“Branding Dalì, la costruzione di un mito”, Salvator Dalì in mostra a Napoli. foto

Di Salvator Dalì ho ben impresso nella memoria un episodio della sua vita che se avesse sceneggiato Tim Burton, mi avrebbe dato meno brividi. La vicenda è quella di lui a cinque anni mano nella mano con il padre, Salvador Rafael Aniceto, notaio, e sua madre Felipa Domènech i Ferrés mentre, addolorati, si recano sulla tomba del fratellino maggiore, Salvator, morto di meningite nove mesi prima della sua nascita. Mi ha sempre lasciato senza parole sapere che questi due genitori appartenenti a una famiglia agiata dell’alta borghesia catalana gli fecero credere di essere la reincarnazione del fratello morto. Non mi sorprende aver appreso, leggendo la sua biografia, che il piccolo Dalì, dopo questa notizia così destabilizzante, per diversi giorni si sia recato sulla tomba del fratello maggiore a piangere e pregare, mi stupisce invece che ciò che a chiunque altro avrebbe aperto le porte della pazzia, al piccolo artista di Figueres aprì, al contrario, quelle della genialità assoluta. Oggi a Napoli nella mostra allestita a Palazzo Fondi dalla ART.URO Arte e Restauro, con l’attenta organizzazione di con-fine edizioni nella persona di Gino Fienga, curata da Alice Devecchi grazie alla generosità di una coppia di collezionisti francesi della società Mix’s Art, ne abbiamo un’ulteriore prova spettacolare e commovente. Spettacolari sono le ceramiche, suggestivi senza alcun dubbio i tarocchi, ma la commozione ti prende di fronte alla Divina Commedia interpretata dall’artista catalano, mi perdoni Gustave Dorè per l’affronto, ma trovo le tavole di Dalì a tratti superiori alle sue nel disegno e nelle espressioni. Nei dannati e nei santi che partorisce la fantasia “dalinista” c’è impressa una sofferenza che è propria di colui che in vita ha sperimentato l’inferno interiore ed riuscendolo a trasformarlo in un’equilibrata follia che solo l’arte vera sa donare. Se Dante ha avuto Virgilio, Salvator Dalì ha avuto come guida la sua straripante immaginazione. In questa mostra napoletana si celebra la sua capacità di trasformare se stesso in un brand , forse solo uno a cui hanno fatto credere di essere la reincarnazione di un altro, avrebbe potuto reagire liberandosi da questa menzogna, affermando prepotentemente la sua unicità in modo così inequivocabile: Salvator Dalì nato a Figueres l’11 maggio 1904 e morto a Figueres, 23 gennaio 1989 è stato un genio unico e irripetibile. I suoi baffi, i suoi orologi, il suo tempo liquido, i suoi formichieri, i suoi elefanti, i suoi quadri, le sue ceramiche, le sue bottiglie di vino, il suo cinema, tutto di lui è solo categoricamente Salvador Domènec Felip Jacint Dalí i Domènech, 1º marchese di Dalí de Púbol. L’appuntamento è a Palazzo Fondi “Branding Dalì, la costruzione di un mito” dal 25 ottobre e fino al 2 febbraio 2020, nelle sale di quest’altra meraviglia dell’architettura partenopea da salvaguardare sono in mostra 150 opere che sarebbe un vero peccato non godersi. Non rinunciate mai alla bellezza, non rinunciate mai a uno come Dalì: noi non siamo fatti per viver come bruti…
Luigi De Rosa

Info e prenotazioni T 081 1809 8931 info@brandingdali.com / www.brandingdali.com – www.mostrenapoli.it

Orari da martedì a domenica e festivi h 10-20 (la biglietteria chiude alle 19) ; 25 dicembre chiuso, 1 gennaio h 15-20
Biglietti Intero € 11 / Open e Fast Lane € 13 Ridotto € 9 over 65, ragazzi 11-15 anni / € 8 gruppi (min 15 max 25 pax) / € 6 universitari il mercoledì, scuole (min 15 max 25 pax) / € 5 bambini 6-10 anni (libero 0-5 anni), giornalisti con tesserino . Vendita on line su Vivaticket.it

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