Rigettata la richiesta per risarcimento danni della Gori contro il giornalista Vincenzo Iurillo ed il Fatto Quotidiano.

La sentenza che assolve il noto giornalista sorrentino, il direttore responsabile Peter Gomez e l’editoriale il Fatto, circa un servizio sul depuratore di Torca, chiarisce con puntualità i confini entro i quali può essere esercitato il diritto di cronaca e il diritto di critica da parte della stampa. In merito all’esposizione in forme continenti, da parte del giornalista, la Cassazione ha chiarito che il linguaggio adoperato può essere anche aspro, polemico, figurato e tradursi in espressioni astrattamente offensive e soggettivamente sgradite purché  si mantenga  la  proporzione tra l’importanza del fatto e i toni con cui la critica si esprime.

Napoli – Secondo quanto riportato dal portale Iustitia, il Giudice della  sesta sezione civile del Tribunale di Napoli,  Mauro Impresa ha rigettato la richiesta di risarcimento danni contro il giornalista  Vincenzo Iurillo, il direttore responsabile Peter Gomez e l’Editoriale  il Fatto. Presentata dalla Gori Spa per un articolo sul depuratore di Torca (Massalubrense) dal titolo “Sorrento, prescrizione in appello per gli sversamenti del parco marino” pubblicato sulle pagine del fatto Quotidiano on line  il 27 dicembre  del 2014. L’articolo incriminato, a firma del noto giornalista sorrentino, si occupa dell’esito del processo penale relativo agli sversamenti nel parco marino di Punta campanella a causa del cattivo funzionamento del depuratore di Torca. Dove la Gori viene definita “un carrozzone pubblico-privato (partecipato al 40% da Acea e per il restante da 76 comuni della provincia napoletana e salernitana raggruppati in Ato) dove comanda la politica che si spartisce incarichi e prebende”. Un passaggio ritenuto diffamatorio dai dirigenti della Gori. In merito al quale le undici pagine della Sentenza, secondo il noto portale, sono per certi versi esemplari perché chiariscono con puntualità i confini all’interno dei quali può essere esercitato   il diritto di cronaca e il diritto di critica. Il Magistrato cita le tre condizioni a cui deve attenersi il giornalista: l’utilità sociale alla diffusione della notizia; la verità, anche soltanto putativa, dei fatti divulgati; l’esposizione in forme continenti. In merito a quest’ultimo requisito aggiunge che “la Cassazione ha chiarito che il linguaggio adoperato può essere anche aspro, polemico, figurato e tradursi in espressioni astrattamente offensive e soggettivamente sgradite purché si mantenga la proporzione tra l’importanza del fatto e i toni con cui la critica si esprime”. Mentre sono  certamente veri la connotazione pubblica e la rotazione di esponenti politici al vertice della società, peraltro anche coinvolti nella grave vicenda giudiziaria  degli scarichi a mare che certifica  il rilievo pubblico della notizia  e quindi il rispetto della “pertinenza”. Nell’esaminare la “continenza” di due passaggi: la definizione della Gori come “carrozzone politico-privato” e il riferimento alla “spartizione di incarichi e prebende tra politici”.” Non c’è dubbio”- prosegue la Sentenza – che l’espressione carrozzone reca con se una connotazione negativa. Tuttavia , come la Cassazione ha più volte ribadito, il carattere  diffamatorio di un articolo non va valutato solo sulla base di una lettura atomistica delle singole espressioni ma con riferimento all’intero contesto della comunicazione. Ebbene , nel caso in esame, si può affermare  che il carattere intrinsicamente   denigratorio dell’espressione “ carrozzone”, inserita  nell’incipt di un periodo  di sette righe , risulta modestamente dimensionato se si tiene  conto  che è inserito  in un articolo di tre pagine  che non si riferisce alla “mala gestio”, puntando piuttosto sulla vicenda giudiziaria. Secondo il Giudice il carattere astrattamente offensivo dell’espressione “carrozzone” è molto attenuato dall’uso diffuso della parola nel gergo delle principali testate giornalistiche. “ Nel vagliare la legittimità dell’impiego della parola non può prescindersi dal ricordare le inefficienze per pratiche commerciali scorrette”.  L’espressione “prebenda”, -secondo il Giudice – che evoca un compenso conseguito con poca fatica  grazie a incarichi straordinari, attività clientelari et similia. Tale allusione  allo scambio di favori  in seno alla Gori  trova però  conforto  in due dati oggettivamente  inconfutabili. Da un lato l’esistenza  di un’inchiesta avviata dalla procura di Torre Annunziata, denominata “Acqua pulita”. avente ad oggetto appalti , consulenze e assunzioni pilotate  in seno alla Gori,cui peraltro i media  hanno dato una particolare risonanza. Dall’altro già nel 2012 era stato pubblicato il resoconto di una seduta del consiglio regionale  allo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata  aventi ad oggetto le assunzioni poco trasparenti, gli appalti e le consulenze sospette in seno alla Gori”. Un terzo elemento viene infine citato. Ossia le indagini dell’Ufficio Gip di Napoli che segnalava interventi per orientare” il regolare svolgimento della gara di appalto pubblicata dalla Gori per garantire l’aggiudicazione dell’appalto  a ditte riconducibili al clan Zagaria. Conclusione: “alla luce delle considerazioni che precedono la domanda dell’attore (Gori) non può essere accolta”. Nel rigettare la richiesta di risarcimento danni la società  viene condannata anche a pagare le spese di giudizio. – 20 ottobre 2018 – Fonte Iustitia

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