Ira uccisa giornalista irlandese Lyra McKee

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    LONDRA L’ultimo tweet l’ha mandato poco prima di essere colpita da un proiettile, Lyra McKee. «Derry stanotte. Follia assoluta» è il breve commento con cui ha accompagnato la foto di una colonna di fumo nella notte, con due blindati della polizia, un gruppo di gente e due persone che si abbracciano impaurite in una strada residenziale di Creggan, quartiere della città.
    Temendo scontri nel periodo pasquale, la polizia stava perquisendo abitazioni alla ricerca di armi, e questo ha scatenato violente proteste, con due auto bruciate e una cinquantina di molotov lanciate. Poco dopo la ventinovenne McKee, giornalista in ascesa e collaboratrice di testate importanti come The Atlantic e BuzzFeed, è stata colpita da due proiettili probabilmente destinati agli agenti, che l’hanno subito caricata in macchina per portarla in ospedale, dove è morta. Gli inquirenti hanno subito puntato il dito contro la Nuova Ira, formazione repubblicana che respinge gli accordi di pace, che ha pochissimo seguito e che non ha mai smesso di fare piccoli attentati, ma che negli ultimi mesi ha avuto una rinnovata visibilità per via della Brexit e del suo potenziale effetto destabilizzante per l’Irlanda.
    Fino a giovedì notte, quando per la prima volta dal 2016 c’è stata una vittima, incidente così grave che secondo gli osservatori potrebbe in realtà ridurne ulteriormente la già esigua frangia dei simpatizzanti. «Pensiamo che si tratti di un attentato terroristico. La nostra valutazione è che la nuova Ira possa essere dietro questo evento e questo rappresenta la nostra prima linea di inchiesta», ha spiegato il capo della polizia Mark Hamilton, mentre Saoradh, partito politico con legami con i dissidenti, ha dichiarato che la donna sarebbe stata uccisa da un «volontario repubblicano».
    LE IMMAGINI
    Dell’assassino esistono immagini, che lo mostrano col volto coperto mentre si china a raccogliere qualcosa per terra. Avrebbe sparato due colpi. Dal mondo della politica è arrivato un muro di condanne, compresa quella della premier britannica Theresa May, che ha parlato della morte «sconvolgente e priva di senso» di una giornalista che stava facendo il suo lavoro e del premier irlandese Leo Varadkar, secondo cui «non possiamo permettere coloro che vogliono propagare la violenza, paura e odio di riportarci indietro nel passato». «Eravamo la generazione degli Accordi del Venerdì Santo, destinati a non vedere mai gli orrori della guerra ma a raccogliere i frutti della pace. Quei frutti non sembrano esserci mai arrivati», scriveva la giovane giornalista, diventata famosa per aver raccontato la sua esperienza da adolescente omosessuale nell’ambiente opprimente di Belfast, nota e stimata per la qualità della sua scrittura e i temi affrontati i suicidi di giovani in Irlanda del Nord, i ragazzi scomparsi durante i Troubles, i Figli del cessate-il-fuoco rimasti sospesi tra due mondi – e destinata a una luminosa carriera, con un contratto già firmato con la casa editrice Faber&Faber per due libri e un altro già pronto per la pubblicazione.
    Ad una manifestazione organizzata in sua memoria hanno parlato in tanti, a partire dalla sua compagna Sara Canning, che ha parlato del suo sogno spezzato con voce straziata e coraggiosa, fino a Arlene Foster, la leader degli unionisti nordirlandesi che tanti ostacoli hanno messo nel percorso della May verso la Brexit. Tutti hanno voluto lanciare un messaggio di pace e in un raro comunicato congiunto, i leader dei sei principali partiti politici hanno denunciato un «atto futile e senza senso per distruggere il progresso fatto negli ultimi vent’anni e che ha il sostegno della stragrande maggioranza della gente ovunque».
    Cristina Marconi

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