Intervista ad Arnaldo Delehaye, grande uomo di televisione, a cura di Maurizio Vitiello. foto

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    Intervista di Maurizio Vitiello – Risponde Arnaldo Delehaye, grande uomo di televisione.

    D – Puoi segnalare ai nostri lettori il tuo percorso di studi?
    R – Diploma di Ragioniere. Centro sperimentale di Cinematografia “Gustavo Lombardi” a Napoli (docenti Nanni Loy – Francesco Rosi, etc. … ) Centro Sperimentale di Cinematografia in Roma (docente Luchino Visconti e Preside Rossellini) (non terminato ). Laurea in Economia e Commercio. Abilitazione alla Professione di Commercialista.
    Nel corso degli studi presso i Centri Sperimentali ebbi l’occasione di seguire la produzione (come alunno di regia) de “Le Quattro Giornate” di Napoli di Nanni Loy e “Rocco e suoi fratelli” di Luchino Visconti e con Nanni Loy collaborai alla realizzazione televisiva di “Specchio segreto”.

    D – Puoi raccontarmi i tuoi desideri?
    R – All’età di 9 anni acquistai il mio primo libro di regia e quindi da quel momento la mia aspirazione è stata, sempre, quella di lavorare nel mondo del cinema. Poi, per motivi pratici fui costretto per circa 10 anni ad avere uno studio di commercialista.

    D – Quando è iniziata la voglia di fare televisione?
    A 34 anni il Presidente dell’Ordine che conosceva il mio desiderio di entrare nel mondo della comunicazione mi propose di collaborare, alla sua iniziativa (aveva creato la prima televisione privata in Italia – TELENAPOLI). Un po’ per il vecchio amore, un po’ perché ero stanco di fare il commercialista, accettai lasciando dalla sera alla mattina il mio studio ad un collega.

    D – Puoi precisare i temi e i motivi delle tue regie?
    R – In televisione i temi delle mie regie hanno spaziato dall’informazione, ai rotocalchi, ai varietà, alle inchieste, ai giochi a premi, alla lavorazione dei primi video-clip per la Fonit Cetra e tante altre case discografiche, e alla fornitura a programmi RAI di servizi speciali in giro per il mondo, etc.

    D – Ora, puoi motivare il percorso di gestazione e l’esito delle tue regie, incominciando da “TeleNapoli”, che andava in onda per via coassiale? Vuoi anche precisare gli anni?
    R – Come dicevo prima ho iniziato la mia esperienza televisiva nel 1974 con TeleNapoli, per poi passare nel 1979, chiamato dal giornalista Massimo Caprara, alla direzione di Produzione di Telecaserta dell’imprenditore Giovanni Maggiò, successivamente nel 1980 fui chiamato dal gruppo Abate di Avellino a creare un network televisivo che coprisse tutto il meridione e dopo varie analisi e ricerche di mercato nacque il circuito del Sud Canale 10. Nel 1985 Biagio Agnes mi volle a Roma per creare il circuito televisivo nazionale Cinquestelle, che era, in effetti, la quarta rete RAI in quanto la mia sede di lavoro secondaria era Viale Mazzini. In quel periodo ho avuto la possibilità di effettuare tantissime regie a livello internazionale e in mondovisione: Miriam Makeba in collegamento con Mandela in Sud Africa per la fine della apartheid, Il World Festival della Canzone da Porto Roz nell’allora Jugoslavia, a collaborare alla realizzazione del concerto dalle Terme di Caracalla dei tre tenori (Pavarotti, Domingo e Carreras), il Concerto dei Pooh dalla Laguna di Venezia, in Eurovisione dallo stadio Olimpico in Roma del megaconcerto Notte Italiana (4 ore in diretta con i più importanti gruppi musicali, a livello internazionale) etc.

    D – Hai lavorato, oltre a Napoli, dove?
    R – Ho lavorato oltre che a Napoli, a Roma, Milano e Stati Uniti in occasione di una borsa di studio messa in palio dal Governo degli Stati Uniti, per la durata di 6 mesi. Ho lavorato presso CBS New York ed Hanna & Barbera Los Angeles.

    D – Napoli è una città sorgiva per gli artisti?
    R – La terra vulcanica del territorio napoletano influisce positivamente sulla creatività di chi nasce e di chi vive a Napoli; nel bene e nel male. Ecco perché molti artisti hanno espresso il meglio della loro produzione quando erano a Napoli.

    D – Quali pagine di un autore napoletano, di uno italiano e di uno straniero che si sono espressi a Napoli ti hanno colpito?
    R – Viaggio in Italia di Johann Wolfgang von Goethe. La Pelle di Alberto Moravia. Eduardo de Filippo per le sue opere come romanziere popolare.

    D – Napoli detiene una sua letteratura di segmento, perché?
    R – La letteratura di autori napoletani nel passato e nel recente passato certamente ha superato i confini della Campania per diventare un prodotto nazionale. Purtroppo, nei tempi recenti nessun autore napoletano è riuscito a superare tale limite, salvo a diventare una inchiesta sociologica o una fiction televisiva.

    D – Quali piste di maestri-tv hai seguito?
    R – I miei punti di riferimento nel campo della televisione sono stati: Mario Dell’Aquila, Lelio Golletti, (registi RAI), Stefano Canzio (direttore della settimana INCOM), Enzo Trapani (primo utilizzatore di effetti speciali).

    D – Pensi di avere contribuito a consegnare una visibilità congrua, ad esempio a Luciano De Crescenzo? Vuoi raccontare l’aneddoto di Milano?
    R – I personaggi che ho aiutato a far diventare noti, e poi diventati famosi sono: Massimo Troisi, Eros Ramazzotti, Nino D’Angelo, i fratelli Servillo, Pino Daniele, e Annibale Ruccello, Luciano De Crescenzo e tantissimi altri durante i miei quaranta anni di televisione, cinema, teatro e lavori teatrali.
    Mi provochi a raccontare l’episodio di Milano vissuto con Luciano De Crescenzo. Era, forse, il 1976/77, dovevo fare un programma leggero, ma culturale per studenti delle medie. Si trattava di andare nei musei e spiegare la storia dell’arte in modo leggero., Mi ricordai che al Circolo Universitario del Vomero, quando ero giovanissimo c’era un personaggio che ci intratteneva con il suo divagare, in modo molto simpatico su argomenti seri e meno seri. Questi era Luciano De Crescenzo. Quale personaggio era più adatto a presentare il programma da me ideato? Rintracciai Luciano nella sede di Roma della IBM; era nientemeno che uno dei più alti dirigenti della multinazionale. Mi ricevette con simpatia, ricordammo i tempi passati al Vomero e prospettai il mio progetto. Luciano con molto garbo mi disse che non se la sentiva e mi parlò del suo progetto di far pubblicare un libro dal titolo “Così parlo Bellavista”, ma non aveva la minima idea a chi lo potesse proporre. Poiché ero amico–amico dell’editore Mario Guida di Napoli gli proposi di portare il suo manoscritto al Guida. Ritornato a Napoli lo portai in Via Port’Alba e sollecitai una rapida risposta. Dopo qualche giorno il Guida mi disse di riprendere il lavoro di De Crescenzo perché “si trattava di un libro sulla solita napoletanità senza possibilità di successo”. Proposi a Luciano di far avere il suo libro a una segreteria del Direttore della Mondadori, mia conoscente. Cosa che feci. Continuamente, Luciano mi chiedeva notizie, la segretaria non si faceva più trovare a telefono. Luciano un po’ dispiaciuto mi chiese di avere il nominativo di questa segretaria, perché nella sua prossima andata a Milano si sarebbe presentato a questa signora per riavere il suo lavoro. Luciano si recò nella sede Mondadori e per una pura combinazione vide che “Così parlò Bellavista” era abbandonato nello scaffale della segreteria. Parole di Luciano: “mi incazzai violentemente con la Segretaria e mentre urlavo uscì dalla sua stanza il Direttore che intervenne e promise di valutare personalmente il lavoro.”. Dopo pochi giorni Luciano mi comunicò che il libro era stato accettato per la pubblicazione e che si doveva organizzare una mega presentazione al Teatro “Il Bagaglino” di Roma. La presentazione fu un successo nazionale alla presenza di tantissimi big della politica, dello spettacolo (Fellini, Renzo Arbore con tutto il suo staff, e tanti altri). In quella sede ebbi la soddisfazione di sentire da Luciano, durante la presentazione, che quella serata era “un atto di amore di un suo amico: Arnaldo Delehaye”. Da quel momento “Così parlò Bellavista” divenne un successo nazionale e, successivamente, internazionale.

    D – Quanti “addetti ai lavori” ti hanno seguito nel tempo.
    R – Quantificare un numero preciso di quanti mi hanno seguito nel tempo è impossibile, sarebbero forse migliaia, ma posso dire che posso quantificare un numero quanti mi hanno collaborato in un solo lavoro televisivo sono circa 250 e in un lavoro teatrale e/o cinematografico sono rispettivamente 300 e 150.

    D – Puoi indicare in una scheda analitica le pregiudiziali sostanziali della tua ultima regia “Bruciate Napoli”, ispirata a “Le quattro giornate”?
    R – Ho voluto realizzare il mio ultimo lavoro cinematografico “Bruciate Napoli” per due motivi sostanziali: quello di voler onorare a 20 anni dalla morte il mio sommo maestro Nanni Loy e di ricordare la rettitudine, l’attaccamento alla libertà e il rispetto dei valori umani (anche di un nemico) che mi ha insegnato mio padre.
    Non ho voluto fare un “remake” del film di Nanni Loy “Le Quattro Giornate di Napoli”, ma quello di dare una diversa chiave di lettura a quelle che furono le pagine di nobile storia della ribellione di un popolo soggiogato dal più imponente esercito del mondo.
    E’ la storia di un condominio che vive i momenti tragici delle Quattro Giornate che si svolgono all’angolo del proprio fabbricato – Via Merliani, 19 al Vomero -.

    D – Quali linee operative pensi di tracciare nell’immediato futuro?
    R – Per la mancanza di finanziamenti il film “Bruciate Napoli” ha visto solamente un parziale sviluppo (anche se completo nella sua storia) all’interno di un appartamento (oltre a una sola scena di battaglia) e questa parte dura solamente 51’.
    In questi giorni sto lavorando al completamento del film con l’inserimento di scene originali di guerra acquistate da produttori di filmati girati da famosi operatori italiani, tedeschi e anglo-americani.
    Questo materiale mi farà trasformare il lavoro fin qui fatto in un docu-film.
    La cronistoria delle Quattro Giornate mi ha dato la possibilità di portare alla luce filmati che saranno unici nella storia della cinematografia: la fucilazione originale del famoso marinaio sullo scalone dell’Università di Napoli, girato dall’operatore Roberto Amoroso o raccontare attraverso testimonianze alcune stragi compiute dall’esercito tedesco ai danni del popolo napoletano e il successivo sadismo di organizzare sulla terrazza del Castel dell’Ovo un festino con una cantante-prigioniera.

    D – Pensi che sia difficile riuscire a penetrare nel mercato-tv?
    R – Il mercato della televisione in senso lato con l’avvento del digitale terrestre, nonostante l’ampliamento del numero dei canali, si è contratto per il suicidio della emittenza regionale e il monopolio creato da RAI, Mediaset, La Sette e da SKY.
    La difficoltà finale è data dai detentori del potere della gestione di questi canali che rincorrono i dati d’ascolto e per motivi personali ascoltano esclusivamente gli amici senza dare la possibilità di presentare progetti a nuove o vecchie leve di autori.

    D – I “social” possono appoggiare le tv?
    R – I “social”, certamente, in questo momento sono i maggiori divulgatori di notizie e io credo moltissimo nel futuro della tv a mezzo di Internet.
    Dovranno passare almeno altri dieci anni prima che tale mezzo abbia una diffusione capillare, poiché i maggiori consumatori di questo tipo di Tv sono i giovanissimi e questi devono crescere e quindi diventare fruitori e consumatori di programmi.

    D – Con chi ti farebbe piacere collaborare per mettere su una regia o un programma di ampio respiro?
    R – Un programma sia esso cinematografico che televisivo è il prodotto di un gruppo di intelligenze che con spirito di collaborazione si uniscono per un fine comune: trasmettere il proprio pensiero, senza troppi personalismi, alla massa.
    Quando questa premessa diventa realtà, certamente si può essere sicuri del successo.

    D – Perché il pubblico dovrebbe ricordarsi dei tuoi lavori registici?
    R – Ogni regista si illude che lascerà, dopo la sua morte, un ricordo nel tempo delle proprie opere. Per quanto riguarda il lavoro di un autore o di un regista è sempre più difficile arrivare alla memoria quasi eterna in questo periodo di consumismo spasmodico.
    Purtroppo, la memoria storica va sempre di più verso l’oblio per la mancanza di comunicazione anziani-giovani in modo da trasmettere i fatti del passato.
    Nella mia esperienza lavorativa attuale ho potuto constatare che già i ventenni o i trentenni ignorano il fenomeno unico del moto popolare del Quattro Giornate.
    Sono passati solamente 70 anni; e, quindi, quale speranza abbiamo di trasmettere le storie e le tradizioni?

    D – Pensi che sia giusto avvicinare i giovani e presentare la tv in ambito scolastico, accademico e universitario?
    R – E’ giustissimo, a mio parere, divulgare questo mezzo e i suoi contenuti ai giovani e, forse, siamo ancora in tempo a far capire che questo mezzo è, quasi, l’unico a poter divulgare l’arte in senso lato e spero che un gruppo di noi, con le proprie conoscenze possa arrivare a portare avanti questa progetto.
    Non facciamolo diventare una UTOPIA.

    D – Prossima regia o programma?
    R – Un film leggero con sfondo culturale. Sono convinto che l’unica possibilità di divulgare la cultura è quella di attirare i giovani su un campo di loro gradimento; attirarli sul leggero per, poi, propinare cultura.
    Il prossimo film di cui sarò autore avrà l’intento di far conoscere un sito archeologico, che ha una storia millenaria, ignorato dalle autorità e dai circuiti turistici.
    Il sito è l’antica città di Elea o Velia.

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