La scuola italiana sta diventando razzista e classista?

Ci sono due episodi scolastici riportati dai quotidiani in questi giorni che meriterebbero più attenzione da parte dell’opinione pubblica. Il primo si è verificato presso l‘Istituto Statale Comprensivo “Via Trionfale” di Roma dove collegandosi al sito, si aveva questo tipo di informazioni sulle peculiarità dei plessi scolastici: “La sede di via Trionfale e il plesso di via Taverna accolgono alunni appartenenti a famiglie del ceto medio-alto”, mentre il plesso sito “nel quartiere popolare di Monte Mario accoglie alunni di estrazione sociale medio-bassa” e molti stranieri. Poi c’è la sede di Cortina d’Ampezzo, dove vanno i figli “dell’alta borghesia” assieme ai figli “di colf e badanti che lavorano per le loro famiglie”. Il secondo episodio ha visto come protagonisti un gruppo di genitori di Sant’Antimo che ha chiesto di differenziare le classi a seconda del censo, il caso poi è rientrato per la forte presa di posizione del dirigente scolastico. Leggiamo sul Riformista (30 01 2020) nell’articolo a firma di Atonio Lamorte che intervista il sottosegretario al Ministero dell’Università e Ricerca Giuseppe De Cristofaro che questi non sono casi isolati, in Italia capita sempre più spesso che gli istituti scolastici siano divisi tra quelli di serie A e quelli di serie B, per usare una metafora calcistica tanto cara a questo Paese dove ci si accapiglia per questioni calcistiche ma non per la cultura e la scuola. Alla luce di tutto questo ci chiediamo se la scuola, che in Italia  hanno sempre voluto farci credere fosse un perfetto simulacro di inclusione esista più, se è destinata a essere scuola di casta. Il sottosegretario De Cristofaro ritiene che ci sia questo pericolo, e che per evitare tutto questo bisognerebbe accendere i riflettori sul problema e parlarne. Fargli guadagnare centralità. Si dovrebbe lavorare di più sugli investimenti da destinare non solo ai dicasteri che si occupano di istruzione ma coinvolgere anche gli altri ministeri, e poi riflettere sulla coincidenza significativa, quasi sempre corrispondente, tra povertà educativa e povertà economica. Fatto sta che oggi solo il 7% degli iscritti al classico hanno genitori che non lo hanno frequentato, uno dei tanti indicatori che ci fanno pensare che il famoso ascensore sociale che doveva garantire la scuola pubblica sia ormai bloccato. Altro indicatore di discrepanze nella nostra scuola ce lo fornisce il numero di disabili iscritti ai tecnici e ai professionali che diventa irrisorio nei licei, come se per loro il liceo fosse tabù, perchè?  Credo che la scuola pubblica dovrebbe insegnare, ma non a parole, democrazia, inclusione ed egualitarismo. La nuova scuola italiana invece dove ci sta portando? Alle caste applicate alla pubblica (e statale) istruzione? “Sotto una finta uguaglianza, la scuola italiana è di classe”, come aveva capito molti anni fa don Milani.
a cura di Luigi De Rosa

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