Crollo Torre Annunziata, il palazzo era del tutto abusivo

Dario Sautto
«Dalla documentazione è emerso che, pur avendo l’abitabilità e l’allaccio alla fogna, il palazzo era privo di titolo edilizio. In pratica era abusivo». Non ha usato mezzi termini né termini tecnici, Alberto Coppola, professore universitario in pensione, uno dei super periti nominati dalla Procura di Torre Annunziata per analizzare cosa non andava nell’edificio di Rampa Nunziante, crollato all’alba del 7 luglio 2017 causando otto vittime, tra cui due bambini. Ieri mattina, nell’aula del tribunale di Torre Annunziata dedicata a Giancarlo Siani, Coppola è stato il testimone chiave della pm Andreana Ambrosino, nel processo a sedici persone, sei delle quali accusate anche di crollo e omicidio colposo. Per il crollo Massimiliano Lafranco (proprietario di una delle case), Gerardo Velotto (a cui stava vendendo l’appartamento), i due architetti Aniello Manzo e Massimiliano Bonzani, l’amministratore del condominio Roberto Cuomo e l’operaio Pasquale Cosenza.
LA STORIA
Dopo la testimonianza di due dipendenti del Comune di Torre Annunziata, Aniello Ricciardelli e Giuseppe D’Alessio, è toccato a Coppola che ha ricostruito la storia del fabbricato, dalla posa della prima pietra nel 1957, fino al crollo avvenuto sessant’anni dopo. Un palazzo di tufo, che non doveva assolutamente essere così com’era stato realizzato, prima dei lavori ritenuti fatali per il crollo in cui morirono Pasquale Guida, Anna Duraccio, i figli Salvatore e Francesca, Giacomo Cuccurullo, la moglie Edy Laiola, il figlio Marco e Pina Aprea. «Sono 27 i documenti che riguardano il palazzo e che ho acquisito e analizzato ha spiegato Coppola e si parte dal 1959, quando la signora Monfregola (proprietaria dell’edificio) ha chiesto l’abitabilità per 14 alloggi. Invece, l’unico titolo edilizio che autorizzava a costruire era stato presentato due anni prima e il progetto prevedeva una villetta bifamiliare su due livelli (piano terra e primo piano). Invece, alla fine fu realizzato da sei livelli su strada (cinque piani, ancora in piedi) e quattro lato interno (la parte crollata)». Dal racconto dei documenti vengono fuori altri dettagli: «Nel 1989, Giuseppe Bongiovanni (uno degli ex proprietari) ottiene un finanziamento da oltre un miliardo di lire, mettendo come garanzia quel palazzo. Qualche anno dopo avviene un fallimento societario ha illustrato Alberto Coppola e nel 2005 un architetto, nominato perito dal tribunale fallimentare, ha quantificato la spesa che serviva per condonare l’edificio, che dunque risultava abusivo già da quella data. Altra conferma della mancanza di titoli edilizi è, nel 2018 (quando ormai il palazzo era crollato da oltre un anno), l’ordinanza di abbattimento emessa dal Comune di Torre Annunziata, ora impugnata dai proprietari dinanzi al Tar».
IL PROGETTO
«Successivamente siamo nel 2016 sono avvenute le compravendite tra gli eredi Bongiovanni (anche loro imputati con l’accusa di falso) e il gruppo di professionisti oplontini, che poi avrebbero falsificato alcuni documenti presentati al Catasto, anticipando la fusione degli appartamenti ai vari piani ben prima di iniziare i lavori». A dimostrazione della sua ricostruzione, Coppola ha consegnato il progetto originale della villetta del 57 mai costruita e il plastico del palazzo prima del crollo. Infine, momenti di tensione, insulti e denunce poco prima dell’udienza tra un giornalista e alcuni familiari delle vittime, che avevano affisso l’ennesimo striscione all’esterno del tribunale: «Non siate falsi per paura di essere veri. La verità fa bene, l’omertà fa male». Alla prossima udienza testimonierà il professor Nicola Augenti che chiarirà le cause del crollo.

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