Il ritorno di  Milan Badelj

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E’ tornato  dopo un anno Milan Badelj (30 anni) è tornato questa estate alla Fiorentina dopo una sola stagione trascorsa con la maglia della Lazio E il popolo viola lo ha riabbracciato come un figlio

48 Gare in nazionale Perno anche della Croazia, Badelj ha collezionato finora 48 presenze in nazionale (2 i gol segnati) Con la Fiorentina invece è arrivato a 143 partite tra campionato e coppe (6 reti e 10 assist) In Serie A il croato vanta 133 presenze
5   Squadre in carriera Badelj ha iniziato la carriera da pro’ nel Lokomotiv Zagabria prima di passalre alla Dinamo. Poi la Germania, con
l’Ambrurgo e infine l’talia con Viola e Lazio
Milan Badelj, ma lo ricorda ancora quel gol alla Juve che in realtà avrebbe dovuto essere un cross?

«E come posso scordarlo? Soprattutto l’ironia che è arrivata dopo, perché onestamente io non cercai il gol. Semplicemente Federico Chiesa non la toccò (ride, ndr). E poi quella settimana, non so perché, ma eravamo convinti che l’avremmo vinta. La Juve è una squadra fortissima, ma se li batteremo saremo più forti noi».

Ma anche per questa è una gara speciale al pari della città?
«Sempre di più. Non mi permetto di pensare di poterla sentire come un fiorentino, sono arrivato a Firenze da tanto ma non tantissimo, ma vi giuro che più sto qui e più ne respiro l’adrenalina».

Stavolta la Fiorentina avrà un Franck Ribery in più.
«Sta lavorando bene, è stata la prima cosa che ho chiesto nello spogliatoio quando sono rientrato dalla nazionale. Si è persino allenato mentre la squadra era libera. Lui è un fenomeno. Anche io sento il peso della sua esperienza. Quando parla nello spogliatoio, mi incanto anche io, perché è esperienza pura».

Cristiano Ronaldo ha superato quota 700 gol in carriera: è davvero un marziano?
«E’ indiscutibilmente una macchina da gol che negli anni si è trasformata. E torniamo a quello che ho detto prima. Ai tempi del Manchester United, quando era poco più di un ragazzino era “bellino”, tanti dribbling, ma gli assist e i gol più pesanti, quelli che hanno cominciato a fare la storia, secondo me sono arrivati al Real Madrid. E’ stato con i blancos che è diventato più pratico, diventando uno dei migliori al mondo. Ma…».

Ma?
«Noi abbiamo Ribery, uno che meritava il Pallone d’Oro e che chissà per quale motivo non lo ha mai alzato. Ha fatto cose impressionanti in carriera, adesso ce lo godiamo noi».

Il patron Rocco Commisso ha sottolineato di non voler sentire cori discriminatori, peggio che mai contro eventi luttuosi del passato.
«Bisogna sempre avere rispetto dell’avversario. A prescindere da chi ci troviamo davanti».

Anche in Croazia è lo stesso?
«I derby (nazionali, ndr) sono sempre derby, anche se la distanza di qualità tra le squadre, Hajduk Spalato e Dinamo Zagabria, è enorme. L’Hajduk ne ha vinti un pugno in proporzione rispetto agli altri. Ma che ci volete fare? Lo sport, ovunque, è una religione. Quando da bambino arrivi in prima elementare, la prima domanda è: che sport fai? Tornando alla Juve, credo che sia una partita sentita maggiormente qui che a Torino».

Col suo ritorno, la Fiorentina ha di nuovo il suo regista. Ma è sempre stato così?
«No, mi sono trasformato qui a Firenze. Prima, anche nell’Amburgo, avevo sempre giocato a due. E’ stato con Montella nel suo ultimo anno e poi con gli altri allenatori che mi sono formato per muovermi in un centrocampo a tre, da regista, con Pizarro accanto, ed è stato lì che mi sono specializzato».

Adesso con lei c’è Pulgar.
«Mi trovo benissimo con lui, siamo per certi versi complementari quindi ci integriamo alla perfezione. In coppia possiamo fare tanto. Ho imparato in questi anni che quello che conta è la posizione che si assume in campo, i numeri degli schemi tattici lasciano un po’ il tempo che trovano. Per esempio, noi due sappiamo già bene quando uno deve restare a coprire e l’altro spingersi un po’ in avanti. In questo modo il regista è sempre lì, al suo posto».

Qual è la caratteristica di Pulgar che più l’ha colpita?
«Vede tutto prima che il pallone si muova. Ed è questa sua capacità di leggere in anticipo le azioni che può diventare un valore aggiunto, perché sai già quello che devi fare».

Anche su palla inattiva il cileno sa il fatto suo.
«Io direi che è uno dei migliori del campionato. Trasforma i rigori con la freddezza di un rigorista ormai affermato. Da calcio d’angolo, onestamente durante l’arco di una gara si cerca sempre una combinazione diversa per cercare di arrivare in porta. Vi posso garantire, a tal proposito, che Pulgar mette il pallone esattamente dove vuole».
E Castrovilli piace tanto anche a lei?
«Sì. Ha giocato le ultime due stagioni in Serie B (alla Cremonese, ndr) ed il suo battesimo nel calcio professionistico è arrivato lì. Adesso nelle prime due gare ha dimostrato di poter giocare in una squadra con grandi ambizioni come è oggi la Fiorentina. A volte il salto dalla Primavera alla Serie A è forte: basta una presenza che un ragazzino, o peggio ancora i genitori, credono che abbia diritto sempre ad una maglia da titolare. Castrovilli è pratico, per dirla con una metafora, ti “porta sempre il grano a casa”, il giovane che si affaccia per la prima volta alla Serie A difficilmente trova subito continuità. Ma sia chiaro che non mi riferisco ai giovani viola, per gestire la loro carriera c’è il direttore (ride, ndr)».

Boateng è un giocatore molto versatile. Ma è stato provato anche da centrocampista?
«No, non l’ho mai visto lavorare in questa posizione. Certo, magari potrebbe farlo, ma sta bene là davanti».
C’è Benassi, invece.
«Sì, Marco per altro è uno di quei giocatori mai… protetto da nessuno. Mi spiego meglio: per arrivare a fare quello che ha fatto ha sudato mille volte, senza occhi benevoli da parte di nessuno. Basti vedere le critiche che spesso rimedia, nonostante la passata stagione sia stato il giocatore capace di segnare più tutti. E’ ancora sottovalutato, sono convinto che ci darà una grande mano».

L’ultimo della lista nel suo reparto è Zurkowski, giovane e appena arrivato.
«Ha tante potenzialità, ma gli servirà tempo. Non conosce ancora la lingua, si sta affrettando a cercare di bruciare i tempi. Con la pazienza potrà diventare un giocatore in grado di garantire 30-35 presenze l’anno».

Questa Fiorentina del Montella-bis, sotto la nuova proprietà, ha tante “ali” a disposizione.
«Sì, ma dovremo essere bravi noi, nel mezzo, a supportare il loro lavoro. Perché sì, è bello fare i dribbling e saltare l’uomo, ma visto che siamo a zero punti è bene pensare a fare un passaggio in più per far respirare la squadra».

Per vedere la vera Fiorentina dovremo aspettare ancora qualche tempo, tipo fino a Natale?
«Ottobre e novembre saranno mesi cruciali, pensiamo a fare bene gara dopo gara, perché io in questo gruppo ci credo eccome. Anche se, come in tutte le cose è bene avere sempre tanto equilibrio. Lo dico pure se so benissimo che nel calcio è quasi impossibile. Io però la vedo così: è stata incensata tanto la gara col Napoli, che per quanto giocata bene l’abbiamo persa incassando quattro gol. L’ultima volta che avevamo perso era stato cinque anni fa. Dagli errori ripartiremo».

Ma questa Fiorentina per quale obiettivo può lottare per lei, sempre molto misurato?
«Possiamo combattere per un posto in Europa, la qualità nel gruppo c’è, anche se ci manca ancora il saper giocare a memoria. Questo però arriverà. E’ successo già nella mia ultima stagione a Firenze: nonostante un avvio complicato e tutto quello che è successo, alla fine arrivammo ottavi. E ci fu pure una buona dose di rammarico che ricordo ancora».

Quella che arriva domani, secondo lei, è già la Juve di Sarri?
«Ancora no, non mi sembra. Ha inaugurato un nuovo progetto, avrà bisogno di tempo. Per questo vi dico che… è meglio incontrarla ora».

Scusi, una curiosità. Ma se due anni fa avevate la sensazione di vincere già durante tutta la settimana, questa volta?
«Sono appena tornato dalla Nazionale (ride, ndr). Ma con l’adrenalina della città intorno, con la spinta dei tifosi, puoi battere chiunque».

fonte:corrieredellosport

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