Minori che suggestione il rito dei Battenti. Eventi anche a Ravello e Amalfi
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Minori, Costiera amalfitana. Questa notte grandi emozioni e suggestione con la processione e i canti dei Battenti in cui si fondono il forte sentimento religioso, e l’atto di dolore dei confratelli dell’Arciconfraternita del SS. Sacramento che negli anni hanno preservato, tramandato e valorizzato una manifestazione secolare.
La giornata di giovedì santo è dedicata ai riti penitenziali – la visita ai “sepolcri”, per intenderci, come si diceva una volta -, che sfociano nella processione dei Battenti. Venerdì ci sarà quella del Cristo morto.
I Battenti, scrive Sigismondo Nastri, sono i veri protagonisti di questo tempo di Passione. Bisogna venire in Costiera per rendersene conto. Vestiti di una lunga tunica bianca, incappucciati, in qualche caso (ad Amalfi) col capo coronato di rovi, cinti alla vita da un nodoso cilicio, che anticamente adoperavano per percuotersi a sangue, escono per le strade al calar delle ombre per la visita a Gesù sacramentato (i cosiddetti “Sepolcri”). Poi, la sera di venerdì costituiscono l’elemento coreografico più significativo, e più suggestivo, della processione di Gesù morto, che si svolge, quasi in contemporanea, in tutti i paesi, con modalità solo apparentemente uguali, ma, in effetti, diverse nelle forme e nei contenuti.
Ogni comunità, infatti, è gelosa custode dei propri riti, che si sono conservati intatti nel tempo.
A Minori, la sera del giovedì santo, e fino all’alba del giorno seguente, i Battenti, incolonnati dietro una grande croce, portata a spalla, sfilano per le vie del centro e quelle delle frazioni illustrando alcuni episodi significativi della vita del Cristo. Durante le soste programmate, si stringono in cerchio e cantano, con suggestivo effetto corale.
La sera del venerdì, dopo la dolorosa liturgia della schiodatura di Cristo che avviene in Basilica, prende il via, alla sola luce delle torce, la processione di Gesù morto. Di grande suggestione sono gli antichissimi canti interpretati dai Battenti: col tono ‘e vasce il giovedì e col tono ‘e coppe il venerdì. La doppia melodia serviva, in origine, a differenziare le due Arciconfraternite locali: quella del SS. Rosario, posta su in alto a Villamena, e quella del SS. Sacramento, sita in basso, alle spalle della basilica di Santa Trofimena.
Oggi esiste solo quest’ultima, ma i due modi di cantare non si sono integrati.
Il culmine della solennità lo si raggiunge con la processione di venerdì santo. A Minori, come a Ravello e ad Amalfi. Si potrebbe dire che c’è quasi sovrapposizione di immagini su scenari diversi: i paesi immersi in un buio profondo, rotto soltanto dalle torce messe ad ardere lungo le vie, dai lampioni tenuti in mano dai Battenti.
A Ravello il corteo, partendo dalla cattedrale di san Pantaleone, raggiunge il monastero di santa Chiara, lungo il percorso per Cimbrone. Poi, al ritorno, si spinge fino a piazza Fontana. Ai lati del catafalco sfila uno stuolo di bambini vestiti da angioletti.
Particolarmente ricca di pathos la processione ad Amalfi: quando compare, sulla sommità del Duomo, la bara dorata del Cristo, seguita dalla statua della Madonna in lacrime, la folla dei fedeli è presa da sincera commozione. Il corteo percorre lentamente le vie del centro fino a piazza Municipio. Qui Gesù viene deposto nel sepolcro allestito nella chiesetta di san Nicola dei Greci. Ancora più mesto è il rientro, con la bara vuota, preceduta dalla Addolorata. Struggenti i canti: “Sento l’amaro pianto / della dolente Madre / che gira tra le squadre / in cerca del suo ben”. E ancora: “Sento l’amato Figlio / che dice: Madre, addio, / più fier del dolor mio / il tuo mi passa / mi passa il sen”.
A Minori l’ambiente è caratterizzato dal luccichio di migliaia di lumini posti sui terrazzi, sui davanzali, sui muri, in modo da creare un paesaggio da favola. Lo scenario, così, diventa spettrale.
A Maiori la “Via Crucis” attraversa il Lungomare Amendola, il corso Reginna, fino al Piazzale della Chiesa di S. Domenico. Poi, la processione del Cristo Morto e dell’Addolorata verso la Collegiata e la venerazione della reliquia della S. Croce.
Sono manifestazioni nelle quali si fondono (e si confondono) religiosità e folclore, devozione e tradizione popolare. Fondamentali per il recupero di quei valori spirituali trasmessi fino a noi dalle precedenti generazioni. E’ significativo, perciò, che ogni anno a vestire il lungo camicione bianco dei Battenti, col cappuccio che lascia scoperti solamente gli occhi, siano non solo anziani, ma anche giovani e ragazzi.
Che altro dire? Una volta si legavano le campane il giovedì santo per essere poi suonate a distesa all’annuncio della resurrezione, quando, in tutte le chiese, veniva scoperta la gloria, ossia la statua del Cristo trionfante, con la bandiera in mano, posta sull’altare, fino a quel momento tenuta nascosta da un velo. Una scena che, da bambini, ci riempiva di gioia.
Chiudo con una segnalazione. Lunedì in albis, quello della Pasquetta, si celebra a Maiori la Madonna della Libera, alla quale è dedicata una chiesetta di via Nuova Chiunzi. E’ una festa che risale a tempi lontani, non riguarda solo il piccolo rione di Casa Imperato, al quale anch’io appartengo, ma è molto molto sentita da tutti i maioresi.
«Gente che ha saputo tramandarsi questi canti senza avere compromessi con l’autorità ecclesiastica» disse il musicologo Roberto De Simone. Un rituale che si ripete con la solita, intensa, carica di pathos che narra di una identità culturale. Ma più ancora di una grande autonomia culturale. I riti hanno inizio il pomeriggio del Giovedì Santo quando, dalla congrega del SS. Sacramento, i Battenti, intonando canti in “toni ‘e Vascio”, escono in corteo per incamminarsi lungo i sentieri dei villaggi e le strade del paese, toccando le principali chiese del centro storico di Minori e delle frazioni, terminando la lunga ed estenuante processione a notte fonda nella Basilica di Santa Trofimena.
E all’alba di domani, Venerdì Santo, i Battenti riprenderanno il loro cammino armonizzando il canto in “toni ‘e ‘ncoppe”. A mezzogiorno uno dei momenti più suggestivi dell’intera Settimana Santa: il corteo che giunge nella Basilica di Santa Trofimena atteso da tutto il popolo.
In un’atmosfera di profonda religiosità e in assordante silenzio i battenti intoneranno gli ormai famosi “canti e dint’ a chies”, melodie di dolore evocanti le atrocità della via Crucis. Una doppia tonalità che non può essere frutto del caso. Perché si tratta di testi unici e melodie che non si ritrovano in nessun’altra manifestazione della Settimana Santa in Italia ed a cui è stato dedicato uno studio del conservatorio Martucci di Salerno.
“Sul Golgota a Spirar. Canti penitenziali della Settimana Santa a Minori” è il titolo dell’opera curata da Pasquale Scialò e Francesca Seller, che costituisce un punto di partenza della ricerca scientifica e etnomusicologia legata a questa tradizione tramandata sin dal lontano XIV secolo grazie all’Arciconfraternita del SS. Sacramento che ne è custode.
Un libro insomma che non analizza solo l’aspetto musicologico, ma che va oltre ripercorrendo la storia, le origini, il grande impatto in termini devozionali ed emotivi ma soprattutto il coinvolgimento che narra, al di là di uno stile unico, una religiosità autentica.
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