Capri chiusa è colpa del Comune

Capri chiusa tiene ancora banco sull’isola azzurra. I quattro bar della piazzetta tutti in pausa da oggi e sino ai primi giorni di marzo hanno aperto un dibattito che non si placa né si esaurisce con il passare del tempo. E così se l’amministrazione comunale con una lettera inviata ai sei bar tra salotto del mondo e strade confinanti aveva aperto la querelle, stigmatizzando la contemporanea chiusura di tutti i bar come fatto grave a breve arrivava la replica dell’associazione dei commercianti con il neopresidente che prendeva le difese degli associati e della categoria. A pioggia arrivava anche la posizione del gruppo di opposizione “Avanti Capri” che ricordava come in ottant’anni di “storia” della piazzetta non si sarebbe mai verificata la chiusura di tutti i bar in un colpo solo e l’intervento dell’Unione Consumatori che a tutela degli utenti criticava la serrata pur ricordando come il problema sia più complesso. E ora ancora commenti, interventi sul web, post e proposte, critiche e prese di posizione stanno scaldando l’inverno caprese, togliendo idealmente le persone dal consueto letargo. Ad onor del vero va anche detto che molti capresi stanno prendendo parte ai dibattiti in rete comodamente sdraiati su lettini posizionati in spiagge di località esotiche dove si trovano in vacanza. Ma come si risolve il problema della Capri chiusa? Il primo passo da fare secondo gli anziani, le memorie storiche dell’isola, quelli che hanno conosciuto una Capri che probabilmente non è più quella di un tempo, è tornare indietro, riavvolgere il nastro. Il segreto per rilanciare la terra di Tiberio prima di vederla definitivamente trasformata in una località turistica tout-court, un parco-divertimenti aperto per qualche mese all’anno per poi essere desolatamente negli altri periodi una terra tristemente deserta, è programmare diversamente turismo, servizi, economia ma anche stile e modo di vivere degli isolani. I bar chiusi, anche per gli scarsi incassi nel periodo freddo, sono il simbolo di una terra poco florida nel mese di febbraio, quando probabilmente nemmeno gli stessi capresi sono nella loro “patria”. E allora la ricetta passa sì attraverso la destagionalizzazione ma anche nel riprendere possesso della propria identità, del senso di appartenenza ad una comunità, nel vivere a proprio agio dodici mesi l’anno la terra natìa. Da parte di qualcuno, comunque, forse si arriverà alla provocazione di allestire tavolini in piazzetta e distribuire bicchierini di caffè in thermos preparato a casa. Una provocazione, appunto, che aldilà di scelte (legittime) di chi opera nel settore, vuole lasciare il segno su un “quadro” a tinte fosche che ha immortalato la Capri invernale del 2019.

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