Vico Equense: La storia di don Salvatore Rossi, il cappellano dell’Ospedale

Riceviamo e pubblichiamo le parole di Patrice Lauzeral dedicate a Don Salvatore Rossi

 “LO SPIRITO SANTO SI È FERMATO IN OSPEDALE!”
Avreste mai pensato che un marittimo potesse cambiare rotta per approdare al porto della Speranza diventando Sacerdote ? Questa è la vicenda di don Salvatore Rossi, cappellano del nosocomio eaquano “de Luca e Rossano” da ben nove anni e già nel suo ventennio sacerdotale.
Classe ’54 e terzo di quattro figli, don Salvatore Rossi nasce a Meta di Sorrento in piena estate e, ancora piccolo, rimane orfano di padre, formato nel crogiuolo di una fede semplice e cristallina, da una madre operosa che nonostante la vedovanza trasmette ai propri figli l’amore per Dio e la famiglia. Si potrebbe dire una figura oggi “rivoluzionaria”, giacché in netta controtendenza con i criteri della dittatura modernista contemporanea, ma assolutamente normale per l’epoca. Dopo studi compiuti al “Nino Bixio” di Piano, Salvatore diventa marittimo, macchinista per la precisione, sino ai primi anni ’90. E poi, la svolta. Sicuramente l’aver accompagnato sua madre sino agli ultimi istanti terreni, ha scosso il suo animo e palesato una chiamata sempre più insistente al sacerdozio. Detto fatto, dopo cinque anni di seminario, nell’ottobre 1998 don Salvatore viene ordinato e, nel decennio successivo, presta servizio tra le parrocchie di Gragnano, Massalubrense e Sant’Agata, rifiutando la nomina a Parroco. Così, viene promosso cappellano ospedaliero a Vico Equense nel 2009 dall’allora Vescovo Monsignor Cece che lui considera sempre il suo padre spirituale.
Descriverne lo stile pastorale equivale a parafrasare Papa Francesco quando dice che un pastore deve avere “l’odore delle pecore sulle spalle”, veicolando l’immagine di una “chiesa in uscita”, anzi promuovendo la consistenza della tradizione rivestita di sana misericordia, cioè una concezione totalmente evangelica. Lo sanno bene dipendenti, medici e degenti in ospedale dove il rituale mattutino “d’o caffè”, prelude a momenti di cordialità fatta di battute scherzose, sguardi intensi di rispetto verso il sofferente ed incontri “del terzo tipo” dove la razionalità confuta l’evidenza evangelica, per cui la corsia diventa terra di missione. Persino l’incontro coi familiari delle anime in attesa di benedizioni esequiali, rappresenta una sfaccettatura delicata del suo ministero particolare quale quello di cappellano. Ma Egli umilmente afferma sovente “voi siete la mia famiglia!”.
I frutti di cotanto confronto in questa terra di confine a 360° ? Un rapporto prossimo con tutti ed un rispetto garantito, non scevro di tensioni, specialmente nel conforto morale da dare a chiunque. Così, nell’ottobre 2017, mentre trascorreva una settimana di esercizi spirituali in Abbruzzo, addetti ospedalieri alla manutenzione (persino qualcuno piuttosto distante dalla Chiesa) hanno prontamente restaurato la cappellina dandole l’aspetto, meno informale, d’un tempio antico con tanto di colonne in stucco e colori affini sul ocre : una piccola gratificazione, scaturita  da una profonda e schietta amicizia, chiamata “Amore”. Un super-eroe della fede, quindi ? Niente affatto, un semplice pastore che non si prende troppo sul serio, conscio dei propri limiti, pronto a chiedere scusa, a perdonare, ma autentico nel manifestare la forza vincente della parola… al punto di scaldarsi fino allo strillare per denunciare la tiepidezza di troppi e la chiusura dei cuori alla misericordia di Dio.
Un suo pensiero particolare ? “Ē la Grazia che deve agire!”. Tradotto, non siamo noi gli autori della nostra Vita, ma la riceviamo come un Dono prezioso che va perfezionandosi dall’incontro con Cristo e affronta la sofferenza fisica e morale come un riscatto e non come una condanna. Perciò dice spesso celebrando “Oi ‘cca!”, Gesù sta qua e viene per darci la gioia del suo amore redentivo. Spetta a noi poi accoglierlo.
Veramente, che conforto sapere che lo Spirito Santo si è fermato in Ospedale !

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