bennato la cosa non ci dispiacerebbe, se Eduardo De Filippo avesse recitato con Carmelo Bene sarebbe rimasto soddisfatto (nonostante i caratteri spigolosi di entrambi), se Siani incontrasse Zalone sarebbe grande umorismo, e allora burrata pugliese sia ma con i pomodorini freschi del Vesuvio, stracciatella pugliese ma con la cipolla croccante di Montoro, la teccia sorrentina si sposi con le melanzane sott’olio pugliesi, i lampascioni e così via. Primitivo o aglianico?  Falanghina del Taburno o Fiano salentino? Lasciatevi consigliare da Iride e Anna per farcia e abbinamenti di birre e vini, non vi deluderanno. Gran bella realtà A ‘Marenna sorrentina.
di Luigi De Rosa

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