Al Brescia non basta Balotelli la Juve vince 2-1 foto

10Vittorie a Brescia per la Juventus in 23 partite giocate in Lombardia (10 pareggi e appena 3 sconfitte, l’ultima nel 2002 (2-0). In totale 45 sfide, la Juve in vantaggio per 27 a 3.

Pjanic gol Il bosniaco non segnava dal 3 marzo (vittoria per 2-1 a Napoli). Per Pjanic 20 gol (13 in campionato) con la maglia della Juventus in 141 gare ufficiali.

La Juventus si è ripresa il primo posto in classifica almeno per una notte. In attesa di Inter-Lazio di stasera, a Sarri è stato sufficiente il 2-1 di Brescia per centrare la quarta vittoria nelle prime 5 giornate, un successo meritato, ma non facile che è maturato al termine di una gara nella quale i bianconeri hanno dovuto rinunciare per la prima volta in stagione all’infortunato Ronaldo. La Signora, pur in crescita rispetto alla prova contro il Verona, non ha mostrato un calcio brillante nonostante Pjanic, beccato dai cori razzisti della curva bresciana («Sei uno zingaro»), abbia orchestrato la manovra in maniera convincente (oltre a firmare il gol decisivo) e Dybala abbia offerto una prestazione di notevole qualità. Sono mancati Higuain e in generale il cinismo che avrebbe permesso agli uomini di Sarri di chiudere in anticipo un incontro nel quale il Brescia ha fatto quello che poteva. La squadra di Corini, alla seconda sconfitta in altrettanti match casalinghi, ha mostrato un Balotelli in ritardo di condizione, ma non si è arresa e fino all’ultimo ha cercato il pari con voglia, corsa e grinta.

BEL BRESCIA. Il ct Mancini, che era venuto a Brescia per vedere SuperMario, si è goduto l’intelligenza tattica e la personalità di Tonali. Il gioiello del presidente Cellino ha orchestrato l’azione dell’1-0, ha fatto ripartire la squadra e in generale ha cercato di non lasciare spazi tra le linee dove volevano inserirsi il trequartista Ramsey (4-3-1-2 il modulo di partenza) e un Dybala che arretrava per avere palloni giocabili. Il Brescia nei 45’ iniziali ha fatto un figurone considerata la disparità di valori in campo perché tatticamente Corini è stato bravissimo: ha chiedo ai suoi di pressare alti proprio come a Udine, ha lasciato il predominio del possesso agli avversari (è successo per la quinta volta su cinque: troppo per parlare di un caso…) e ha cercato di complicare la costruzione bianconera piazzando Romulo su Pjanic. Tutte mosse giuste e non a caso le rondinelle sono andate avanti con una sassata di Donnarumma che ha lasciato di stucco Szczesny. L’incontro si era messo nel migliore dei modi per i padroni di casa che però dopo un quarto d’ora a tutta velocità sono stati costretti ad abbassare la pressione: i biancazzurri correvano molto, ma lo facevano con un uomo in meno perché Balotelli, all’esordio dopo aver scontato 4 giornate di squalifica e chiaramente lontano dal top, camminava. Così il Brescia ha dovuto abbassare il baricentro, difendersi più vicino alla propria area e accettare che Bonucci e compagni mettessero le tende nella sua metà campo. Gli errori di mira di Higuain, Khedira e Ramsey hanno rimandato il pari che però è arrivato prima dell’intervallo su un autorete di Chancellor. Giusto 1-1 visto l’andamento di una prima frazione nella quale la Juventus è arrivata a concludere più volte dall’interno dell’area avversaria, ma lo ha fatto più in virtù di una netta superiorità tecnica che di un ritmo tutt’altro che elevato. Difficile del resto chiederlo a una mediana infarcita di giocatori alla ricerca del giusto ritmo dopo un 2018-19 complicato complici gli infortuni (Khedira e Ramsey) e altre vicissitudini (Rabiot).
DECIDE PJANIC. La spartito tattico della ripresa non è cambiato: Juventus al comando e Brescia sempre più in affanno, con Joronen provvidenziale. Fino a quando Pjanic non ha portato in avanti i suoi legittimando un inizio super di secondo round da parte degli ospiti. Corini si è giocato la carta Matri, ma ha tolto Donnarumma e non (come era più logico) Balotelli, Sarri ha risposto con Bernardeschi. Avanti di un gol, la pressione bianconera si è attenuata e i padroni di casa, grazie alla spinta a sinistra del neo entrato Martella, hanno creato qualche occasione per un pari che però non è arrivato. Sarri così ha potuto sorridere anche se il settimo gol subito nelle prime 6 gare ufficiali un po’ lo preoccuperà: là dietro e non solo lì (troppe occasioni concesse…) qualcosa da sistemare c’è.
ce L’eterno ritorno dell’identico Balotelli, esattamente quello che si aspettavano, esattamente quello che volevano. Perché non è qualcosa che va cambiato, Mario, è qualcosa che si vuole sempre rivedere nella stessa apparenza, col viso incerto tra il sorriso e il pianto, in bilico tra l’essere e il nulla, in grado di varcare quel confine in un tempo infinitesimale, uscire all’esistenza, rivelarsi, rientrare nella nebbia primordiale.

E’ lì che ancheggia e traccheggia, come isolato e come congelato, ma lui è così e gli dicono di essere così. Si direbbe che lo descrivono così, ma gli va bene e va benissimo a questo Brescia di Corini, che lo utilizza per spaventare la Juventus e innervosire Bonucci, con le giravolte, con gli inviti a togliersi di mezzo, con i gesti delle mani, con il semplice profilo dei capelli tagliati a onda da surf. Punto di stasi del Brescia che corre, trabocchetto per il pallone che viaggia. E viaggia anche dalle sue parti: Balotelli lo tocca 20 volte nel primo tempo, a guardare e basta non si direbbe ma glieli hanno contati. E s’impegna in più duelli di tutti, 7 in quella metà della partita, perché gli stanno addosso come il burro alla fetta di pane e perché quando lo invitamo a darsi da fare lui non si scansa. Va a cercare l’uomo, guarda chi gli corre intorno e se vede un volto amico cerca di lanciarlo verso la porta.
Gli hanno rubato l’infanzia, quella effimera della serata, il gioco infantile di debuttare – per l’ennesima volta – nella compagnia illustre di Cristiano Ronaldo, e Mario si prende il peso di essere l’unico polo di attrazione della pubblica curiosità. Il sonno apparente e il risveglio rapido preludono sempre a un dribbling tentato, a un suggerimento discreto. O a una punizione calciata con l’energia scorrevole di sempre. Procura a Khedira un’ammonizione e a Szczesny l’assoluzione dal peccato originale che aveva sdrucito la partita, quando Donnarumma conduce il Brescia in vantaggio. Di quel gol Balotelli ha fatto una risata, l’unica vera, aperta e luccicante di questa prima notte, mettendo l’anima a posteriori in un’azione dalla quale era rimasto escluso. La frustata da venticinque metri deviata con sudore da Szczesny è la denominazione d’origine controllata: siamo di nuovo alle prese con Balotelli, con il suo bene e il suo male.
Se qualcosa di diverso ci aspetta in quest’ultima più uno delle ultime chance di Mario starà nel fatto che a Brescia nessuno gli chiederà di non essere sé stesso. Con la partita ancora in precario equilibrio si è messo a inseguire chi della Juventus passava nei suoi paraggi, poi alla ricerca di un nuovo pareggio si è ricollocato là dove bivaccano gli attaccanti puri. E ha incassato da Cuadrado una sdraiata che avrebbe spezzato uomini meno robusti. Comunque in piena libertà. Ormai è abbastanza grande da essere lui il maestro invece del perpetuo padawan. Si è fatto tutta la gara senza litigare con nessuno, a differenza, per dire, del bravo e dotato ragazzo Tonali. Ha provato a sbatterla dentro fino all’ultimo, in quel suo modo selvatico, carico di rabbia elegante. Ha provato a tirare 8 volte, ha vinto tre quarti dei contrasti aerei, ha perso 10 palloni che sono un bel po’. E alla fine si è incavolato perché è stato sconfitto. Un giocatore ferocemente normale al quale noi con paragonabile ferocia imponiamo di uscire dal consueto. Ma forse a Brescia non accadrà. E’ la sua speranza di redenzione.

fonte:corrieredellosport

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