Agerola: Appello per aiutare la piccola Anna

Palmina e Francesco, oggi 32enni, decidono di coronare il proprio amore nel 2015. Lei, laureata con lode in economia aziendale e impiegata nel reparto amministrativo di un’importante impresa locale, lui imprenditore edile, non immaginano che presto la vita riserverà loro una prova durissima. La gravidanza, la prima, quella più attesa, diventa una lotta per la sopravvivenza durante la quale mamma e figlia mostrano gli artigli per restare aggrappate alla vita. L’energia che la piccola Anna mostra già all’interno del grembo materno non lascia dubbi. Palmina sa che la bimba vuole vedere la luce e sceglie di rinunciare, rischiando per questo la sua stessa vita, alla possibilità di interrompere la gravidanza. E alle alternative che le vengono prospettate. Anna nasce il 4 maggio 2016. 520 grammi di amore puro. Le speranze che la bambina sopravviva sono ridotte al lumicino. Ma la creatura continua a lottare e resiste.

I minuti diventano prima ore e poi giorni, mesi ed anni. I primi sette mesi di vita li trascorre al Policlinico. Poi, a dicembre, il trasferimento al Santobono. Un mare di ostacoli non hanno fermato la sua voglia di vivere. «Il suo è un problema di natura polmonare» dice Palmina. Broncodisplasia severa, questa la diagnosi. «I polmoni non hanno acquisito la necessaria autonomia e per questo Anna è stata intubata per 11 mesi prima che le venisse praticata la tracheotomia. Per sopravvivere non può fare a meno della ventilazione in ossigenoterapia e dopo sacrifici e fatica oggi riesce a deglutire. Ma l’intubazione a lungo termine e la cannula tracheostomica le rendono particolarmente difficile l’operazione anche quando si tratta di ingoiare piccolissimi pezzettini di cibo». Per dedicarsi anima e corpo a questa battaglia, la giovane donna decide di rinunciare al lavoro e ad una carriera per la quale aveva lottato. Francesco assume il compito di sostenere la famiglia economicamente.

Palmina non può lasciare Anna nemmeno per un secondo. La piccola è troppo debole per godere delle stesse libertà concesse ai suoi coetanei soprattutto a causa delle temperature rigide dell’inverno agerolese, e delle virosi, sempre in agguato di questi tempi. Mamma e figlia, per sopravvivere, devono restare chiuse in casa. «Anche se in estate le cose non cambiano poi molto». L’assistenza domiciliare dunque, in casi come questo diventa un filo sottilissimo a cui legare insieme il sogno alla speranza. «Purtroppo Anna fino a questo momento non ha ricevuto un’assistenza continua. E non vorrei che abitare ad Agerola significhi avere un handicap ulteriore».

Tanti gli intoppi che hanno costretto la coppia a provvedere di tasca propria ad alcune prestazioni indispensabili, come la logopedia e la fisioterapia respiratoria e motoria. Ad oggi non le viene riconosciuta nemmeno la psicomotricità. «E adesso che, finalmente, abbiamo ricevuto l’ok da una struttura convenzionata devo constatare che le prestazioni ricevute non sono sufficienti a garantire l’esecuzione del piano terapeutico. Anna deve essere continuamente stimolata per provare a recuperare quanto più possibile dal punto di vista neurologico. Non posso dire che, nonostante i continui solleciti, nostra figlia abbia ricevuto l’assistenza di cui ha diritto. Niente di più. Solo quello che le spetta». I nati prematuri concentrano nei primi tre anni di vita la gran parte delle possibilità di recupero. Poi il processo rallenta. «Non c’è tempo da perdere».

Fonte Luigi Mannini – Metropolis

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